venerdì 30 luglio 2010

Benedetto torna professore e raduna il 28 e 29 agosto suoi allievi a Castel Gandolfo. Chi sono e che tipo di incontro è il 'Ratzinger Schulerkreis'

Un'estate di riposo e di lavoro, come sempre è l'estate dei Papi. Con la differenza che, quest'anno, sarà vissuta interamente a Castel Gandolfo, e non nelle località di montagna così amate dal suo predecessore Giovanni Paolo II. Per Benedetto XVI le "ferie" estive sono sinonimo di passeggiate, di distensione dalle più stringenti occupazioni quotidiane, ma anche un momento per intensificare la lettura e lo studio, il lavoro di scrittura a cui il papa teologo tiene molto. Finita la seconda parte del libro su Gesù di Nazaret, dedicata alla Passione e alla Risurrezione, Papa Ratzinger ha cominciato a lavorare a una terza parte dell'opera, dedicata ai Vangeli dell'infanzia. In più sta curando alcuni materiali per la sua opera omnia, in corso di pubblicazione. Al termine del periodo estivo, più precisamente nei giorni 28 e 29 agosto, il Pontefice ritroverà i suoi allievi del Ratzinger Schulerkreis, il circolo di teologi o semplicemente di ex studenti che si riunisce ormai da decenni, seppur in forma diversa nel tempo, con il loro maestro ed ex professore di teologia nelle università di Tubingen e Regensubrg, oggi salito alla cattedra di Pietro. Un'abitudine, quella dell'incontro con i suoi ex studenti, che il Oapa non ha voluto mancare nemmeno ora, nel suo ruolo di pastore supremo della Chiesa Cattolica, a testimonianza di quanto i rapporti interpersonali e di discepolato intellettuale continuino a essere importanti per l'uomo Joseph Ratzinger. Gli incontri del Ratzinger Schulerkreis, iniziarono ai tempi dellla docenza universitaria del futuro Pontefice in Germania. Erano incontri quindicinali che il professor Ratzinger teneva con tutti i suoi tesisti: momenti in cui si mettevano in comune i dibattiti e il frutto degli studi personali degli studenti, ci si confrontava sotto la supervisione esperta e attenta del docente, che guidava la discussione senza però condizionarne gli esiti, riferisce Gianni Valente, che al "Ratzinger professore" ha dedicato un libro (Edizioni San Paolo, 2008). Dopo la nomina di Joseph Ratzinger ad arcivescovo di Monaco e Frisinga nel 1977 e soprattutto dopo l'arrivo a Roma alla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1981, gli incontri sono diventati annuali e la formula è ovviamente cambiata. Gli ex allievi concordano da un anno all'altro con l'antico maestro sia il tema del dibattito sia il nome di chi dovrà tenere le relazioni. Joseph Ratzinger, da quando è Papa, partecipa solitamente a una sola (o a una mezza) giornata delle due o tre previste: fa colazione o pranza con i suoi allievi, celebra Messa, ascolta i dibattiti e tiene un intervento, di solito conclusivo. Gli incontri sono strettamente privati e a porte chiuse. Anno dopo anno vengono pubblicati gli atti del seminario. Ma chi sono gli allievi di Papa Ratzinger? Non sono solamente vescovi o ecclesiastici di rango, come si potrebbe erroneamente pensare. Chiaramente nella sua carriera di docente Joseph Ratzinger ha tenuto lezione a moltissimi allievi dai destini più disparati. Molti, la maggior parte, sono semplici sacerdoti o parroci, altri, invece, sono diventati teologi come il maestro. Il gruppo che si ritrova a Castel Gandolfo è composto da poche decine di ex allievi, tra i quali il più noto è il cardinale di Vienna Christoph Schonborn, che però ha seguito con Joseph Ratzinger soltanto due semestri di corso. Più importante, per lo Schulerkreis, il contributo del 72enne padre salvatoriano tedesco Stephan Horn, ultimo assistente del professor Ratzinger a Ratisbona e leader del gruppo degli ex allievi, così come lo studioso di giudaismo Peter Kuhn, assistente ai tempi dell'insegnamento a Tubinga, oppure il sacerdote irlandese e studioso di teologia morale Vincent Twomey, allievo dei tempi di Ratisbona. Tra i fedelissimi del Ratzinger Schulerkreis vi sono anche il gesuita americano Joseph Fessio, fondatore della casa editrice cattolica Ignatius Press e il teologo africano Barthélémy Adoukonou, da pochi mesi nominato da Benedetto XVI segretario del Pontificio Consiglio per la Cultura. Dalle testimonianze raccolte da questi ex allievi emergono alcune caratteristiche specifiche dell'insegnare di Papa Ratzinger: innanzitutto la gioia di stare insieme ai suoi alunni e poi il clima di libertà di pensiero che caratterizzava il dibattito teologico e culturale del gruppo. "Il circolo di Joseph Ratzinger era una palestra di opinioni e confronti, in cui il maestro non si imponeva e non rinchiudeva tutte le idee in un unico sistema definito, ma garantiva la relazione con gli studenti, l'obiezione e la critica", spiega Gianni Valente. "Il ruolo del professor Ratzinger