giovedì 28 aprile 2011

Benedetto XVI alla tv polacca: così Giovanni Paolo II mi donò la sua amicizia. I documenti un tesoro ricchissimo. Sento che dal Signore è vicino a me

"Personalmente ho conosciuto Karol Wojtyla soltanto nei due pre-conclave e conclave del '78", racconta Benedetto XVI. "Dall'inizio ho sentito una grande simpatia e, grazie a Dio, immeritatamente, il cardinale di quel tempo mi ha donato fin dall'inizio la sua amicizia. Sono grato per questa fiducia che mi ha donato, senza miei meriti. Soprattutto vedendolo pregare, ho visto e non solo capito, ho visto che era un uomo di Dio. Questa era l'impressione fondamentale: un uomo che vive con Dio, anzi in Dio". È un documento straordinario, quello che Radio Vaticana e il Centro Televisivo Vaticano manderanno in onda nel fine settimana. Benedetto XVI, che domenica in San Pietro proclamerà Beato il suo predecessore, l'aveva concessa alla tv polacca sei mesi dopo l'elezione, il 16 ottobre 2005, e parla della nascita di "un'amicizia che veniva proprio dal cuore", dice: "Sento che dal Signore è vicino a me in quanto io sono vicino al Signore, lui ora mi aiuta ad essere vicino al Signore e io cerco di entrare nella sua atmosfera di preghiera, di amore del Signore, di amore della Madonna. E mi affido alle sue preghiere". Parole che sembrano già dare il senso della Beatificazione (come quando ai funerali l'allora card. Ratzinger disse: "Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice") e la Santa Sede rilancia, attraverso i suoi media, a sottolineare il legame profondo tra i due Pontefici. Benedetto XVI parla delle 14 Encicliche, dei tanti scritti di Wojtyla e spiega: "Io considero proprio una mia missione essenziale e personale di non emanare tanti nuovi documenti, ma di fare in modo che questi documenti siano assimilati, perché sono un tesoro ricchissimo, sono l'autentica interpretazione del Vaticano II". Proprio quell'evento è il filo che li lega: "Sappiamo che il Papa era l'uomo del Concilio, che aveva assimilato interiormente lo spirito e la lettera del Concilio e con questi testi ci fa capire veramente cosa voleva e cosa non voleva il Concilio. Ci aiuta ad essere veramente Chiesa del nostro tempo e del tempo futuro". L'amicizia e la stima nei conclavi del '78, Wojtyla che tre anni più tardi chiama l'allora arcivescovo di Monaco a Roma come prefetto dell'ex Sant'Uffizio, ventitré anni fianco a fianco. Papa Ratzinger ricorda il "contributo essenziale" che Wojtyla diede all'89, la sua "presenza" che ha fatto crescere nel mondo "in modo inimmaginabile l'importanza del Vescovo di Roma", la capacità di creare "una nuova apertura e sensibilità alla religione" e di farsi "portavoce della cristianità" e "dei grandi valori dell'umanità", fino a instaurare "un clima di dialogo tra le grandi religioni e un senso di comune responsabilità" perché "violenze e religioni sono incompatibili". E poi, i ragazzi: "Ha saputo entusiasmare la gioventù per Cristo. Una cosa nuova, se pensiamo alla gioventù del '68 e degli Anni Settanta...". Anche dopo la morte, dice Benedetto XVI, "mi è sempre vicino attraverso i suoi testi", una vicinanza "con la persona" perché "dietro i testi sento il Papa stesso". L'ultimo incontro, racconta, fu alla vigilia della morte: "Circondato da medici e amici, era ancora molto lucido, mi ha dato la sua benedizione. Non poteva più parlare molto. Per me questa sua pazienza nel soffrire è stato un grande insegnamento: soprattutto riuscire a vedere e a sentire come fosse nelle mani di Dio e come si abbandonasse alla volontà di Dio".

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera.it

Intervista alla Televisione Polacca (16 ottobre 2005)