mercoledì 7 gennaio 2009

Le Chiese Ortodosse celebrano il Natale. A Mosca la prima volta senza Alessio II

Le chiese di Russia si sono riempite di fedeli ieri notte per le solenni ce­lebrazioni del Natale che, per gran parte del mondo ortodosso, cade il 7 gennaio. Per l’occasione sono arrivati gli auguri di Papa Benedetto XVI che si è ri­volto ai fratelli delle Chiese d’Oriente du­rante l’Angelus di ieri. Per la Chiesa rus­sa quest’anno le festività natalizie si svol­gono in un’atmosfera particolare, se­gnata dal ricordo di Alessio II (foto) scompar­so il 5 dicembre scorso e dall’attesa per l’elezione del nuovo patriarca che av­verrà a fine gennaio. Il rappresentante di Benedetto XVI in Russia ha partecipato alla Messa di Natale celebrata la mezzanotte scorsa dal reggente della Chiesa ortodossa russa, il metropolita Kirill. Nella cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca, oltre al Presidente della Repubblica federale, Dimitry Medvedev, c'era il Nunzio Apostolico, l'Arcivescovo Antonio Mennini. Il metropolita Kirill ha invitato tutti a farsi forza in un periodo di grave crisi economica internazionale e ha invocato l'aiuto divino per il presidente in tempi non facili. La parola "crisi", ha spiegato Kirill, viene dal greco e significa "giudizio". Oggi il "giudizio" riguarda alcuni atteggiamenti, come il desiderio di possedere sempre di più dimenticando i veri valori. Secondo quanto raccoglie la cronaca della Radio Vaticana, ha suscitato commozione tra i fedeli la lettura del messaggio che il Patriarca Alessio II aveva già preparato per le feste natalizie prima della sua inattesa scomparsa, avvenuta all'inizio di dicembre. Il defunto capo della Chiesa ortodossa ricordava i festeggiamenti in giugno per i 1020 anni della cristianizzazione della Rus' Kieviana, invitando a vivere non secondo la propria volontà ma secondo quella di Dio. "Ricordiamoci – ha scritto Alessio II – che la vera pace la dà solo il Signore".
La Chiesa ortodossa russa ce­lebra il Natale 13 giorni dopo la Chiesa cattolica e le chiese protestanti. E, contestual­mente, slitta di 13 giorni anche l’Epifania che sarà celebrata il 19. Dietro questa differenza però non si nascondono controversie teo­logiche, ma un semplice proble­ma «di calcolo». In realtà, infatti, la Chiesa russa ricorda il Natale il 25 dicembre, ma non, come noi, secondo il calendario gregoriano, bensì secondo quello, più antico, giuliano. Tutta la questione risa­le al XVI secolo, quando gli astro­nomi si resero conto che il com­puto del tempo, basato sul ca­lendario risalente a Giulio Cesa­re, era in ritardo rispetto alla realtà astronomica. Il 24 febbraio 1582 Papa Gregorio XIII con la bolla « Inter gravissimas » diede il via al­la riforma del calendario, che però venne attuata il 4 ottobre dello stesso anno, al quale succe­dette non il 5, ma il 15 ottobre. 10 giorni andarono per così dire per­duti. Essi divennero successiva­mente 11, poi 12, e dal 1 marzo 1900 salirono a 13. Mentre il calendario gregoriano fu accolto dalla maggioranza dei Paesi europei, la Russia rifiutò di farlo. In campo civile il nuovo ca­lendario, detto novyj stil (nuovo stile) fu introdotto solo nel 1918, dopo la rivoluzione bolscevica, ma la Chiesa ortodossa manten­ne fede al calendario giuliano, co­nosciuto come staryj stil (vecchio stile). Non tutte le Chiese orto­dosse però seguono il calendario giuliano, anzi quelle che lo fanno sono la minoranza: i patriarcati di Russia, Georgia, Serbia e Gerusa­lemme, più la 'repubblica mona­stica' del Monte Athos, in Grecia. La maggioranza delle altre Chie­se ortodosse, a cominciare dal Pa­triarcato di Costantinopoli e dal­la Chiesa di Grecia, sono ormai passate al computo gregoriano. In realtà anche il Patriarcato di Mosca si è più volte interrogato sull’opportunità di passare al «nuovo stile», festeggiando il Na­tale il 25 dicembre. L’orientamen­to della gerarchia, ribadito anche dal defunto patriarca Alessio II è però tradizionalmente contrario. La Chiesa – ha spiegato in propo­sito il metropolita Kirill, «custode del soglio patriarcale» in attesa dell’elezione del nuovo capo del Patriarcato russo -«vive secondo una tradizione che ha la sua di­namica e la sua inerzia. Molte ge­nerazioni – ha aggiunto - sono state educate nella tradizione di celebrare il Natale il 7 gennaio. Ma se la Chiesa adottasse il 'nuovo stile', la maggioranza dei fedeli continuerebbe ciononostante a venire in chiesa il 7 gennaio e chia­merebbe eretici coloro che hanno festeggiato il 25 dicembre. Sorge­rebbe di nuovo uno scisma».