Dopo l’incontro di questa mattina fra il premier della Malaysia Najib Razak e Papa Benedetto XVI (foto) “mi aspetto che si annunceranno presto ufficialmente i rapporti diplomativi fra Santa Sede e Repubblica della Malaysia”, dice all’agenzia Fides padre Lawrence Andrew sj, sacerdote di Kuala Lumpur e direttore dell’Herald, il settimanale cattolico dell’arcidiocesi della capitale. Quello che porta all’instaurazione delle relazioni diplomatiche “è un cammino che si sta percorrendo, ed è molto positivo. D’altronde quello malaysiano è uno dei governi maggiormente democratici del Sudest asiatico e, nonostante alcuni problemi, vedo pochi ostacoli” nota padre Andrew. “Avere un Nunzio Apostolico stabile a Kuala Lumpur, potrebbe avere molte conseguenze positive sulla Chiesa e su tutta la comunità cristiana in Malaysia” spiega padre Andrew: “Miglioreranno le comunicazioni fra il governo e la Chiesa. Inoltre è per noi cristiani l’opportunità di diventare visibilmente una grande ‘banca morale’, cioè un punto di riferimento per la moralità, per la diffusione e la tutela dei valori, per combattere corruzione, abusi e gli altri mali che affliggono la vita nazionale”. La Chiesa Cattolica in questi giorni è stata anche criticata in Malaysia perché promuovere l’incontro, secondo alcuni, “contribuisce a restaurare l’immagine internazionale del governo dell’UMNO (United Malays National Organization), guidato da Najib Razak, oggi molto debole”. Padre Andrew, a tale proposito, dice: “L’intento non è questo: la Chiesa continuerà ad essere se stessa, a proclamare la verità, a difendere i valori fondamentali come la dignità della persona e la libertà religiosa: in tal modo vogliamo contribuire allo sviluppo del paese”. “Le maggiori questioni che ci riguardano – prosegue – restano sul tavolo: l’uso del termine Allah per i non musulmani; la libera circolazione delle Bibbie; la battaglia per l’eliminazione della pena di morte; il rispetto delle libertà e dei diritti umani fondamentali, senza alcuna discriminazione. Su tali questioni, valuteremo i passi concreti dell’esecutivo” spiega il direttore dell’Herald. Sui recenti moti della società civile che hanno attraversato la nazione nei giorni scorsi, il sacerdote afferma: “Il governo e la polizia continuano a intimidire le persone. Sei attivisti sono ancora in carcere e vi sono vari tentativi di limitare le libertà. Ma il messaggio al governo è giunto chiaro: trasparenza e legalità nelle prossime elezioni, che siano realmente libere e democratiche. Una istanza che unisce cristiani, musulmani e credenti delle altre religioni”. In Malaysia i musulmani rappresentano il 60% della popolazione, i buddisti sono circa il 20% i cristiani il 10%, fra i quali circa un milione di cattolici, gli induisti il 6,3%, e vi sono poi minoranze di taoisti, confuciani e seguaci di culti tradizionali.
Fides