domenica 21 novembre 2010

'Luce del mondo'. Anticipazioni (5). Il Papa testimone di Cristo crocifisso, i tratti del Pontificato, il tempo privato, la fede e la preghiera

Durante un simposio svoltosi nel 1977 in occasione dell’ottantesimo compleanno di Paolo VI, Lei tenne una relazione su cosa e come dovrebbe essere un Papa. Citando il cardinale inglese Reginald Pole, disse che un Papa dovrebbe "considerarsi e comportarsi come il più piccolo degli uomini"; che dovrebbe ammettere "di non conoscere altro se non quell’unica cosa che gli è stata insegnata da Dio Padre attraverso Cristo». Vicarius Christi, diceva, significa rendere presente il potere di Cristo come contrafforte al potere del mondo. E questo non sotto forma di qualsivoglia dominio, ma piuttosto portando questo peso sovraumano sulle proprie spalle umane. In questo senso, il luogo autentico del Vicarius Christi è la Croce.
Sì, anche oggi ritengo che questo sia vero. Il primato si è sviluppato fin dall’inizio come primato del martirio. Nei primi tre secoli, Roma è stata fulcro e capitale delle persecuzioni dei cristiani. Tenere testa a queste persecuzioni e rendere testimonianza a Cristo fu il compito particolare della sede episcopale di Roma. Possiamo considerare provvidenziale il fatto che, nel momento stesso in cui il Cristianesimo si riappacificò con lo Stato, l’impero si trasferisse a Costantinopoli, sul Bosforo. Roma, per così dire, era divenuta provincia. Così fu più facile per il Vescovo di Roma evidenziare l’indipendenza della Chiesa, la sua distinzione dallo Stato. Non è necessario cercare sempre lo scontro, è chiaro, quanto piuttosto mirare al consenso, all’accordo. Ma sempre la Chiesa, il cristiano, e soprattutto il Papa deve essere cosciente del fatto che la testimonianza che deve rendere possa divenire scandalo, che non venga accettata e che quindi egli si trovi costretto nella condizione del testimone, di Cristo sofferente. Il fatto che i primi Papi siano stati tutti martiri, ha il suo significato. Essere Papa non significa porsi come un sovrano colmo di gloria, quanto piuttosto rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso, ed essere disposto ad esercitare il proprio ministero anche in questa forma, in unione a Lui.
Però ci sono stati anche Papi che hanno detto: il Signore ci ha dato questo ministero, ora vogliamo godercelo.
Sì, anche questo fa parte del mistero della Storia dei Papi.
La disponibilità cristiana ad essere segno di contraddizione è il filo conduttore della sua biografia. Ha inizio nella sua casa paterna, dove l’opposizione ad un sistema ateistico fu intesa come segno di un’esistenza cristiana. In seminario è al suo fianco un rettore che era stato internato nel campo di concentramento di Dachau. Poi inizia il suo ministero sacerdotale in una comunità parrocchiale in cui i suoi due predecessori erano stati condannati a morte dai nazisti in quanto oppositori del regime. Durante il Concilio, lei non approva le direttive troppo rigide della Chiesa. Da vescovo, mette in guardia dai pericoli della società del benessere. Da cardinale, si oppone alla trasformazione del nucleo cristiano ad opera di correnti estranee alla fede. Questi tratti di fondo influiscono anche sulla impostazione del Suo Pontificato?
Una lunga esperienza forma anche il carattere, forgia il pensiero e l’azione. Ovviamente, non sono stato sempre “contro” per principio. Ci sono state anche molte belle circostanze di condivisione. Pensando all’epoca in cui ero cappellano, già nelle famiglie si percepiva la nascita del mondo secolarizzato, eppure c’era talmente tanta gioia nel vivere la fede comune – a scuola, con i bambini, con i giovani – che io da quella gioia mi sentivo letteralmente trasportato. E così è stato anche quando ero professore.Tutta la mia vita è sempre stata attraversata da un filo conduttore, questo: il Cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti. In definitiva un’esistenza vissuta sempre e soltanto “contro” sarebbe insopportabile. Ma allo stesso tempo ho sempre avuto presente, anche se in misura diversa, che il Vangelo si trova in opposizione a costellazioni potenti. Nella mia infanzia e nella mia adolescenza, fino alla fine della guerra, ovviamente questo è stato evidente in modo particolare. A partire dal 1968, la fede cristiana è entrata in contrasto con un nuovo progetto di società e ha dovuto fronteggiare idee ostentate con prepotenza. Sopportare attacchi ed opporre resistenza quindi fa parte del gioco; è una resistenza, però, tesa a mettere in luce ciò che vi è di positivo.
Stando all’Annuario Pontificio, nel solo 2009 Lei ha eretto nove nuove diocesi, una prefettura apostolica, due sedi metropolitane e tre vicariati apostolici. Il numero dei cattolici è quindi aumentato ulteriormente di diciassette milioni di unità, quanto gli abitanti della Grecia e della Svizzera messi insieme. Nelle quasi tremila diocesi, ha nominato 169 nuovi vescovi. Poi ci sono le udienze, le omelie, i viaggi, e le tante decisioni da prendere. Ma nonostante tutto questo Lei ha anche scritto una grande opera su Gesù, il cui secondo volume sarà pubblicato a breve. Lei oggi ha 83 anni: da dove prende tutta questa forza?

