“Un grande dono per il Successore di Pietro e per tutta la Chiesa”. Così il Papa ha definito oggi il suo pellegrinaggio in Terra Santa, al quale è stata interamente dedicata la catechesi dell’Udienza generale di oggi. Un viaggio “per il quale non cesso di ringraziare il Signore”, ha confidato il Papa ai circa 20mila fedeli riuniti in Piazza San Pietro, di fronte ai quali ha espresso “nuovamente” il suo “grazie sentito”, rivolto in particolare “a Sua Beatitudine il Patriarca Fouad Twal, ai Vescovi dei vari riti, ai Sacerdoti, ai Francescani della Custodia di Terra Santa”. “Ringrazio il Re e la Regina di Giordania – le parole di Benedetto XVI - il presidente d’Israele e il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, con i rispettivi Governi, tutte le autorità e quanti in vario modo hanno collaborato alla preparazione e al buon esito della visita”. “Si è trattato anzitutto di un pellegrinaggio, anzi, del pellegrinaggio per eccellenza alle sorgenti della fede – ha precisato il Pontefice - e al tempo stesso di una visita pastorale alla Chiesa che vive in Terra Santa: una comunità di singolare importanza, perché rappresenta una presenza viva là dove essa ha avuto origine”. “Quanto è importante che cristiani e musulmani coabitino pacificamente nel mutuo rispetto! Grazie a Dio, e all’impegno dei governanti, in Giordania questo avviene. Ho pregato pertanto affinché anche altrove sia così, pensando specialmente ai cristiani che vivono invece realtà difficili nel vicino Iraq”. Con queste parole il Papa ha ricordato la prima tappa del suo viaggio, in Giordania, dove vive “una importante comunità cristiana, incrementata da profughi palestinesi e iracheni”. Una presenza, questa, “significativa e apprezzata nella società, anche per le sue opere educative e assistenziali, attente alla persona umana indipendentemente dal suo credo e dal suo ceto”: segno “dell’apertura e del rispetto che vigono nel Regno Ascemita per la libertà religiosa e per la tradizione cristiana”, che “merita grande apprezzamento”. Quale “segno dell’impegno della Chiesa nell’ambito della cultura”, il Papa ha citato la benedizione della prima pietra dell’Università di Madaba, del Patriarcato Latino di Gerusalemme: nelle parole del Pontefice, essa “manifesta in modo tangibile che la Chiesa promuove la ricerca della verità e del bene comune, ed offre uno spazio aperto e qualificato a tutti coloro che vogliono impegnarsi in tale ricerca, premessa indispensabile per un vero e fruttuoso dialogo tra civiltà”. Ricordando la visita al Mausoleo di Yad Vashem a Gerusalemme, Benedetto XVI ha affermato: "Abbiamo sostato in silenzio, pregando e meditando sul mistero del nome. Ogni persona umana - ha detto Papa Ratzinger - è sacra, e il suo nome è iscritto nel cuore di Dio. Mai va dimenticata la tremenda tragedia della Shoah. Occorre, al contrario, che sia sempre nella nostra memoria come monito universale al sacro rispetto della vita umana - ha detto il Papa - che riveste sempre un valore infinito". “In quella Terra benedetta da Dio – ha detto Benedetto XVI - sembra a volte impossibile uscire dalla spirale della violenza. Ma nulla è impossibile a Dio e a quanti confidano in Lui! Per questo la fede nell’unico Dio giusto e misericordioso, che è la più preziosa risorsa di quei popoli, deve poter sprigionare tutta la sua carica di rispetto, di riconciliazione e di collaborazione”. Gerusalemme, in particolare, “è il crocevia delle tre grandi religioni monoteiste, e il suo stesso nome – città della pace – esprime il disegno di Dio sull’umanità: formare di essa una grande famiglia”. Di qui il forte appello del Papa: “Tutti i credenti debbono lasciare alle spalle pregiudizi e volontà di dominio, e praticare concordi il comandamento fondamentale: amare cioè Dio con tutto il proprio essere e amare il prossimo come noi stessi. E’ questo che ebrei, cristiani e musulmani sono chiamati a testimoniare, per onorare con i fatti quel Dio che pregano con le labbra”. “Ricercare la pace con metodi non violenti, seguendo l’esempio di san Francesco d’Assisi”. Il Papa ha ricordato lo “scopo prioritario” del suo viaggio in Terra Santa: la visita alle comunità cattoliche, incontrate a Gerusalemme, a Betlemme e a Nazaret. In particolare, Benedetto XVI ha citato la Messa a Betlemme, “con la partecipazione anche di fedeli provenienti da Gaza, che ho avuto la gioia di confortare di persona assicurando loro la mia particolare vicinanza”. “Betlemme, il luogo nel quale è risuonato il canto celeste di pace per tutti gli uomini – le parole del Papa - è simbolo della distanza che ancora ci separa dal compimento di quell’annuncio: precarietà, isolamento, incertezza, povertà. Tutto ciò ha portato tanti cristiani ad andare lontano”. Ma la Chiesa “continua il suo cammino”, con “opere concrete di servizio ai fratelli”,come il Caritas Baby Hospital di Betlemme, luogo dal quale il Papa ha voluto “assicurare alle famiglie che vi sono ospitate, la vicinanza e l’incoraggiamento della Chiesa universale”. Nella Messa a Nazaret, città della santa Famiglia, ha ricordato il Papa, “abbiamo pregato per tutte le famiglie, affinché siano riscoperti la bellezza del matrimonio e della vita familiare, il valore della spiritualità domestica e dell’educazione, l’attenzione ai bambini,che hanno diritto a crescere in pace e serenità”. “La Chiesa “è in cammino verso la piena unità, perché il mondo creda nell’amore di Dio e sperimenti la gioia della sua pace”. Il pellegrinaggio in Terra Santa si è chiuso venerdì scorso con la sosta nel Santo Sepolcro e con “due importanti incontri ecumenici” a Gerusalemme, al Patriarcato Greco-Ortodosso, dove erano riunite tutte le rappresentanze ecclesiali della Terra Santa, e infine alla Chiesa Patriarcale Armena Apostolica. “Mi piace ricapitolare l’intero itinerario che mi è stato dato di effettuare – le parole del Pontefice - proprio nel segno della Risurrezione di Cristo: malgrado le vicissitudini che lungo i secoli hanno segnato i Luoghi santi, malgrado le guerre, le distruzioni, e purtroppo anche i conflitti tra cristiani, la Chiesa ha proseguito la sua missione, sospinta dallo Spirito del Signore risorto”. “In ginocchio sul Calvario e nel Sepolcro di Gesù – ha rivelato Benedetto XVI - ho invocato la forza dell’amore che scaturisce dal Mistero pasquale, la sola che può rinnovare gli uomini e orientare al suo fine la storia ed il cosmo. Chiedo anche a voi di pregare per tale scopo, mentre ci prepariamo alla festa dell’Ascensione che in Vaticano celebreremo domani". Sale la temperatura a Roma e il Papa, a conclusione dell'Udienza generale, si è riparato dal sole indossando un cappello di paglia rossa, detto saturno. Benedetto XVI, che aveva già utilizzato questo copricapo la scorsa estate, ha salutato così dalla 'papamobile' i fedeli e i pellegrini presenti all'interno del colonnato berniniano. L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa