di Scenron
Questa volta dalla pagine del quotidiano La Repubblica, incalzato dalle domande del suo grande ammiratore (non credente) Eugenio Scalfari, Carlo Maria Martini ha pontificato di nuovo, elencando le questioni che (secondo lui) devo essere la priorità nel dibattito della Chiesa e su cui non è stato detto e fatto abbastanza. Se il prelato passasse lo stesso tempo che impiega a rilasciare interviste e scrivere libri con il solo scopo di creare scalpore e confusione tra i fedeli, per leggere il Magistero della Chiesa e di Papa Benedetto XVI, certe affermazioni non se le lascerebbe fuggire. Sugli argomenti, tutti mediaticamente rilevanti, che il presule ha sollevato, Papa Joseph Ratzinger è intervenuto più volte nei quattro anni di Pontificato. Vi riportiamo alcuni stralci tratti dal Magistero di Benedetto XVI, la miglior risposta ai continui e ormai conosciuti slogan del cardinale.
L’atteggiamento della Chiesa verso i divorziati
"La Chiesa, sull’esempio del suo Divino Maestro, ha sempre di fronte le persone concrete, soprattutto quelle più deboli e innocenti, che sono vittime delle ingiustizie e dei peccati, ed anche quegli altri uomini e donne, che avendo compiuto tali atti si sono macchiati di colpe e ne portano le ferite interiori, cercando la pace e la possibilità di una ripresa.
A queste persone la Chiesa ha il dovere primario di accostarsi con amore e delicatezza, con premura e attenzione materna, per annunciare la vicinanza misericordiosa di Dio in Gesù Cristo. E’ lui infatti, come insegnano i Padri, il vero Buon Samaritano, che si è fatto nostro prossimo, che versa l’olio e il vino sulle nostre piaghe e che ci conduce nella locanda, la Chiesa, in cui ci fa curare, affidandoci ai suoi ministri e pagando di persona in anticipo per la nostra guarigione. Sì, il vangelo dell’amore e della vita è anche sempre vangelo della misericordia, che si rivolge all’uomo concreto e peccatore che noi siamo, per risollevarlo da qualsiasi caduta, per ristabilirlo da qualsiasi ferita" (Ai partecipanti al Congresso Internazionale promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su matrimonio e famiglia, della Pontificia Università Lateranense (5 aprile 2008)).
A queste persone la Chiesa ha il dovere primario di accostarsi con amore e delicatezza, con premura e attenzione materna, per annunciare la vicinanza misericordiosa di Dio in Gesù Cristo. E’ lui infatti, come insegnano i Padri, il vero Buon Samaritano, che si è fatto nostro prossimo, che versa l’olio e il vino sulle nostre piaghe e che ci conduce nella locanda, la Chiesa, in cui ci fa curare, affidandoci ai suoi ministri e pagando di persona in anticipo per la nostra guarigione. Sì, il vangelo dell’amore e della vita è anche sempre vangelo della misericordia, che si rivolge all’uomo concreto e peccatore che noi siamo, per risollevarlo da qualsiasi caduta, per ristabilirlo da qualsiasi ferita" (Ai partecipanti al Congresso Internazionale promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su matrimonio e famiglia, della Pontificia Università Lateranense (5 aprile 2008)).
La nomina o l’elezione dei vescovi
"Pietro sarà il fondamento roccioso su cui poggerà l'edificio della Chiesa; egli avrà le chiavi del Regno dei cieli per aprire o chiudere a chi gli sembrerà giusto; infine, egli potrà legare o sciogliere nel senso che potrà stabilire o proibire ciò che riterrà necessario per la vita della Chiesa, che è e resta di Cristo. E’ sempre Chiesa di Cristo e non di Pietro. E' così descritto con immagini di plastica evidenza quello che la riflessione successiva qualificherà con il termine di "primato di giurisdizione". [...] Pietro, per tutti i tempi, dev’essere il custode della comunione con Cristo; deve guidare alla comunione con Cristo; deve preoccuparsi che la rete non si rompa e possa così perdurare la comunione universale. Solo insieme possiamo essere con Cristo, che è il Signore di tutti. Responsabilità di Pietro è di garantire così la comunione con Cristo con la carità di Cristo, guidando alla realizzazione di questa carità nella vita di ogni giorno. Preghiamo che il Primato di Pietro, affidato a povere persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso originario voluto dal Signore e possa così essere sempre più riconosciuto nel suo vero significato dai fratelli ancora non in piena comunione con noi" (7 giugno 2006, Pietro, la roccia su cui Cristo ha fondato la Chiesa).
Il celibato dei sacerdoti
"Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo proposito. Pertanto, non è sufficiente comprendere il celibato sacerdotale in termini meramente funzionali. In realtà, esso rappresenta una speciale conformazione allo stile di vita di Cristo stesso. Tale scelta è innanzitutto sponsale; è immedesimazione con il cuore di Cristo Sposo che dà la vita per la sua Sposa. In unità con la grande tradizione ecclesiale, con il Concilio Vaticano II e con i Sommi Pontefici miei predecessori, ribadisco la bellezza e l'importanza di una vita sacerdotale vissuta nel celibato come segno espressivo della dedizione totale ed esclusiva a Cristo, alla Chiesa e al Regno di Dio, e ne confermo quindi l'obbligatorietà per la tradizione latina. Il celibato sacerdotale vissuto con maturità, letizia e dedizione è una grandissima benedizione per la Chiesa e per la stessa società". (Sacramentum Caritatis: Esortazione Apostolica Postsinodale sull’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa, n.24).
Il ruolo del laicato cattolico
"Occorre [...] rinnovare lo sforzo per una formazione più attenta e puntuale alla visione di Chiesa della quale ho parlato, e questo da parte tanto dei sacerdoti quanto dei religiosi e dei laici. Capire sempre meglio che cosa è questa Chiesa, questo Popolo di Dio nel Corpo di Cristo. E' necessario, al tempo stesso, migliorare l'impostazione pastorale, così che, nel rispetto delle vocazioni e dei ruoli dei consacrati e dei laici, si promuova gradualmente la corresponsabilità dell'insieme di tutti i membri del Popolo di Dio. Ciò esige un cambiamento di mentalità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli «collaboratori» del clero a riconoscerli realmente «corresponsabili» dell'essere e dell'agire della Chiesa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato. Questa coscienza comune di tutti i battezzati di essere Chiesa non diminuisce la responsabilità dei parroci" (Apertura del Convegno pastorale della Diocesi di Roma (Basilica di San Giovanni in Laterano, 26 maggio 2009)).
I rapporti tra la gerarchia ecclesiastica e la politica
"Sui rapporti tra religione e politica Gesù Cristo ha portato una novità sostanziale, che ha aperto il cammino verso un mondo più umano e più libero, attraverso la distinzione e l'autonomia reciproca tra lo Stato e la Chiesa, tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cfr Mt 22, 21). La stessa libertà religiosa, che avvertiamo come un valore universale, particolarmente necessario nel mondo di oggi, ha qui la sua radice storica. La Chiesa, dunque, non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico. La fede cristiana, infatti, purifica la ragione e l'aiuta ad essere meglio se stessa: con la sua dottrina sociale pertanto, argomentata a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano, la Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato" (Discorso ai partecipanti al IV Convegno Ecclesiale Nazionale (19 ottobre 2006)).