martedì 30 agosto 2011

L'11 novembre il Papa incontra le associazioni cattoliche di volontariato: testimoni della fede dalla quale nasce il bisogno di aiutare gli altri

Il summit è fissato per l’11 novembre, giorno in cui la Chiesa ricorda San Martino di Tours. In Vaticano sono stati convocati gli Stati Generali della carità. Benedetto XVI ha deciso di chiamarli a raccolta per tirare le somme e raddrizzare un po’ il settore. Le cose non sempre vanno come dovrebbero andare. Tanto per cominciare le associazioni umanitarie cattoliche non devono comportarsi come semplici organismi filantropici dediti solo a fare del bene al prossimo, perchè sono molto, molto di più: sono, infatti, istituzioni che manifestano Dio attraverso la carità. Il concetto dovrebbe essere ben chiaro all’interno del vastissimo arcipelago delle ong e degli organismi che in nome del Signore operano in tutta Europa, soccorrendo i poveri, curando ammalati, assistendo gli anziani, dalle associazioni più grosse e potenti, come le Caritas e la tedesca Misereor, alle più piccole. Peccato che non tutti afferrano il concetto. Papa Ratzinger che sulla carità ha scritto pure una Enciclica, è preoccupato. La questione non è da poco. In ballo c’è l’identità stessa degli organismi che spesso, operando in contesti totalmente 'laici', tendono a dimenticare la loro essenza più profonda, direttamente connessa con una visione di fede. Il card. Robert Sarah, l’africano alla guida del Pontificio Consiglio Cor Unum dal quale dipende il coordinamento dell’intero settore umanitario, condivide i timori e ha bene in mente il problema. E’ lui che materialmente sta preparando l’incontro. "Su questo versante si gioca la vera sfida, di fronte alla quale non possiamo non porci anche oggi. Per questo è fondamentale per un volontariato cattolico riscoprire la sua dipendenza dalla grazia perchè solo così la nostra testimonianza può continuare". La riflessione che proporrà il Papa nel giorno di San Martino riguarderà la politica da seguire. Il volontariato dovrà essere un luogo di testimonianza cristiana e di crescita della fede. Senza questi presupposti tutta l’attività benefica della Chiesa finirebbe per essere solo filantropica, depotenziata della sua dimensione spirituale. Il Papa al summit ripeterà ciò che ha affermato anche in altre occasioni, mettendo in guardia dalla deriva "materialista" che sta contagiando l’area caritativa. "Il volontariato deve tornare a essere un testimone della fede dalla quale nasce il bisogno di aiutare gli altri". Non importa, dunque, la molteplicità delle attività previste o la quantità del tempo libero che i volontari dedicano ai poveri. Ciò che conta è l’essere strumento di Dio per evangelizzare i popoli. Nell’Enciclica "Deus Caritas Est", Benedetto XVI scrive: "Spesso è proprio l’assenza di Dio la radice più profonda della sofferenza umana". In pratica per la Chiesa la carità non può essere né confusa né tanto meno sostituita con la nozione cristiana di solidarietà che trova radici nel passo di Giovanni, "questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri" (Gv 3, 11-12) per portare avanti l’evangelizzazione secondo la missione che Cristo ha affidato ai cristiani. Anche il cardinale tedesco Paul Josef Cordes, presidente emerito del Pontificio Consiglio Cor Unum, ha più volte espresso timori per la "tentazione del secolarismo" che colpisce le istituzioni caritative a causa della "professionalizzazione che tende a separare queste attività dalla missione ecclesiale". Fare carità significa evangelizzare e convertire il cuore di chi non crede.

Franca Giansoldati, Il Messaggero.it