martedì 21 settembre 2010

Il Papa nel Regno Unito. 36 studenti da Bologna a Hyde Park: ci ha chiamati in prima persona ricordandoci che o­gnuno ha una mis­sione

"Curiosità, un filo di scetticismo, una buona dose di fatica. E poi un travolgente entusia­smo per quel Papa anziano ma instancabi­le che ci ha indicato il compito della vita". Ecco, in poche parole, i sentimenti di tren­tasei studenti bolognesi del Liceo Malpighi che sabato scorso erano a Londra, alla Ve­glia di Hyde Park per la Beatificazione di John Henry Newman. È il "prof" d’inglese Andrea Marzocchi a spiegare perché la scuola ha proposto ai ragazzi di partecipare all’even­to: "Ogni anno il Liceo Malpighi organizza due settimane di lavoro in Gran Bretagna. La beatificazione del card. Newman coincideva con la nostra presenza a Londra e allora abbiamo deciso di dare ai ragazzi la possibilità di diventare testimoni di un av­venimento storico visto che l’ultima visita di Stato di un Papa risale a cinquecento anni fa". "Per prepararci – spiega ancora – noi in­segnanti, nei giorni precedenti, abbiamo letto i giornali inglesi e ne abbiamo discus­so con i ragazzi. Non ci siamo fermati al cli­ma di polemica e alla fine siamo andati tut­ti – anche gli studenti non cristiani – ansio­si di capire perché Benedetto XVI aveva in­trapreso un viaggio sulla carta così difficile, e curiosi di ascoltare quello che avrebbe det­to agli inglesi". I risultati di questa sfida didattica sono sor­prendenti. Racconta Giacomo Degidi: "Tante ore in piedi ad aspettare. Ripagate da un’atmosfera incredibile. Contrasse­gnata dai lunghissimi canti inglesi e da u­na marea di gente di tutte le razze che, con­tro ogni previsione, si era radunata per il Pa­pa". Giacomo confida un aspetto di quel pomeriggio che lo ha colpito sul piano per­sonale. "Quando ci ha invitato a non ave­re paura di donare tutta la nostra vita a Cri­sto. Quest’anno avrò l’esame di maturità e la domanda su cosa farò dopo un po’ mi spaventa. Le parole del Papa mi hanno confortato". Anche i compagni di classe più scettici, conclude Giacomo "si sono do­vuti arrendere al miracolo che stava acca­dendo. In inglese non sono un fenomeno e uno dei miei amici mi traduceva il di­scorso di Benedetto XVI. Con mia grande sorpresa ho visto che non si limitava alla traduzione. Ma sembrava lui per primo stu­pito e interessato". "Mi ha impressionato il fatto che, nono­stante l’ostilità della vigilia, in Hyde Park ci fosse tanta gente – incalza Michele Masi –. Ma anche il Pontefice che per mezz’ora ha girato tra la folla con la papamobile salu­tando e benedicendo con una forza e una tenacia incredibili. A Londra ci sono varie et­nie. Nel grande parco illuminato dal sole e­rano tutte rappresentate. Vicino a noi, per esempio, c’erano alcuni indiani. Ma anche tante famiglie con bambini piccoli che so­no rimaste fino alla fine". Poi ricorda quel­la telecamera che mostrava quello che nes­sun giornale britannico poteva immagina­re: "La folla plaudente che rincorreva il Pa­pa per salutarlo". Cosa si porta a casa da un’esperienza così? Michele non ha dubbi: "Le paro­le di Benedetto XVI dedicate giovani. In un momento di cri­si come l’attuale si è rivolto a noi non per criticarci o con discorsi politici. Ma ricordandoci che o­gnuno ha una mis­sione. Ci ha elenca­to le necessità della Chiesa e ha chiesto il nostro aiuto. Ci ha chiamati in prima persona. E questo, ci scommetto, non ha convinto solo me ma anche i miei coetanei inglesi".

Stefano Andrini, Avvenire