martedì 10 maggio 2011

Il Papa ad Aquileia e Venezia. Dal volontario all’imprenditore, chi c’era racconta la visita di Benedetto XVI. E cosa significa coltivare quel seme

"Per noi è stata una vera grazia". Essere lì, attaccati alle transenne. E vedere quel sorriso. Della visita di Benedetto XVI nel Nordest, Lorenzo e una quarantina di universitari di Venezia non hanno perso un minuto. Da quando il Papa è arrivato in Piazza San Marco sabato sera, dopo la prima tappa ad Aquileia, a quando l’ha lasciata, in gondola, per incontrare il mondo della cultura e dell’economia nella Basilica della Salute, inaugurare la Biblioteca dello Studium Generale Marcianum e tornare a Roma. Al terzo anno di Economia, Lorenzo era uno dei ragazzi con la pettorina blu del servizio d’accoglienza. Questo spiega la levataccia di domenica mattina: alle 4 la sveglia, quindi la navetta per Mestre. L’appuntamento, al parco San Giuliano dove si sarebbe celebrata la Messa, era alle 5: "Mi ha commosso vedere chi arrivava: anziani, giovani, malati... Persone di ogni tipo, tutte calamitate da quell’evento". La più giovane, forse, una bambina di due settimane. Davanti a lei pure Benedetto XVI s’è fermato, per darle un bacio e poi continuare la processione in Papamobile. Certo, non è stato tutto semplice: "Ma avere visto il Papa, con un sorriso così lieto e quegli occhi che brillavano, ci ha dato la carica per entrambi i giorni". Fino a non sentire la stanchezza: "Domenica siamo stati in piedi dalle 4 alle 22. Eravamo così presi da quell’uomo e da quello che stava accadendo, però, che abbiamo voluto seguirlo ovunque andasse. Lui sui canali, noi a piedi. Anzi: di corsa...". E, come recitava il tema della visita, Benedetto XVI ha confermato la fede di chi c’era: "Con quello che il Papa ha fatto e detto, ci ha invitati alla conversione. E posso dire che un cambiamento sta già avvenendo, da come oggi ho visto i miei amici studiare: quella faccia lieta, la scorsa settimana non l’avevano". Anche i numeri hanno sorpreso molti: alla Messa a Mestre c’erano 300mila fedeli, oltre ogni previsione. Arrivati in treno, in auto, in pullman. In 500, dalla Croazia e dalla Slovenia, partendo addirittura all’una di notte. Come ha detto il Papa nell’omelia, questo parco che di solito ospita manifestazioni musicali, "oggi ospita Gesù Risorto". Luca, che lavora come legale in un’azienda d’energia, era lì dalle 7 con moglie e figli: "Ho visto un popolo", racconta. "Che si è mosso per la visita di quest’uomo, attraverso il quale si gioca la presenza di Cristo nel mondo". Un popolo che ha saputo attendere il Papa in silenzio: "Mi ha colpito come s’è svolto tutto: ognuno era lì non come parte di una massa, ma partecipe di quel gesto". E s’è visto anche dall’ordine in cui è stato lasciato il parco: "Vedevi i volontari delle pulizie girare a vuoto...". E quel che è successo non finisce con la partenza di Benedetto XVI: "È come un seme che va coltivato", racconta Alessandro, imprenditore nel Vicentino. Lui, il Papa, ha potuto seguirlo anche nella Basilica della Salute. Più che le parole sentite, però, trattiene ciò che ha visto: "Mi ha colpito la sua umanità concreta: gli occhi, il modo con cui camminava...". Per questo, all’uscita ha voluto intrufolarsi in una scolaresca che si preparava a salutare Benedetto XVI con un canto. Come un bambino, anche lui: "Non volevo perdere neanche un istante. E dovevi vedere che sorriso, quando il Papa s’è avvicinato... Con l’energia di chi non bada all’età che avanza, ma si dedica tutto alla missione". Come Giovanni Paolo II. Come don Giussani: "Perciò coltivare quel seme significa approfondire la mia storia. Chiedendomi, ogni giorno: come posso io, in quel che faccio, testimoniare e vivere quella Presenza?". Questo è il dono che il Papa ha fatto a ciascuno. Innanzitutto "il dono della sua presenza tra noi", come ha detto il card. Angelo Scola salutando Benedetto XVI prima della Messa. Ma anche, per qualcuno, un dono che non scorderà più. Come per Andrea, che dal vescovo di Padova ha ricevuto il Battesimo, nonché prima Comunione e Cresima, nella veglia di Pasqua. Fino a due settimane fa, si chiamava Ye Wu. È cinese e lavora in un ristorante: manutentore al mattino, barista a mezzogiorno, cameriere alla sera. La fede, l’ha incontrata in carcere. E domenica ha ricevuto la comunione dalle mani di Benedetto XVI: "È stato il momento più importante di tutta la mia vita", racconta ora. "Prima della Messa ero felice: arrivava il Papa. Quando siamo andati verso l’altare, mi sembrava di essere in Paradiso. Poi lui ha sorriso e mi ha detto: 'Corpo di Cristo'...". Gli amici l’hanno festeggiato, qualcuno scherzava: "Sei appena diventato cristiano e già hai questo onore...". Per Andrea, però, l’onore più grande non è neanche quello che è successo domenica: "Ma vedere tutto ciò che Dio ha operato in me: mi ha donato una vita nuova".

Fabrizio Rossi, Tracce.it