martedì 6 settembre 2011

XXV Congresso Eucaristico Nazionale. La fragilità al centro della terza giornata: la Messa con i malati, la Croce della GMG nel carcere, la Via Crucis

È stato il card. Angelo Comastri, vicario di Benedetto XVI per la Città del Vaticano, a concludere, con la Messa presieduta al Santuario della Madonna di Loreto, la mattina di incontro con i malati che partecipano al XXV Congresso Eucaristico Nazionale italiano. Ancona e le altre città delle Marche stanno vivendo intensamente questa prima parte della settimana che sfocerà nell’incontro dei congressisti con il Papa domenica. Le Chiese di Ancona come tanti cenacoli e dentro una lunga, densa, ininterrotta catechesi sull’Eucaristia. La mattina, la Messa, poi la celebrazione delle Lodi negli spazi della Fiera, la lectio e subito dopo l’approfondimento del tema del giorno. E intorno i templi e i Santuari di Loreto, Osimo, Senigallia, Jesi, Fabriano a fare da corona a queste giornate dello Spirito ma anche della concretezza, dove la riflessione poliedrica che suggerisce il Sacramento della carità non è disgiunta da quella sulle emergenze sociali che la carità messa in pratica può e deve alleviare. Chi aiuta i più fragili oggi resta solo. A denunciarlo è stato il card. Dionigi Tettamanzi, nella giornata del Congresso Eucaristico dedicata al tema della fragilità. "Non sono soltanto i malati a sperimentare non poche volte la solitudine, l'indifferenza e l'estraneità, ma anche i medici, gli operatori sanitari e i pastori d'anime", ha detto Tettamanzi sottolineando che tutte queste figure "non si rassegnano agli attuali imperativi dell'efficienza biotecnologica, della produttività aziendale, della impermeabilità dei rapporti tra chi cura e chi viene curato e della marginalizzazione della dimensione spirituale della vita del sofferente". "Ecco l'isolamento e l'emarginazione cui l'individualismo esasperato di alcune forme della cultura attuale sembra avere consegnato non solo coloro che soffrono nel corpo e nello spirito, ma anche quanti si prodigano per una nuova concezione della cura e dell'assistenza ai malati, ai disabili, agli anziani e ai morenti", ha spiegato l'arcivescovo uscente di Milano. "La realtà della fragilità non è limitata a quanti sono riconosciuti come disabili: tutti siamo fragili e vulnerabili dal primo momento della nostra esistenza fino al momento della morte", ha ammonito da parte sua il card. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita e insigne bioticista, che ha inquadrato con questa semplice costatazione il perchè il tema sia stato messo al centro dei lavori. "Tutti siamo bisognosi di aiuto e di supporti per essere noi stessi in grado di agire e di aiutare, chiamati a fare l'esperienza della dipendenza accettata e del supporto offerto", ha detto il porporato nella concattedrale di San Leopardo a Osimo dove ha presieduto la celebrazione eucaristica serale. Secondo il card. Sgreccia "nell'ordinare e pensare la società non bisogna mettere al primo posto chi è libero, uguale, indipendente ma chi ha più bisogno di aiuto". Anche il card. Sgreccia ha denunciato in proposito "la discriminazione che riguarda la sofferenza e la malattia che vengono sentite come eccezioni e non entrano nei contraenti del contratto sociale, ma sono considerati come categoria a parte e talora soltanto come passività economica". Proprio per questo, secondo don Andrea Manto, direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale sanitaria, è stata importante oggi la presenza al Congresso Eucaristco Nazionale di tutte le sigle della sanità cattolica, i medici dell'Amci, i farmacisti dell'Ucfi, gli operatori sanitari dell'Acos e i religiosi dell'Aris, e delle principali associazioni del volontariato presenti nel mondo della salute. "L'Eucaristia - ha commentato il sacerdote medico - unisce malati e operatori dell'assistenza nella comune ricerca del bene della persona inteso come bene del corpo e dello spirito". "E il Congresso Eucaristico - ha spiegato l'arcivescovo di Ferrara mons. Paolo Rabitti, che ha celebrato nella cattedrale di Senigallia - vuole stimolare i cristiani a riprendere coscienza convinta e vera della loro propria fragilità di persone umane, di tradimenti, di figli della Chiesa santa, ma sempre bisognosa di purificazione", "sospingere i cristiani ad entrare più decisamente, concretamente, continuativamente nelle situazioni emergenti della fragilità della famiglia umana, quali la povertà economica, la confusione morale, le defaillances psichiche, l'ignoranza, la precarietà della vita, l'emarginazione". Per il presule "è indispensabile aprirsi al mondo della fragilità". Ciò significa "capire e aiutare chi è debole, non scansarlo o, peggio, denigrarlo", "allenarsi ad atteggiamenti e a cuore comprensivi, perchè 'accogliere è voce del verbo amare'", "caricarsi ciascuno almeno di qualche indigenza riguardante il fratello fragile". "Gesù - ha ricordato Rabitti - si è nascosto nei fragili; e noi, fragili e deboli come siamo, e come dovremmo riconoscerci, dobbiamo fraternizzare con chi, in definitiva, è nostro collega di perdono, di misericordia e di umano cammino". Nel pomeriggio, la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù ha fatto tappa nel carcere di massima sicurezza di Mantacuto. L'arcivescovo di Ancona Edoardo Menichelli, che non ha potuto trattenere le lacrime nel corso dell'incontro, ha chiesto ai 120 detenuti presenti nel carcere di massima sicurezza di avvicinarsi, se lo volevano, alla Croce donata da Giovanni Paolo II ai giovani di tutto il mondo, "segno - ha detto loro - della verità anche dei nostri sbagli, ma anche segno di libertà, non di tante libertà ma di quella libertà profonda che rende uomo un uomo". E tutti i detenuti lo hanno fatto, alcuni sfiorando con rispetto il legno, altri abbracciandolo o baciandolo. Alle guardie carcerarie, prima di lasciare il carcere di Montacuto, mons. Menichelli ha voluto dire il suo grazie per il loro servizio e rivolgere "un invito alla più grande magnanimità nei confronti dei detenuti". La Passione di Cristo messa accanto alla sofferenza del malato, della madre che perde un figlio, di chi è senza lavoro, degli stranieri: ha percorso il centro storico di Ancona la Via Crucis animata dall’Associazione Europassione per l’Italia, che ha concluso la terza giornata del Congresso Eucaristico Nazionale. Nelle meditazioni, la Passione viene riproposta avendo presenti i dolori di ogni uomo e donna, in ogni tempo. “La sofferenza fa parte dell’esistenza umana. Lottiamo contro il dolore fisico e psichico; ci ribelliamo davanti alla tribolazione dell’innocente, ma eliminare definitivamente la sofferenza non è nelle nostre possibilità”. Poi, le attualizzazioni. “Quante persone, Signore, cadono nello sconforto perché hanno perso il lavoro o perché non lo trovano, perché non si sentono più amati e si scoprono soli, privi di una spinta ad andare avanti, immersi nel buio di un tunnel in cui non appare alcuno spiraglio di luce”. E Simone di Cirene, lo straniero che aiuta Gesù a portare la croce, richiama i tanti stranieri “che curano i nostri anziani, fanno i lavori più scomodi, contribuiscono a sostenere la macchina dello stato sociale” e “spesso, sono anche vittime di pregiudizi e ingiuste generalizzazioni”.

Radio Vaticana, Agi, SIR