mercoledì 20 maggio 2009
Il Papa in Terra Santa. L'ambasciatore Lewy: il viaggio un esempio dei crescenti rapporti tra ebrei e Chiesa. Più visti ai sacerdoti dei paesi arabi
Il governo israeliano si è impegnato con il Vaticano a concedere un maggior numero di visti ai sacerdoti dei paesi arabi che chiedono di entrare nello Stato ebraico: lo rende noto l'ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, a pochi giorni dalla conclusione del pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa. "Sarà più facile rispondere positivamente alle richieste provenienti dai sacerdoti provenienti da Egitto o Giordania, mentre vedo difficoltà dovute a motivi di sicurezza per coloro che vengono da paesi per definizione nemici di Israele", spiega l'ambasciatore all'agenzai Apcom. Nel corso del soggiorno, il Papa ha preso parte, insieme al premier israeliano Benjamin Netanyahu, ad un incontro israelo-vaticano dedicato a temi di interesse bilaterale come i pendenti negoziati sullo statuto fiscale e patrimoniale della Chiesa Cattolica in Terra Santa. Una riunione plenaria della commissione 'ad hoc' si svolgerà a dicembre. "Se va tutto bene potrebbe essere l'ultima", prevede Lewy. "Stiamo facendo sforzi in quella direzione", assicura. Controverso, in particolar modo, il nodo delle esenzioni fiscali dei siti archeologici santi, che, in alcuni casi, Israele vorrebbe limitare agli edifici meta dei pellegrinaggi e la Santa Sede vorrebbe estendere all'area circostante. "E' possibile arrivare ad un accordo", per il rappresentante diplomatico israeliano. Più in generale, Lewy considera "un successo" il viaggio del Papa e sottolinea che Benedetto XVI ha dovuto tenere in considerazione "le sensibilità di tutte le parti". I malumori e le critiche? "Per 45 anni abbiamo atteso che la Chiesa riconoscesse Israele e ora che viene il Papa lo critichiamo? E' una stupidaggine", afferma l'ambasciatore, secondo il quale "questo viaggio non va guardato con l'occhio rivolto al passato, ad esempio al confronto tra Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, ma al futuro, come un esempio dei crescenti rapporti tra ebrei e Chiesa che molti cattolici hanno potuto seguire anche attraverso i mass media da tutto il mondo". Lewy taglia corto su due aspetti del viaggio che hanno sollevato critiche in Israele. "Non ho condiviso le critiche al Papa per il discorso allo Yad Vashem - afferma l'ambasciatore - e penso che in Israele ci siano state reazioni esagerate, dettate da pur comprensibili motivazioni emozionali". Quanto al muro israeliano in Cisgiordania criticato dal Papa, "sappiamo che è brutto, ma, purtroppo, è necessario per la sicurezza. Speriamo che giunga il momento in cui non sarà più necessario. Quel che è stato eretto da mani umane può essere rimosso da mani umane".