Lo "scandalo" non solo, come è giusto e ovvio, ha interessato il punto di vista morale, ma ha portato la Chiesa americana a realizzare un esame di coscienza che ormai dura dalla fine degli anni Novanta, quando i presuli Usa si riunirono a Roma davanti a Giovanni Paolo II, e all’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger. Ma anche e soprattutto da un punto di vista economico. Le cause legali portate avanti a decine con richieste di danni miliardarie, che hanno arricchito vittime di abusi di decenni fa e la squadra di avvocati specializzati nel genere hanno obbligato varie diocesi a chiedere la protezione giudiziaria legata alla bancarotta. La prima è stata una diocesi di grande rilievo, Portland; seguita da altre ancora, fra cui Spokane, Delaware e Wilmington. In Vaticano la preoccupazione è grande. Non solo perché dagli Stati Uniti, storicamente, è sempre venuto un grande contributo al bilancio della Santa Sede; bilancio che non avendo praticamente entrate è di regola in rosso, senza il contributo delle diocesi dei diversi Paesi del mondo, fra cui primeggiano Stati Uniti, Germania e Italia. La Santa Sede teme però inoltre che i problemi economici possano condurre a ripercussioni sulla vita religiosa e addirittura sulle condizioni di vita minime dei sacerdoti, soprattutto dei pensionati. Per questo motivo è stato preparato, dalla Congregazione per il Clero in accordo con altri dicasteri, un documento specifico, che vedrà la luce dopo l’estate, forse in ottobre, e che avrà come tema specifico la riorganizzazione delle diocesi americane. Il documento è attualmente all’esame del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, presieduto dall’arcivescovo Francesco Coccopalmerio. Ovviamente è interessata alla materia anche la Congregazione per la Dottrina della Fede. Fornirà linee guida su come la Conferenza Episcopale Usa, e le singole diocesi, dovranno comportarsi per ristrutturare la propria presenza sul territorio. Un esempio “classico” in negativo della riorganizzazione, legata a problemi economici, è quello di Cleveland, dove peraltro la Santa Sede ha deciso di inviare una visita apostolica; cioè un’inchiesta per verificare se le decisioni prese dall’ordinario, mons. Gerard Lennon, sono adeguate. Il presule ha annunciato che 29 parrocchie chiuderanno e altre 41 verranno accorpate. Il piano di ristrutturazione, che taglierà di fatto 52 parrocchie su 224, è già diventato effettivo. Altre città in cui sono state ventilate ipotesi di chiusure sono state quelle intorno a Camden, New Jersey, Allentown, Pennsylvania e New York City. Le ragioni che hanno spinto alla decisione di chiudere le parrocchie a Cleveland sono state il flusso della popolazione verso le aree periferiche, le difficoltà finanziarie che hanno visto il 42% dei bilanci delle parrocchie finire in rosso e la carenza di preti. Ora, quest’ultimo punto è messo in dubbio dal Vaticano, e la visita apostolica servirà ad appurare i fatti. A Lennon, che a Boston fra molte polemiche ha chiuso 60 parrocchie, il Vaticano ha chiesto di fermarsi, nella sua politica di tagli selvaggi. Senza fortuna, fino ad ora. Le proteste dei fedeli, numerose e vocali, sono giunte fino al Vaticano. E da questa sollevazione è nata la filosofia del documento, che si basa proprio sul carattere di partecipazione dal basso che ha la Chiesa negli Stati Uniti, e che prevede di conseguenza un ruolo importante del laicato. La filosofia è questa: distinguere fra parrocchie e chiese. Una diocesi in difficoltà fa bene a ridurre il numero delle parrocchie, ma deve mantenere le chiese e le cappelle dove ci sono; magari affidandone la cura a famiglie di fedeli, disposte ad occuparsene, e che le tengano aperte. Poi la domenica è facile mandare un sacerdote a celebrare la Messa. Questa soluzione terrebbe conto di vari fattori; il primo la peculiarità delle distanze, che negli Stati Uniti sono ampie. La chiusura tout court dei luoghi di culto obbligherebbe spesso i fedeli privati della parrocchia a viaggi lunghi per partecipare al servizio sacro domenicale. Un secondo problema di cui il documento terrà conto è quello della vendita, e del passaggio di gestione degli ospedali cattolici. La prima raccomandazione è quella di conservare, nel caso di passaggio di gestione, una destinazione etica. Se anche questo non fosse possibile, allora si può vendere, privilegiando comunque organizzazioni ed enti che diano affidamento da un punto di vista etico. Infine, ma questo nel documento non ci sarà, ed è probabile che faccia parte di raccomandazioni fornite ai singoli vescovi, c’è grande preoccupazione per le conseguenze del pagamento dei danni per gli abusi. Alcune diocesi, come Boston, guidata dal cardinale francescano O’Malley, particolarmente colpite dal fenomeno degli abusi, sono estremamente generose. Ma possono correre il rischio di non riuscire più a pagare la pensione e l’assistenza sanitaria ai preti anziani. Il consiglio sarà quello di creare uno zoccolo duro di garanzia per questo tipo di persone particolarmente vulnerabili.
Marco Tosatti, Vatican Insider