“Dio si mostra a noi umile ‘infante’ per vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia; si è liberamente incarnato per rendere noi veramente liberi, liberi di amarlo” (Udienza generale, 17 dicembre 2008).
C’è tuttavia chi rifiuta la libertà di amare quel Bambino: per calcolato disprezzo o sovrana indifferenza e ogni altro sentimento che può esservi in mezzo. E ciò, nonostante l’attrattiva per quell’incontro sia tutt’altro che estirpata dai cuori: "In qualche modo l’umanità attende Dio, la sua vicinanza. Ma quando arriva il momento, non ha posto per Lui. È tanto occupata con se stessa, ha bisogno di tutto lo spazio e di tutto il tempo in modo così esigente per le proprie cose, che non rimane nulla per l’altro – per il prossimo, per il povero, per Dio” (24 dicembre 2007: Santa Messa della Notte di Natale).
Ma Dio, ha affermato Benedetto XVI, “non si lascia chiudere fuori” da questo incontro. “Il mistero di Betlemme – ha osservato qualche anno fa di questi tempi – ci rivela il Dio-con-noi, il Dio a noi prossimo, non semplicemente in senso spaziale e temporale; Egli ci è vicino perché ha 'sposato', per così dire, la nostra umanità”.
“La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida” (Angelus, 16 dicembre 2007).
I cristiani, che più di altri dovrebbero essere in grado di lasciare il rumore del paese dei balocchi per il silenzio della grotta di Betlemme, sono convocati, anno dopo anno, a rinnovare l'incontro avendo, ha ripetuto ieri il Papa, la “giusta disposizione del cuore”.
“A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo. Impariamo da Maria e Giuseppe: mettiamoci con fede al servizio del disegno di Dio. Anche se non lo comprendiamo pienamente, affidiamoci alla sua sapienza e bontà. Cerchiamo prima di tutto il Regno di Dio, e la Provvidenza ci aiuterà. Buon Natale a tutti!" (Angelus, 20 dicembre 2009).
Radio Vaticana