martedì 1 novembre 2011

Se il Papa chiede ancora perdono. Il 'mea culpa' ad Assisi formulato con parole equivalenti a quelle del predecessore ma con un'aggiunta rivelatrice

Le Giornate interreligiose di Assisi e i "mea culpa" sono forse le eredità wojtyliane più impegnative per Benedetto XVI: non intende eluderle, tanto centrali esse erano state nel Pontificato del predecessore, ma nel farle sue egli ambisce a correggerle in aspetti non secondari. Giovedì scorso le due sfide venivano a sommarsi, perché la prima Giornata di Assisi (1986) che egli andava a commemorare era stata anche l'occasione di un famoso "atto di penitenza" per le guerre combattute dai cattolici nella storia. Si può dire, post factum, che il Papa teologo sia riuscito a garantire continuità e correzione insieme ad ambedue quelle imprese. Fedeltà e novità nell'articolazione della Giornata sono state evidenziate dalle cronache dell'evento che hanno dato, com'era ovvio avvenisse, minore attenzione al "mea culpa" sulle guerre che pure c'è stato, formulato con parole equivalenti a quelle del predecessore ma con un'aggiunta rivelatrice. "Non siamo sempre stati dei costruttori di pace" aveva detto Wojtyla nel 1986, aggiungendo che quella Giornata voleva essere anche "un atto di penitenza". Benedetto ha analogamente riconosciuto che "nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza" e che i cristiani ne sono "pieni di vergogna". Fin qui le due "confessioni" si equivalgono. Ma quella di Benedetto si differenzia per un'aggiunta che riguarda il presente, non affatto privo di manifestazioni di violenza cristiana, mentre la "penitenza" wojtyliana in quell'occasione era rivolta al passato: "È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificarla continuamente a partire dal suo centro interiore affinché sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo". Con questo sulle guerre sono tre i "mea culpa" pronunciati fino a oggi da Papa Benedetto: in due occasioni, 12 febbraio del 2009 e il 17 gennaio 2010, aveva fatto sua la richiesta di perdono per la Shoah dettata dal predecessore e in un'altra, 11 giugno 2010, aveva formulato una propria "confessione di peccato" per la pedofilia del clero.

Luigi Accattoli, Corriere della Sera