sabato 7 luglio 2012

Pontificio Consiglio 'Cor Unum' ad Haiti e in Guatemala per seguire gli sviluppi dei progetti finanziati dal Papa anche grazie alla carità dei fedeli

Non dimenticare Haiti (foto). Per il Pontificio Consiglio Cor Unum è questo uno dei tanti imperativi che ne guidano l’azione, spinto dalla continua attenzione di Benedetto XVI per la situazione dei popoli colpiti da qualsiasi tipo di calamità. Il rischio che si corre è che spenti i riflettori sulla drammatica situazione che si viene a creare nell’immediatezza della tragedia che colpisce una zona del mondo, poi si dimentichi di chiedersi: che ne è di questa gente? È il caso di Haiti dove ancora oggi, a più di due anni dal terribile sisma che ha raso al suolo gran parte dell’isola, la vita di centinaia di migliaia di persone, già martoriate dalla fame, dalla povertà, è ancora scolvolta e la mancanza di speranza in un futuro migliore è tangibile. Il Papa “segue” e “vede” le vicende di questi popoli attraverso "Cor Unum". Per questo motivo ci siamo recentemente recati nelle zone haitiane disastrate. Il Pontefice ha voluto che ci rendessimo conto personalmente degli sviluppi dei progetti finanziati anche grazie alla carità dei fedeli in unione con il Papa stesso. Il sopralluogo è stato compiuto sul finire dello scorso mese di giugno insieme al nunzio apostolico, l’arcivescovo Bernardito C. Auza, ad alcuni ordinari locali, ai vari responsabili della pastorale sociale, della Caritas delle diocesi e dei progetti in cantiere. La costatazione più amara è stata che ad Haiti, a due anni dal catastrofico sisma, la situazione è ancora molto difficile. I rifugiati, o meglio quelli che avendo perso tutto sono stati ospitati sino a oggi presso dei campi base provvisori, devono ormai per decorrenza di termini, lasciare questi luoghi. E si apre così un ulteriore dramma perché i più non sanno dove andare: non hanno più niente e la prospettiva resta la strada. È in atto un vero e proprio esodo verso le periferie di Port-au-Prince, ormai al collasso. Le condizioni di vita di questi “esuli” sono, se mai possibile, peggiori di prima. In tale scenario, brilla come una lampada nel buio la presenza della Chiesa. Il suo lavoro assistenziale è fondamentale. Alcune ong stanno lasciando l’isola, o sono in procinto di farlo, perché i fondi destinati ai loro progetti sono finiti, e ci si è scontrati effettivamente con l’immobilismo delle istituzioni, incapaci di attivare le benché minime infrastrutture necessarie per sviluppare qualsiasi progetto. Ma la Caritas è ancora lì, e lì resta, al fianco di questi fratelli e sorelle, con progetti di ricostruzione e assistenza pur se fra tantissime difficoltà e problemi sempre più gravi. Non ultimo la minaccia sempre più consistente di bande organizzate di delinquenti che ostacolano e rallentano, o addirittura rendono impossibile, portare a termine i lavori intrapresi a favore della popolazione locale.Ciò che più colpisce sono gli sguardi delle persone: senza speranza, senza forza, spenti. Sono occhi di gente che hanno visto distrutta tutta la loro vita e che non scorgono una speranza per il futuro. L’età media della popolazione è bassissima, e questo impone un obbligo quasi morale di trovare delle soluzioni a lungo termine. I problemi sono molto complessi: accanto alla difficoltà mostrate dallo Stato di rimettersi in piedi, c’è una mancanza pressocché totale di infrastrutture adatte allo sviluppo.In questo contesto, la Chiesa sta diventando un punto di riferimento imprescindibile per portare a buon fine un lavoro di ricostruzione, ma soprattutto per fungere da lucerna capace di orientare l’agire per il bene spirituale e sociale delle persone coinvolte. Il viaggio ad Haiti ha permesso inoltre di visitare due delle missioni più difficili che vengono portate avanti a Port-au-Prince. La prima è un villaggio gestito da una religiosa francescana italiana, suor Marcella, che comprende una scuola e un ambulatorio, sorto per rispondere soprattutto all’emergenza della malnutrizione infantile (urgenza sottolineata recentemente anche dal nuovo presidente della Repubblica di Haiti e segnalata dal nunzio apostolico). La religiosa opera insieme ad alcuni volontari, in una zona tra le più difficili. Ha urgente bisogno di aiuto. La seconda realtà è quella di Cité Soleil, dove operano le Figlie della Carità, sempre con una scuola e un ambulatorio. Altre congregazioni religiose sono presenti sull’isola. Il lavoro di ricostruzione di scuole, ospedali e chiese, anche se a ritmi lenti, sta andando comunque avanti. Al rientro non ci resta che un’invocazione: Non dimentichiamoci di Haiti! Il Papa non si è dimenticato di Haiti. Attraverso il Pontificio Consiglio "Cor Unum" desidera farsi presente, far arrivare a questi “piccoli” e “lontani” la carità, la speranza, lo sguardo amorevole di Cristo. In questo quadro è stato deciso di portare immediatamente a conclusione la costruzione di una scuola (Ecole Notre Dame des Anges) e di una chiesa (Saint André) a Carrefour-Dufort. Saranno utilizzati fondi che i fedeli hanno raccolto e inviato al Pontefice da tutte le parti del mondo. Grazie alla disponibilità dei vescovi, dei parroci e del nunzio apostolico Auza, le due realizzazioni sono ormai già a buon punto.Il sopralluogo di Cor Unum è stato poi esteso alle zone del Guatemala, colpite dalle devastanti alluvioni che si sono abbattute nel corso del 2011. Anche in queste terre l’opera della Chiesa è stata febbrile. Possiamo dire che ormai siano state già espletate tutte le formalità necessarie per avviare il lavoro di costruzione di 19 abitazioni destinate a famiglie povere danneggiate dalle inondazioni nella zona di Santa Rosa de Lima. Ora c’è bisogno di munire quella zona di una piccola cappella che possa servire da centro pastorale per l’intero territorio.Una cosa è certa: dove ci sono popolazioni colpite da una calamità, dove vengono realizzati progetti e iniziative di promozione umana e assistenziali a vantaggio dei più fragili, lì c’è il Papa. È sempre presente. E il Pontificio Consiglio "Cor Unum" è al suo fianco, come uno degli strumenti della Chiesa a servizio dei più poveri e bisognosi. Non a caso è il dicastero della Santa Sede incaricato proprio di promuovere e coordinare l’attività caritativa del Pontefice. Attività, è bene ricordarlo, resa possibile anche proprio grazie ai numerosi organismi di assistenza cattolici attivi in tutto il mondo e soprattutto grazie alla generosità dei fedeli cattolici i quali si rendono sempre protagonisti nell’opera di aiuto a favore delle popolazioni disastrate. L’ultima di queste iniziative, ultima in ordine di tempo, risale alla scorsa domenica 24 giugno dedicata, come noto, proprio alla Giornata per la carità del Papa, promossa dalla Conferenza Episcopale italiana. In tutte le chiese, nel corso della Messa, sono state raccolte delle offerte che verranno poi messe a disposizione di Benedetto XVI, il quale, in seguito, deciderà come e dove distribuire le somme raccolte. La Giornata per la carità del Papa rende oltremodo manifesto il legame profondo tra il successore di Pietro e tutte le comunità parrocchiali, le famiglie e i singoli fedeli che, per il loro sostegno costante e generoso, sono segno di speranza per tanti fratelli in difficoltà.

Segundo Tejado Muñoz, L'Osservatore Romano