giovedì 9 settembre 2010

Il 'mea culpa' del card. Danneels: dovevo invitare immediatamente Vangheluwe a presentare le dimissioni. Ho mancato di rispetto alla vittima

Il card. Godfried Danneels (foto), ex primate della Chiesa belga, fa 'mea culpa' e in un'intervista alla stampa belga ammette di aver sbagliato a non chiedere le dimissioni del vescovo Roger Vangheluwe, che ha abusato per 13 anni di suo nipote, e di non aver ascoltato adeguatamente la vittima. "Avrei dovuto invitare immediatamente mons. Vangheluwe a presentare le sue dimissioni piuttosto che cercare di riconciliare la famiglia", afferma il porporato, che ha avuto un incontro con i parenti del presule prima che la vicenda divenisse di dominio pubblico. L'ex primate belga contesta di aver voluto insabbiare il caso. "Non ho mai voluto nascondere nulla. Quando mi si dice che la Chiesa può darsi da fare per soffocare i casi, penso che come ogni istituzione essa abbia un riflesso di auto-difesa, ma rifiuto assolutamente l'accusa che ciò mi abbia fatto ammutolire in questo caso". Il card. Danneels ripercorre la sequenza degli eventi che hanno portato alle dimissioni di mons. Vangheluwe e contesta le recenti accuse che gli sono state rivolte dopo che la vittima, ora quarantenne, ha diffuso alla stampa la registrazione del colloquio avuto con Danneels. "Una sera di inizio aprile, mentre stavo rientrando in macchina a Malines, ho ricevuto una telefonata da mons. Vangheluwe che mi ha confidato di aver abusato per anni di uno dei suoi nipoti", racconta l'ex arcivescovo di Bruxelles, figura di riferimento per il cattolicesimo progressista europeo. "Sono caduto dalle nuvole, sconvolto da quel che apprendevo. Sono rimasto praticamente muto, lui ha detto solo che era estremamente grave. Qualche giorno dopo, mi ha richiamato e mi ha domandato se ero pronto ad incontrare alcuni membri della sua famiglia. Mi era sempre stato vicino. Era divenuto mio amico ma non gli ho risposto subito ed ho domandato un tempo di riflessione". Pochi giorni dopo, a Bruges, città di Vangheluwe, il vescovo torna a chiedere a Danneels di incontrare la propria famiglia. Il cardinale resiste, chiede di rinviare l'incontro, ma Vangheluwe lo avverte che i suoi familiari sono già in arrivo. "Ho detto loro che era stato mons. Vangheluwe ad invitarmi. Volevo tornare a casa ma ho accettato di ascoltarli. Ho fatto un enorme errore di valutazione. Non avrei mai dovuto accettare l'invito senza conoscere lo scopo dell'incontro. Quello che il vescovo mi ha detto era che i suoi parenti volevano l'incontro e che ciò avrebbe fatto loro bene. Ma avevo un dubbio: ero stato suo amico e al tempo stesso arcivescovo ed era meglio non mescolare l'amicizia e la relazione di potere. Ho allora domandato di parlare faccia a faccia con la vittima". Quest'ultimo, nipote di Vangheluwe, ha registrato l'incontro all'insaputa di Danneels ed ha recentemente dato la sbobinatura del colloquio alla stampa. Il porporato è stato accusato di voler insabbiare il caso. "Gli ho detto che ero stato appena informato dei fatti", è il racconto del cardinale nell'intervista odierna. "Un'imprudenza da parte mia perché non ne conoscevo i dettagli". "Avrei dovuto prima lasciargli raccontare il suo vissuto - prosegue il card. Danneels - perché non conoscevo l'ampiezza delle sue sofferenze interiori. Voglio ancora scusarmi perché ho mancato di rispetto e di compassione sebbene la famiglia si stesse spazientendo nella camera accanto. Ignoravo ovviamente che la nostra conversazione fosse registrata. Quando ho incontrato gli altri parenti, ho voluto sapere perché per più di un quarto di secolo nessuno aveva mai menzionato gli abusi e pensato di contattare la polizia o la giustizia. Mi sono detto che c'era probabilmente una ragione ma volevo sapere perché ora abbandonavano il loro mutismo. Mi sono domandato anche se non desiderassero mantenere il loro silenzio. Poiché al vescovo mancava un anno dalla pensione, non volevano forse ritardare ancora l'evento? E allora ho detto che si poteva domandare o ottenere il perdono". Prosegue Danneels: "Nella mia opinione, mons. Vangheluwe poteva domandare perdono se la vittima gli concedeva il suo. Una persona presente ha assentito con la testa. Si era conservato così a lungo il silenzio, forse era giunto il momento di voltare pagina. Per la prima volta dagli avvenimenti, il vescovo aveva implorato il perdono dei suoi parenti. Ma il clima era molto teso. Un parente era molto contrario a Roger Vangheluwe, altri sono restati muti. Ho concluso la conversazione suggerendo di organizzare un altro incontro. Ho atteso un segnale che tuttavia non è mai arrivato...". L'intervista ai tre giornali belgi La Libre Belgique, Laatste Nieuws e Knack è stata pubblicata integralmente sul sito della Chiesa belga.

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