sabato 23 ottobre 2010

Il Messaggio al popolo di Dio a conclusione dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi

Nella quattordicesima Congregazione Generale di ieri pomeriggio, i Padri sinodali hanno approvato il Nuntius, il Messaggio al Popolo di Dio a conclusione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, pubblicato questa mattina. Nel testo, si afferma che i cittadini dei Paesi del Medio Oriente "interpellano la comunità internazionale, in particolare l'Onu, perché essa lavori sinceramente ad una soluzione di pace giusta e definitiva nella regione, e questo attraverso l'applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e attraverso l'adozione delle misure giuridiche necessarie per mettere fine all'Occupazione dei differenti territori arabi". "Il popolo palestinese potrà così avere una patria indipendente e sovrana e vivervi nella dignità e nella stabilità. Lo Stato d'Israele potrà godere della pace e della sicurezza all'interno delle frontiere internazionalmente riconosciute. La Città Santa di Gerusalemme potrà trovare lo statuto giusto che rispetterà il suo carattere particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni ebraica, cristiana e musulmana. Noi speriamo che la soluzione dei due Stati diventi realtà e non resti un semplice sogno". I vescovi "hanno espresso la loro solidarietà con il popolo e che Chiese in Iraq e hanno espresso il voto che gli emigrati, forzati a lasciare i loro paesi, possano trovare i soccorsi necessari là dove arrivano, affinché possano tornare nei loro paesi e vivervi in sicurezza". "Abbiamo fatto memoria dei cristiani assassinati in Iraq, delle sofferenze permanenti della Chiesa in Iraq, dei suoi figli espulsi e dispersi per il mondo, portando noi insieme con loro le preoccupazioni della loro terra e della loro patria", scrivono i Padri sinodali. Auspicando l'applicazione delle risoluzioni Onu, il Sinodo si dice fiducioso che "l'Iraq potrà mettere fine alle conseguenze della guerra assassina e ristabilire la sicurezza che proteggerà tutti i suoi cittadini con tutte le loro componenti sociali, religiose e nazionali". Inoltre, "il Libano potrà godere della sua sovranità su tutto il territorio, fortificare l'unità nazionale e continuare la vocazione a essere il modello della convivenza tra cristiani e musulmani, attraverso il dialogo delle culture e delle religioni e la promozione delle libertà pubbliche". "Noi condanniamo la violenza e il terrorismo, di qualunque origine, e qualsiasi estremismo religioso. Condanniamo ogni forma di razzismo, l'antisemitismo, l'anticristianesimo e l'islamofobia e chiamiamo le religioni ad assumere le loro responsabilità nella promozione del dialogo delle culture e delle civiltà nella nostra regione e nel mondo intero". Appello poi "ai governi e ai responsabili pubblici" della regione, affinché si impegnino a fermare la "emorragia" di cristiani che emigrano dall'area geografica in cui nacque Cristo. "Vi chiediamo di raddoppiare gli sforzi che dispiegate per stabilire una pace giusta e duratura in tutta la regione e per arrestare la corsa agli armamenti", scrivono i Padri sinodali. "E' questo che condurrà alla sicurezza e alla prosperità economica, arresterà l'emorragia dell'emigrazione che svuota i nostri paesi delle loro forze vive. La pace è un dono prezioso che Dio ha affidato agli uomini e sono gli 'operatori di pace che saranno chiamati figli di Dio'". "L'emigrazione - scrivono peraltro i vescovi del Sinodo - è divenuta un fenomeno generale. Il cristiano, il musulmano e l'ebreo emigrano e per le stesse cause derivate dall'instabilità politica ed economica. Il cristiano, inoltre, comincia a sentire nell'insicurezza, benché a diversi gradi, nei paesi del Medio Oriente. I cristiani abbiano fiducia nell'avvenire e continuino a vivere nei loro cari paesi". "Il Concilio Vaticano II ha pubblicato il documento "Nostra aetate", riguardante il dialogo con le religioni, con l'ebraismo, l'islam e le altre religioni. Altri documenti hanno precisato e sviluppato in seguito le relazioni con l'ebraismo. C'è inoltre un dialogo continuo tra la Chiesa e i rappresentanti dell'ebraismo. Noi speriamo che questo dialogo possa condurci ad agire presso i responsabili per mettere fine al conflitto politico che non cessa di separarci e di perturbare la vita dei nostri paesi", scrivono i Padri sinodali. "Non è permesso di ricorrere a posizioni teologiche bibliche per farne uno strumento a giustificazione delle ingiustizie. Al contrario, il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell'altro e a trattarlo secondo gli attributi di Dio e i suoi comandamenti, vale a dire secondo la bontà di Dio, la sua giustizia, la sua misericordia e il suo amore per noi". I vescovi rivolgono poi un invito ai propri "concittadini musulmani": "Siamo fratelli e Dio ci vuole insieme, uniti nella fede in Dio e nel duplice comandamento dell'amore di Dio e del prossimo. Insieme noi costruiremo le nostre società civili sulla cittadinanza, sulla libertà religiosa e sulla libertà di coscienza. Insieme noi lavoreremo per promuovere la giustizia, la pace, i diritti dell'uomo, i valori della vita e della famiglia. La nostra responsabilità è comune nella costruzione delle nostre patrie". "Noi vogliamo offrire all'Oriente e all'Occidente un modello di convivenza tra le differenti religioni e di collaborazione positiva tra diverse civiltà, per il bene delle nostre patrie e quello di tutta l'umanità", affermano i Padri sinodali. "E' capitato nel passato, come capita ancor'oggi, qualche squilibrio nei nostri rapporti. Attraverso il dialogo noi dobbiamo eliminare ogni squilibrio o malinteso. Il Papa Benedetto XVI ci dice che il nostro dialogo non può essere una realtà passeggera. È piuttosto una necessità vitale da cui dipende il nostro avvenire. È nostro dovere, dunque, educare i credenti al dialogo inter-religioso, all'accettazione del pluralismo, al rispetto e alla stima reciproca". "Esprimiamo la nostra stima per quanto voi siete nei diversi stati di vita", scrivono i vescovi mediorientali rivolgendosi direttamente alle donne: "Come ragazze, educatrici, madri, consacrate e operatrici nella vita pubblica. Vi elogiamo perché proteggete la vita umana fin dall'inizio, offrendole cura e affetto. Dio vi ha donato una sensibilità particolare per tutto ciò che riguarda l'educazione, il lavoro umanitario e la vita apostolica. Rendiamo grazie a Dio per le vostre attività e auspichiamo che voi esercitiate una più grande responsabilità nella vita pubblica".