Nella seconda metà di maggio accadrà in Vaticano qualcosa che non ha precedenti negli ultimi ottant’anni: il "congresso" della Congregazione dei vescovi, cioè la riunione dei porporati e presuli membri del dicastero, discuterà della nomina del nuovo arcivescovo di Milano. È infatti scaduta lo scorso marzo la proroga di due anni ottenuta dal cardinale Dionigi Tettamanzi. È stato Benedetto XVI a decidere che la nomina del pastore della diocesi più grande d’Europa e tra le più importanti del mondo, segua la trafila ordinaria e prima di arrivare sul suo tavolo venga discussa e vagliata. Nelle scorse settimane il nunzio in Italia, Giuseppe Bertello, ha compiuto un’ampia consultazione, chiedendo i pareri a circa un centinaio fra vescovi, sacerdoti e laici di Milano e della Lombardia. Proprio in questi giorni viene ultimato un secondo rapidissimo supplemento d’inchiesta, che porterà a disegnare l’identikit ideale e a precisare la rosa di nomi più significativi. Dal 1929, anno della designazione a Milano dell’abate Ildefonso Schuster, fino al 2002, anno della nomina di Tettamanzi, il ruolo chiave di pastore della diocesi ambrosiana è stato sempre stabilito dai Papi con l’aiuto di pochissimi collaboratori. Così fece Pio XII nel novembre 1954, quando decise per Giovanni Battista Montini. Così fece quest’ultimo, appena divenuto Paolo VI, scegliendo nel 1963 come successore l’ausiliare Giovanni Colombo. E lo stesso accadde per le due nomine ambrosiane di Papa Wojtyla: quella di Carlo Maria Martini e quella dell’attuale cardinale. Papa Ratzinger, invece, ha voluto seguire una via diversa, e anche se è molto probabile che abbia già un’idea precisa sul candidato, ha preferito sondare, consultare, ascoltare moltissimi pareri. E soprattutto, prima di decidere, ha stabilito che la discussione avvenga nella riunione ordinaria del dicastero competente, che potrebbe avvenire giovedì 19 o giovedì 26 maggio, subito dopo la visita del Papa a Venezia. La decisione finale di Benedetto XVI dovrebbe essere annunciata a fine giugno e il nuovo arcivescovo si insedierà ai primi di settembre, per l’inizio dell’anno pastorale. I due candidati più illustri sono già cardinali. Il primo è Angelo Scola, 69 anni, nato a Malgrate (Lecco) in diocesi ambrosiana, da nove anni patriarca di Venezia. Papa Ratzinger lo conosce personalmente da lungo tempo e lo stima molto, avendolo avuto come collaboratore alla Congregazione per la Dottrina della Fede. È a tutt’oggi considerato in pole position. Il secondo cardinale, anch’egli ambrosiano, è Gianfranco Ravasi, 68 anni, biblista, "ministro della cultura" vaticano dal 2007. Nelle ultime settimane la candidatura di Ravasi è apparsa più defilata, a motivo della grande importanza del lavoro internazionale che il porporato sta svolgendo nel dialogo con il mondo della cultura, molto apprezzato dal Pontefice. L’altro candidato forte è Gianni Ambrosio, 67 anni, vescovo di Piacenza, molto vicino al cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che lo ha indicato quale rappresentante della Santa Sede nel cda della Cattolica di Milano. In corsa ci sono poi i vescovi di Bergamo, Francesco Beschi (59 anni) e di Brescia, Luciano Monari (69 anni). Hanno ottenuto voti anche l’arcivescovo di Chieti, Bruno Forte, 61 anni, teologo, come pure altri due prelati già segnalati per Torino, il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, 63 anni; e monsignor Aldo Giordano, 56 anni, osservatore al Consiglio d’Europa. Proprio quanto accaduto per il capoluogo piemontese, con la nomina dell’arcivescovo Cesare Nosiglia, dimostra come Ratzinger ascolti tutti ma poi scelga in piena autonomia. Soltanto mediatica, infine, la candidatura di Angelo Bagnasco: il presidente della CEI ne avrebbe tutte le qualità, ma se venisse nominato sarebbe la terza volta in soli nove anni che Genova perde il suo cardinale perché trasferito altrove. La nomina del successore di Tettamanzi vista l’importanza della diocesi ambrosiana, sarà letta anche in vista del conclave. Ma chiunque sia il designato, non avrà tempo per pensare a futuribili strategie. Si troverà infatti a dover fare i conti con una diocesi di proporzioni sterminate e con due decisioni di Tettamanzi ormai irreversibili, ma molto discusse tra il clero: la riorganizzazione delle parrocchie in unità pastorali e l’entrata in vigore del nuovo lezionario ambrosiano.
Andrea Tornielli, La Stampa