giovedì 23 dicembre 2010

Il Magistero di Benedetto XVI sul Natale: Dio si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia

Ritrovare la “disposizione del cuore” che permette di vivere l’essenza del Natale: l’“incontro con Colui che viene ad abitare in mezzo a noi: Cristo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo”. Con queste parole, Benedetto XVI ha spiegato all’Udienza generale di ieri l’atteggiamento con il quale i cristiani devono predisporsi al Natale. Un tema, quello dell’incontro dell’uomo con il Dio-Bambino, che il Papa ha più volte toccato nelle sue riflessioni sulla Natività. Ad ogni Natale è la stessa storia, ma non la storia che cominciò una notte di due millenni fa a Betlemme. Ad ogni Natale, ciò che normalmente nasce è la voglia di chiudere un anno il più possibile senza pensieri e in questo il brand commerciale del Natale, tra regali, vacanze e bisbocce mediaticamente messi sul mercato, si offre come un paese dei balocchi sempre luccicante e, francamente, sempre uguale a se stesso. Il Natale di duemila anni fa non aveva alcun marchio autocelebrativo, se si eccettua una bella stella alta nel cielo. E furono davvero in pochi a intuire di trovarsi sulla faglia di un nuovo mondo, dove cielo e terra si erano appena toccati. Ma un fatto, semplice e chiaro, raccontato dai Vangeli, dimostra cosa accadde davvero in quella che Benedetto XVI ha definito “la notte del mondo”: avvenne un incontro. Un incontro tra un neonato e un gruppo di pastori, un umile campione della razza umana, dove il Dio bambino fece conoscenza con coloro per cui era venuto e dove per la prima volta gli uomini contemplarono senza saperlo chi li avrebbe salvati. Per “fare” davvero Natale, allora, non c’è alternativa: bisogna recarsi a quell’appuntamento, tacitando il chiasso e lo stress festaiolo per una Nascita che non è un marchio ma un mistero, il quale, privo di réclame, rischierebbe di passare inosservato.
“Dio si mostra a noi umile ‘infante’ per vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia; si è liberamente incarnato per rendere noi veramente liberi, liberi di amarlo” (Udienza generale, 17 dicembre 2008).
C’è tuttavia chi rifiuta la libertà di amare quel Bambino: per calcolato disprezzo o sovrana indifferenza e ogni altro sentimento che può esservi in mezzo. E ciò, nonostante l’attrattiva per quell’incontro sia tutt’altro che estirpata dai cuori: "In qualche modo l’umanità attende Dio, la sua vicinanza. Ma quando arriva il momento, non ha posto per Lui. È tanto occupata con se stessa, ha bisogno di tutto lo spazio e di tutto il tempo in modo così esigente per le proprie cose, che non rimane nulla per l’altro – per il prossimo, per il povero, per Dio” (24 dicembre 2007: Santa Messa della Notte di Natale).
Ma Dio, ha affermato Benedetto XVI, “non si lascia chiudere fuori” da questo incontro. “Il mistero di Betlemme – ha osservato qualche anno fa di questi tempi – ci rivela il Dio-con-noi, il Dio a noi prossimo, non semplicemente in senso spaziale e temporale; Egli ci è vicino perché ha 'sposato', per così dire, la nostra umanità”.
“La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida” (Angelus, 16 dicembre 2007).
I cristiani, che più di altri dovrebbero essere in grado di lasciare il rumore del paese dei balocchi per il silenzio della grotta di Betlemme, sono convocati, anno dopo anno, a rinnovare l'incontro avendo, ha ripetuto ieri il Papa, la “giusta disposizione del cuore”.
“A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo. Impariamo da Maria e Giuseppe: mettiamoci con fede al servizio del disegno di Dio. Anche se non lo comprendiamo pienamente, affidiamoci alla sua sapienza e bontà. Cerchiamo prima di tutto il Regno di Dio, e la Provvidenza ci aiuterà. Buon Natale a tutti!" (Angelus, 20 dicembre 2009).

Radio Vaticana