giovedì 9 settembre 2010

'L'Osservatore Romano': quel timido professore ha imparato così bene a fare il Papa. I suoi gesti trasmettono entusiasmo e un senso di protezione

Benedetto XVI ha "un modo assolutamente unico e personale" di comunicare: "nei gesti, nel volto, fin dall'inizio, si vedono la timidezza e la fatica di stare sotto i riflettori, cioè il riserbo profondo di un uomo di pensiero costretto a diventare un'icona pubblica". Ma "quel timido professore ha imparato così bene a fare il Papa", scrive oggi L'Osservatore Romano, sottolineando che "il suo riserbo non è camuffato, ma visibile, e proprio per questo molto simpatico, come tutte le debolezze umane confessate. Ed è superato grazie a un grandissimo amore per la Chiesa, intendendo ovviamente non solo quella che è a Roma, con la Curia e il Vaticano, ma soprattutto i fedeli che lo accolgono con affetto in tutto il mondo". "I suoi sorrisi, il suo allargare le braccia e il suo caratteristico salutare muovendo le dita - spiega Lucetta Scaraffia, la docente di storia contemporanea a La Sapienza che firma l'articolo a commento del recente documentario tedesco sui primi 5 anni di Pontificato - sono veramente pieni di gioia e di affetto, e trasmettono entusiasmo. Ma anche un senso di protezione: un timido professore tedesco che riesce a offrirsi con tanto amore alle folle, a mostrarsi mentre prega, per lui certo uno dei momenti fondamentali e più toccanti della vita, ma anche più intimi, nei luoghi sacri più importanti del mondo, dal Santo Sepolcro alla grotta di Lourdes, quest'uomo sicuramente sa guidare il suo gregge". E "se i viaggi sono i momenti in cui questa donazione è più palese", essa, rileva la Scaraffia, "traspare anche nelle sequenze che lo riprendono nella sua cappella privata in Vaticano: quando dice messa in apparenza per pochi, in realtà, si capisce dall'intensità del volto, per tutti. Dalle immagini infatti si scorgono la dedizione e l'amore senza riserve che guidano il suo cammino, si vede la capacità di superare se stesso e la propria natura, grazie a una donazione totale di sè. E allora - conclude l'articolo - capiamo che non basta ascoltare con attenzione le sue parole, sempre così meditate e importanti, mai semplicemente di circostanza, ma dobbiamo anche guardare il suo viso e le sue mani".