era di carattere maieutico: si dedicava a chiarire le questioni, a suggerire degli spunti e delle piste di ricerca, secondo il magistero dei grandi classici della teologia, primo tra tutti Sant' Agostino". L'insegnamento di Ratzinger, prosegue ancora Valente, "affrontava le questioni nodali della cultura moderna in dialogo con la Sacra Scrittura e la tradizione della Chiesa e si distingueva per la ricchezza delle tesi e l'ampiezza dei dibattiti proposti". Nel suo libro, Valente ricorda un commento dell'allora prefetto del seminario di Frisinga, Alfred Laepple, che riferiva le confidenze e l'obiettivo ultimo del Ratzinger docente: "Mentre fai lezione, il massimo è quando gli studenti lasciano da parte la penna e ti stanno a sentire. Finchè continuano a prendere appunti su quello che dici vuol dire che stai facendo bene, ma non li hai sorpresi. Quando lasciano la penna e ti guardano mentre parli, allora vuol dire che forse hai toccato il loro cuore". Entusiastico il ricordo dell'ex allievo Adoukonou, originario del Benin, che in un'intervista a L'Osservatore Romano fa del docente Ratzinger questo ritratto: "Andando a Ratisbona, ho scoperto un teologo brillante, che non leggeva la lezione che aveva preparato dalla cattedra, ma che dava l'impressione di leggerla nel Cielo. Aveva una visione panoramica, storica e sintetica, profonda come si addice a un tedesco e chiara come è proprio di un latino. Il cristocentrismo del suo pensiero m'incantava: lo si ritrovava in tutti gli argomenti che affrontava, con la sua rara capacità di articolazione. Sviluppava il suo pensiero sulla comunione, facile da cogliere, e sintetizzava la molteplicità degli elementi che molti docenti, fra i quali forse anch'io, non sanno sempre ricondurre all'unità, e in tal modo affaticano gli studenti". Negli anni gli incontri di Castel Gandolfo con gli ex allievi hanno affrontato il concetto di Dio nell'islam (2005), creazione ed evoluzione (2006 e 2007), il Gesù storico e il Gesù dei vangeli (2008), la missione della Chiesa (2009). Tutti temi a cui Joseph Ratzinger riserva grande attenzione nel suo pontificato. E di capitale importanza, nella mente del Papa, anche il tema scelto per i dibattiti di quest'anno: l'ermeneutica del Concilio Vaticano II. Ospite e relatore all'incontro 2010 il vescovo svizzero Kurt Koch, nuovo "ministro dell'ecumenismo" vaticano. La questione della corretta interoretazione del Concilio è stata affrontata da Benedetto XVI nel discorso per gli auguri di Natale alla Curia romana nel 2005: un appuntamento che spesso il Pontefice utilizza per indicare le proprie linee programmatiche di governo ecclesiale. Papa Ratzinger, che al Vaticano II è stato perito del cardinale di Colonia Frings, ha dedicato alla rilettura del Vaticano II molte delle sue energie intellettuali e si è battuto contro quelli che riteneva i suoi tradimenti. "Perché la ricezione del Concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile?", si chiedeva il Pontefice nel discorso alla Curia del 2005. "I problemi - proseguiva il Papa - sono nati dal fatto che due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L'una ha causato confusione, l'altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato e porta frutti. La prima interpretazione l'ha chiamata 'ermeneutica della discontinuità e della rottura'. La seconda 'ermeneutica della riforma'". Il Papa chiaramente si colloca dalla parte del rinnovamento nella tradizione, contro l'impostazione di coloro che ritengono che il Vaticano II abbia sovvertito (finalmente) secoli di dottrina superata e non più al passo con i tempi. "Tutto il leit motiv del pontificato - commenta il vaticanista de Il Foglio, Paolo Rodari - potrebbe essere riassunto da uno slogan: rinnovamento senza tradimento, che non è altro che l'interpretazione che Ratzinger dà del Vaticano II. Il Pontefice chiede alla Chiesa, anche oggi, in pieno scandalo pedofilia, di rinnovarsi e rigenerarsi, di guardare avanti ma senza dimenticare la tradizione. Né una resa al mondo nè uno sterile ritorno al passato. Il Papa sta saldamente nel mezzo". "Non sono io che ho tradito il Concilio, sono loro", diceva l'allora card. Ratzinger nel libro-intervista con Vittorio Messori "Rapporto sulla fede" (San Paolo, 1984), riferendosi ai teologi del campo "progressista", come l'ex collega Hans Kung. A distanza di molti anni, queste convinzioni e l'ermeneutica del Vaticano II guidano Papa Ratzinger nel suo approccio di governo della Chiesa, anche in rapporto ai seguaci tradizionalisti di mons. Marcel Lefebvre, che vogliono, per rientrare nella gerarchia cattolica, la condanna degli "errori" del Concilio. Una condanna che Papa Ratzinger, però, non emetterà mai. Saldamente al centro della barca di Pietro. Per cercare di navigare al meglio.

Massimo Donaddio, Il Sole 24 ore