giovedì 27 maggio 2010

Il Papa: risvegliamo nelle comunità la passione educativa andando incontro alla sete nel cuore dei giovani. Un’agenda di speranza per l'Italia

''Pur consapevoli del peso delle difficoltà'', i vescovi italiani non debbono ''cedere alla sfiducia e alla rassegnazione'' di fronte al compito di ''educare'' che si è assunta con gli Orientamenti pastorali dei prossimi dieci anni. Lo ha detto Papa Benedetto XVI, nel discorso rivolto questa mattina alla Conferenza Episcopale italiana riunita in Vaticano per la 61°Assemblea generale. Il Papa ha sottolineato, andando a braccio, che sono due le sfide culturali di fronte alle quali si pongono oggi gli educatori. La prima è “la falsa idea di autonomia di se stessi” che si registra soprattutto nelle nuove generazioni quando invece è “essenziale” per la persona umana diventare se stessi in relazione al “tu e al noi”. L’uomo, infatti, ha proseguito Benedetto XVI, “è creato per il dialogo” e “solo l’incontro con il Tu e il noi apre l’io a se stesso”. L’altra sfida è “lo scetticismo e il relativismo”. Educare, ha detto oggi il Papa, non è “imporre” ma “aprire” la persona “al Tu di Dio”. “Pur consapevoli del peso di queste difficoltà – ha concluso il Santo Padre -, non possiamo cedere alla sfiducia e alla rassegnazione. Educare non è mai stato facile, ma non dobbiamo arrenderci: verremmo meno al mandato che il Signore stesso ci ha affidato, chiamandoci a pascere con amore il suo gregge'', ha osservatore il Pontefice. ''Risvegliamo piuttosto nelle nostre comunità - ha esortato Papa Ratzinger - quella passione educativa, che non si risolve in una didattica, in un insieme di tecniche e nemmeno nella trasmissione di principi aridi''. ''Educare - ha ricordato il Papa - è formare le nuove generazioni, perchè sappiano entrare in rapporto con il mondo, forti di una memoria significativa, di un patrimonio interiore condiviso, della vera sapienza che, mentre riconosce il fine trascendente della vita, orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio. La sete che i giovani portano nel cuore è una domanda di significato e di rapporti umani autentici, che aiutino a non sentirsi soli davanti alle sfide della vita''. I giovani hanno bisogno di “una compagnia sicura e affidabile, che si accosta a ciascuno con delicatezza e rispetto, proponendo valori saldi a partire dai quali crescere verso traguardi alti, ma raggiungibili”. “Il compito educativo, che avete assunto come prioritario – ha aggiunto - valorizza segni e tradizioni, di cui l’Italia è ricca. Necessita di luoghi credibili: anzitutto la famiglia, con il suo ruolo peculiare e irrinunciabile; la scuola, orizzonte comune al di là delle opzioni ideologiche; la parrocchia, “fontana del villaggio”, luogo ed esperienza che inizia alla fede nel tessuto delle relazioni quotidiane. In ognuno di questi ambiti resta decisiva la qualità della testimonianza, via privilegiata della missione ecclesiale". Ecco perché la proposta cristiana passa “attraverso relazioni di vicinanza, lealtà e fiducia”. Il Papa ha quindi incoraggiato i presuli ad andare “incontro” ai giovani, “a frequentarne gli ambienti di vita, compreso quello costituito dalle nuove tecnologie di comunicazione, che ormai permeano la cultura in ogni sua espressione. Non si tratta di adeguare il Vangelo al mondo – ha detto il Papa -, ma di attingere dal Vangelo quella perenne novità, che consente in ogni tempo di trovare le forme adatte per annunciare la Parola che non passa, fecondando e servendo l’umana esistenza”. Il ''contesto culturale'' dell'Italia odierna ''mette spesso in dubbio anche la dignità della persona, la bontà della vita, il significato stesso della verità e del bene''. ''In effetti - ha sottolineato il Pontefice - quando al di là dell'individuo nulla è riconosciuto come definitivo, il criterio ultimo di giudizio diventa l'io e la soddisfazione dei suoi bisogni immediati. Si fa, allora, ardua e improbabile la proposta alle nuove generazioni del 'pane' della verità, per il quale valga la pena spendere la vita, accettando, quando necessario, il rigore della disciplina e la fatica dell'impegno''. ''La volontà di promuovere una rinnovata stagione di evangelizzazione non nasconde le ferite da cui la comunità ecclesiale è segnata, per la debolezza e il peccato di alcuni suoi membri. Questa umile e dolorosa ammissione non deve, però, far dimenticare il servizio gratuito e appassionato di tanti credenti, a partire dai sacerdoti''. Il Pontefice ha ricordato l'Anno Sacerdotale quale ''opportunità per promuovere il rinnovamento interiore, quale condizione per un più incisivo impegno evangelico e ministeriale. Nel contempo, ci aiuta anche a riconoscere la testimonianza di santità di quanti – sull’esempio del Curato d’Ars – si spendono senza riserve per educare alla speranza, alla fede e alla carità. In questa luce - ha concluso -, ciò che è motivo di scandalo, deve tradursi per noi in richiamo a un ''profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, dall'altra la necessità della giustizia''. ''In Italia la presente stagione è marcata da un'incertezza sui valori, evidente nella fatica di tanti adulti a tener fede agli impegni assunti: ciò è indice di una crisi culturale e spirituale, altrettanto seria di quella economica. Sarebbe illusorio pensare di contrastare l'una, ignorando l'altra''. ''Per questa ragione - ha proseguito il Pontefice -, mentre rinnovo l'appello ai responsabili della cosa pubblica e agli imprenditori a fare quanto è nelle loro possibilità per attutire gli effetti della crisi occupazionale, esorto tutti a riflettere sui presupposti di una vita buona e significativa, che fondano quell'autorevolezza che sola educa''. ''Alla Chiesa - ha detto -, infatti, sta a cuore il bene comune, che ci impegna a condividere risorse economiche e intellettuali, morali e spirituali, imparando ad affrontare insieme, in un contesto di reciprocità, i problemi e le sfide del Paese''. Quindi ha concluso: “Chiamato per grazia ad essere Pastore della Chiesa universale e della splendida Città di Roma, porto costantemente con me le vostre preoccupazioni e le vostre attese, che nei giorni scorsi ho deposto – con quelle dell’intera umanità – ai piedi della Madonna di Fatima. A Lei va la nostra preghiera: “Vergine Madre di Dio e nostra Madre carissima, la tua presenza faccia rifiorire il deserto delle nostre solitudini e brillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare la calma dopo la tempesta, affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore, che ha il nome e il volto di Gesù, riflesso nei nostri cuori, per sempre uniti al tuo! Così sia!”. Di cuore vi ringrazio e vi benedico”.

Asca, SIR, Radio Vaticana