Questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti all’incontro promosso dall’Associazione Italiana Santa Cecilia, che in circa 6mila hanno riempito l'Aula Paolo VI. Millecinquecento anni di distanza tra l’uno e l’altro e la medesima esperienza: il canto sacro che entra tra le pieghe dell’anima come come se le sue note fossero la voce di Dio. Per spiegare di cosa sia capace la musica sacra, Benedetto XVI si rifà a due celebri testimonianze. Quella di Agostino di Ippona, grande padre della Chiesa del IV-V secolo, che racconta delle lacrime che gli sciolgono dentro i salmi cantati nelle liturgie di Sant’Ambrogio a Milano. E quella di Paul Claudel, famoso poeta e drammaturgo francese scomparso a metà del Novecento, che abbraccia il cristianesimo in un “istante”, “grande” e “potente”, ascoltando il canto del Magnificat durante i Vespri di Natale nella Cattedrale di Notre-Dame:
“Se infatti sempre la fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio – un ascolto naturalmente non solo dei sensi, ma che dai sensi passa alla mente ed al cuore – non c’è dubbio che la musica e soprattutto il canto può conferire alla recita dei salmi e dei cantici biblici maggiore forza comunicativa”.
Per il Papa, la testimonianza di Sant’Agostino aiuta a capire cosa significhi ciò che il Vaticano II ha stabilito nella "Sacrosanctum Concilium", la Costituzione dedicata alla liturgia, e cioè che “il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne”. E ha osservato:
“Perché ‘necessaria ed integrante’? Non certo per motivi puramente estetici in un senso superficiale, ma perché coopera a nutrire ed esprimere la fede, e quindi alla gloria di Dio e alla santificazione dei fedeli, che sono il fine della musica sacra. Proprio per questo vorrei ringraziarvi per il prezioso servizio che prestate: la musica che eseguite non è un accessorio o un abbellimento della liturgia, ma è essa stessa liturgia”.
Il canto del Magnificat che spazza via ogni “specie di dubbio” dall’anima di Claudel è l'esperienza di un uomo dei nostri giorni che per Benedetto XVI dimostra come il canto sacro aiuti la “partecipazione attiva” del Popolo di Dio alla liturgia che, ha sottolineato, “non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere con i sensi e con lo spirito la Parola, e questo vale anche per la musica sacra. Voi, che avete il
dono del canto, potete far cantare il cuore di tante persone nelle celebrazioni
liturgiche”.
“Ma, senza scomodare personaggi illustri, pensiamo a quante persone sono state toccate nel profondo dell’animo ascoltando musica sacra; e ancora di più a quanti si sono sentiti nuovamente attirati verso Dio dalla bellezza della musica liturgica come Claudel. E qui, cari amici, voi avete un ruolo importante: impegnatevi a migliorare la qualità del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la grande tradizione musicale della Chiesa, che nel gregoriano e nella polifonia ha due delle espressioni più alte, come afferma lo stesso Vaticano II”.
Una indicazione, questa, che il Papa ha affidato al lavoro dell’Antica Associazione Santa Cecilia accompagnandola dall’auspicio che “in Italia la musica liturgica tenda sempre più in alto” per mostrare “come la Chiesa sia il luogo in cui la bellezza è di casa".
Radio Vaticana
UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DALL’ASSOCIAZIONE ITALIANA SANTA CECILIA - il testo integrale del discorso del Papa
Radio Vaticana
UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DALL’ASSOCIAZIONE ITALIANA SANTA CECILIA - il testo integrale del discorso del Papa