mercoledì 14 dicembre 2011

A cinque mesi dalla nomina del card. Scola a Milano sono iniziate le consultazioni vaticane ai vescovi del Triveneto per il successore a Venezia

Il card. Angelo Scola è stato nominato arcivescovo di Milano il 28 giugno scorso, e per cinque mesi nulla si è mosso per la sua successione alla guida della diocesi di Venezia, uno dei tre Patriarcati latini della Chiesa Cattolica. La prassi vuole che dopo un trasferimento del vescovo, che lascia scoperta una diocesi (attualmente quella veneziana è retta dal vescovo di Vicenza in qualità di amministratore apostolico), dalla nunziatura apostolica prenda l’avvio un’indagine preliminare per consultare i vescovi della regione come pure alcuni sacerdoti e laici. Per Venezia questo non è avvenuto. È vero, c’era l’estate di mezzo, e nel periodo estivo c’è il rischio che qualche lettera possa perdersi. Ma la consultazione non è stata avviata dall’allora nunzio in Italia, l’arcivescovo Giuseppe Bertello, neanche a settembre. Il mese successivo Bertello ha preso possesso del suo nuovo incarico di presidente del Governatorato dello Stato vaticano e ha lasciato la nunziatura di via Po, alla cui guida è stato designato lo scorso 15 novembre l’arcivescovo Adriano Bernardini, nunzio in Argentina, che nei prossimi giorni prenderà possesso del suo nuovo incarico dopo essersi congedato dalle autorità e dal Corpo diplomatico accreditato presso il governo di Buenos Aires. Il cambio della guardia ha certamente rallentato la procedura ma non basta a spiegare perché la macchina si sia messa in moto soltanto ora, sotto le feste natalizie. Uno dei motivi è la volontà di Benedetto XVI di fare le cose con calma e di farle bene, attraverso tutti i passaggi necessari. Ma all’origine del ritardo nella consultazione dei vescovi veneti c’è anche il fatto che per un certo tempo, dopo l’estate, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che in qualche modo aveva subito le nomine degli arcivescovi di Torino e di Milano, non è un mistero che preferisse altri candidati rispetto a quelli poi scelti dal Papa, ha cercato di proporre per una designazione in tempi rapidi il nome di Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa di Strasburgo. La decisione finale sembra però essere stata quella di non mettere subito in gioco Giordano per una sede cardinalizia, ma i proporlo prima come vescovo (non lo è ancora) in una sede più piccola. Tramontata per il momento l’ipotesi Giordano, tutto è stato rimesso in discussione. Lo scorso 18 novembre, nell’intervista concessa al quotidiano Avvenire, il cardinale canadese Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, aveva parlato del valore delle consultazioni che precedono una nomina episcopale. E aveva detto: "Attualmente, anche sulla scia del Vaticano II che ha sviluppato il senso della collegialità episcopale, per la scelta di nuovi successori degli apostoli vengono consultati coloro che sono già vescovi e altri ecclesiastici e laici dal giudizio sicuro e di riconosciuto 'sensus Ecclesiae'. Il fine del meccanismo che porta alla scelta di un vescovo è quello di verificare l’idoneità di un ecclesiastico a questa missione. Ma le regole non sono assolute. Può accadere che il Papa, conoscendo molto bene una personalità e una situazione, possa avere chiaro come si debba soddisfare una provvista in una diocesi. In questo caso le consultazioni sono meno necessarie. Ma al di fuori di questo caso specifico, si cerca di rispettare le regole e le procedure vigenti che mi sembrano di per sé valide". Dunque la sola eccezione citata che farebbe venir meno la necessità delle consultazioni è quella di un’idea precisa del Papa, che ha già individuato la persona giusta per quella diocesi. Era nota la stima di Benedetto XVI per il card. Scola. Eppure nel caso della nomina a Milano Papa Ratzinger aveva voluto che si procedesse con un’ampia consultazione (103 le persone a cui è stato richiesto un parere) e che la nomina fosse vagliata secondo la normale trafila passando attraverso la riunione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione. Non è ancora stato stabilito se anche Venezia seguirà lo stesso iter, come molti auspicano. Di certo l’inizio della consultazione tra i vescovi del Triveneto lascia intendere la volontà di ascoltare innanzitutto la voce di coloro che sono alla guida delle Chiese locali di una regione ecclesiastica numericamente importante, che ha donato tanti sacerdoti al servizio della Santa Sede nella Curia romana e nella diplomazia pontificia. L’invio delle lettere da parte della nunziatura presso l’Italia, in questi casi è necessario almeno un mese per raccogliere le risposte e stendere una relazione che ne descriva il contenuto segnalando le priorità per la Chiesa veneziana e le candidature per la sua guida, sta a significare che l’annuncio della nomina del nuovo patriarca della Serenissima non è dietro l’angolo né è questione di giorni. Ancora nulla si può dire, in questa fase, sulle candidature: resta forte quella del vescovo di La Spezia Francesco Moraglia, mentre nell’episcopato triveneto le due possibili candidature sono quelle dell’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato e del vescovo di Trieste Gianpaolo Crepaldi. Altri nomi che sono stati fatti sono quelli del vescovo di Terni, Vincenzo Paglia e quello del cardinale Angelo Comastri, attuale arciprete della Basilica di San Pietro. Nell’intervista ad Avvenire, il card. Ouellet aveva risposto anche a una domanda sul rischio del "carrierismo" tra i vescovi: "Quando un vescovo è nominato dovrebbe dire: ecco il mio posto che ricevo dal Signore al servizio della sua Chiesa, che è suo corpo e sua sposa, e mi dono totalmente a questa Chiesa particolare. Ogni vescovo non dovrebbe avere personalmente altre preoccupazioni. Quando bisogna provvedere a qualche grande e importante arcidiocesi metropolitana è ragionevole però che si cerchi tra i vescovi che hanno dato già buona prova di sé e potrebbero essere chiamati a una responsabilità maggiore. Certamente questa prassi in sé ragionevole può ingenerare in qualcuno l’attesa di una qualche promozione. Ma in questo caso il problema non è il trasferimento da una sede all’altra ma la maturità spirituale del presule, il quale, se coltiva questo tipo di aspettative è bene che rimanga dove è".

Andrea Tornielli, Vatican Insider