Innanzitutto devo dire che tutto quello che Lei ha elencato è segno di quanto sia viva la Chiesa. Osservandola soltanto dal punto di vista dell’Europa, sembrerebbe in declino. Ma è solo una parte dell’insieme. In altri luoghi della terra, la Chiesa cresce ed è viva, è molto dinamica. Negli ultimi anni, il numero dei nuovi sacerdoti è aumentato in tutto il mondo, e anche il numero dei seminaristi. Nel continente europeo, sperimentiamo soltanto un determinato aspetto e non anche la grande dinamica del risveglio che in altre parti esiste veramente e che incontro continuamente nei miei viaggi e tramite le visite ad limina dei vescovi. È vero che in realtà questo è uno sforzo quasi eccessivo per un uomo di 83 anni. Ringraziando Iddio, ci sono tanti bravi collaboratori. Tutto viene ideato e realizzato in uno sforzo comune. Confido nel fatto che il buon Dio mi dà la forza di cui ho bisogno per fare quello che è necessario. Però mi accorgo che le forze vanno diminuendo.
In ogni caso si ha l’impressione che possa darci ancora qualche lezione di fitness.
(Il Papa ride) Non credo. Naturalmente bisogna disporre in modo saggio del proprio tempo. E stare attenti a riservarsene a sufficienza per il riposo. Affinché poi, nei momenti in cui si è necessari, si possa essere veramente ben presenti. In poche parole: rispettare con disciplina i ritmi della giornata e sapere quali sono i momenti per i quali è necessario risparmiare le energie.
Usa la cyclette che Le aveva prescritto il suo precedente medico personale, il dr. Buzzonetti?
No, non ne ho proprio il tempo, e ringraziando Iddio, in questo momento nemmeno mi serve!
Quindi, il Papa è come Churchill: no sports!
Esatto!
Dalla Seconda Loggia del Palazzo Apostolico, dove si svolgono le udienze, Lei normalmente si ritira intorno alle 18, per proseguire ancora con le così dette “udienze di tabella”, quelle con i suoi più importanti collaboratori. Dalle 20.45 in poi il Papa è “in privato”. Cosa fa un Papa nel tempo libero, ammesso che ne abbia?
Cosa fa? Intanto, anche nel tempo libero deve esaminare documenti e leggere atti. Rimane sempre tanto lavoro da fare. Poi con la famiglia pontificia – quattro donne della comunità dei Memores Domini e i due segretari – ci sono i pasti in comune, e questo è un momento di distensione.
Guardate insieme la televisione?
Guardo il notiziario insieme ai miei segretari, e qualche volta anche un dvd.
Quali film le piacciono?
C’è un film molto bello su Santa Giuseppina Bakhita, una donna africana, che abbiamo visto recentemente. Poi ci piace Don Camillo e Peppone…
Immagino che conosca a memoria ogni episodio.
(Il Papa ride) Non tutti.
Dunque esiste anche un Papa “privato”...
Certo. Insieme alla famiglia pontificia festeggiamo il Natale, nei giorni festivi ascoltiamo musica e conversiamo. Festeggiamo gli onomastici e a volte recitiamo insieme i vespri. Insomma, le feste le passiamo insieme. E poi, insieme ai pasti, in comune c’è soprattutto la Santa Messa del mattino. È un momento particolarmente importante nel quale a partire dal Signore siamo insieme in modo molto intenso. [...]
La sua fede è cambiata da quando, come Supremo Pastore, Le è affidato il gregge di Cristo? A volte si ha l’impressione che la Sua fede in qualche modo sia diventata più misteriosa, più mistica.
Non sono un mistico. Ma è sicuramente vero che, da Papa, ci sono molte ragioni in più per pregare e per affidarsi completamente a Dio. Infatti mi rendo conto che quasi tutto quello che devo fare non potrei farlo da solo. E già solo per questo sono costretto a mettermi nelle mani del Signore e a dirgli: “Fallo tu, se lo vuoi!” In questo senso la preghiera ed il contatto con Dio ora sono ancora più necessari, ma anche più naturali e spontanei di prima. [...]
E Papa Benedetto, come prega?
Per quel che riguarda il Papa, anche lui è un povero mendicante davanti a Dio, ancora più degli altri uomini. Naturalmente prego innanzitutto sempre il Signore, al quale sono legato, per così dire, da antica amicizia. Ma invoco anche i Santi. Sono molto amico di Agostino, di Bonaventura e di Tommaso d’Aquino. A loro quindi dico: “Aiutatemi”! La Madre di Dio, poi, è sempre e comunque un grande punto di riferimento. In questo senso, mi inserisco nella Comunione dei Santi. Insieme a loro, rafforzato da loro, parlo poi anche con il Dio buono, soprattutto mendicando, ma anche ringraziando; o contento, semplicemente.

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