Il Papa: nel cuore della Chiesa deve sempre bruciare un fuoco missionario. Cristo il bene più prezioso che tutti hanno il diritto di conoscere e amare
''Non è forse una tentazione quella della carriera, del potere, una tentazione da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di animazione e di governo nella Chiesa?''. E' la provocazione lanciata questa mattina da Papa Benedetto XVI, nella catechesi dell'Udienza generale del mercoledì, svoltasi nell'Aula Paolo VI, dedicata alla figura di San Domenico, fondatore dell’Ordine dei Predicatori, noti anche come Frati Domenicani. Ordinato sacerdote, Domenico fu eletto canonico del capitolo della Cattedrale nella sua diocesi di origine, Osma. ''Anche se questa nomina poteva rappresentare per lui qualche motivo di prestigio nella Chiesa e nella società - ha osservato il Pontefice - egli non la interpretò come un privilegio personale, nè come l'inizio di una brillante carriera ecclesiastica, ma come un servizio da rendere con dedizione e umiltà''. ''Non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi'', ha detto il Papa. ''Sappiamo come le cose nella società civile, e, non di rado nella Chiesa, soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità''. Prima che le due massime aspirazioni di Domenico, evangelizzare chi non conosceva Cristo e rievangelizzare chi era stato fuorviato dalla fede, diventassero aspirazioni condivise da altri attirati dal suo carisma, il giovane castigliano ha modo di mettersi personalmente alla prova. Povero e austero, ha raccontato il Papa, il futuro Santo si dedica “con entusiasmo” alla predicazione agli Albigesi, un gruppo eretico medievale che disprezzava la materia fino a negare l’incarnazione di Cristo e che rigettava il lusso nel quale viveva parte del clero del tempo. L’esempio di sobrietà di Domenico colpisce nel segno e questa missione lo assorbirà per tutta vita, lasciando una traccia indelebile: “Questo grande Santo ci rammenta che nel cuore della Chiesa deve sempre bruciare un fuoco missionario, il quale spinge incessantemente a portare il primo annuncio del Vangelo e, dove necessario, ad una nuova evangelizzazione: è Cristo, infatti, il bene più prezioso che gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo hanno il diritto di conoscere e di amare!”. ''Coltivare'' la ''dimensione culturale'' della fede, ''affinchè la bellezza della verità cristiana possa essere meglio compresa e la fede possa essere veramente nutrita, rafforzata e anche difesa''. ''In quest'Anno Sacerdotale, invito i seminaristi e i sacerdoti a stimare il valore spirituale dello studio'', ha detto il Pontefice, perchè ''la qualità del ministero sacerdotale dipende anche dalla generosità con cui ci si applica allo studio delle verità rivelate''. L'esempio da seguire è quello di san Domenico, che ''volle che i suoi seguaci acquisissero una solida formazione teologica, e non esitò a inviarli nelle università del tempo, anche se non pochi ecclesiastici guardavano con diffidenza queste istituzioni culturali''. San Domenico, del suo Ordine, volle che i suoi frati ''vi si dedicassero senza risparmio, con diligenza e pietà'', attraverso ''uno studio fondato sull'anima di ogni sapere teologico, cioè sulla Sacra Scrittura, e rispettoso delle domande poste dalla ragione''. Anche la struttura interna del neonato Ordine riflette l’obiettivo che esso si era posto. Come per i Francescani, i membri sono mendicanti, senza cioè proprietà da amministrare e dunque più mobili e disponibili per gli scopi apostolici. Questa organizzazione, ha sottolineato Benedetto XVI, stimolava la “vita fraterna” esigendo “forti convinzioni personali”. “La scelta di questo sistema nasceva proprio dal fatto che i Domenicani, come predicatori della verità di Dio, dovevano essere coerenti con ciò che annunciavano. La verità studiata e condivisa nella carità con i fratelli è il fondamento più profondo della gioia. Il beato Giordano di Sassonia dice di san Domenico: ‘Egli accoglieva ogni uomo nel grande seno della carità e, poiché amava tutti, tutti lo amavano’”. Domenico di Guzman muore nel 1221 e 13 anni più tardi viene canonizzato. La sua vita, ha concluso il Papa, ci indica “due mezzi indispensabili affinché l’azione apostolica sia incisiva. Il primo è la devozione mariana, specie attraverso il Rosario, mentre il secondo deriva dalla cura che il Santo spagnolo prese in vita di alcuni monasteri femminili. Così facendo, ha detto il Pontefice, Domenico “credette fino in fondo al valore della preghiera di intercessione per il successo del lavoro apostolico. Solo in Paradiso comprenderemo quanto la preghiera delle claustrali accompagni efficacemente l’azione apostolica! A ciascuna di esse rivolgo il mio pensiero grato e affettuoso”.
Asca, Radio Vaticana