giovedì 14 ottobre 2010

Sesta Congregazione generale. Tra i temi il dialogo con l'islam illuminato, l’uguaglianza dei diritti e il rafforzamento dei mezzi di comunicazione

Dialogare con i “musulmani illuminati” per interpretare le leggi islamiche nel loro contesto storico e capire se la minaccia di morte per il musulmano che si converte ad un’altra religione proviene dallo stesso Profeta Maometto o da un califfo al tempo delle conquiste musulmane. Il tema della tolleranza della religione islamica è stata al centro, questa mattina, di alcuni interventi dei Padri Sinodali durante la sesta Congregazione generale del Sinodo per il Medio Oriente. Mons. Cyrille Salim Bustros, arcivescovo di Newton dei greco-melkiti (Usa) ha chiesto di aprire un dialogo con i “musulmani illuminati” per chiarire “il principio di tolleranza fissato dal Corano” che “deve venire prima di ogni legislazione stabilita in seguito”. “La società musulmana – ha detto il presule - non ha nulla da temere dal passaggio di alcuni musulmani al cristianesimo. Il primo principio di ogni società – ha puntualizzato - è l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Il rispetto della coscienza individuale è il segno di riconoscimento della dignità della persona umana. Il XXI secolo è iniziato con l’essere il secolo del conflitto tra civiltà. E’ dovere dei cristiani e dei musulmani lavorare insieme per trasformarlo in un secolo di cooperazione tra civiltà per la promozione dei diritti umani e della pace nel mondo”. Sul tema si è espresso anche mons. Camillo Ballin, vicario apostolico di Kuwait, il quale ha ricordato che il Golfo, nella tradizione musulmana, “è terra sacra del Profeta e non dovrebbe esservi nessun’altra religione”. Tuttavia ha ricordato mons. Ballin, nel Golfo vivono circa 3 milioni di cattolici, la cui cura pastorale non può essere né “occultata” né “limitata” alla sola messa domenicale. “Chiediamo ai nostri fratelli musulmani di darci lo spazio per poter pregare in modo corretto” ha aggiunto il vescovo che, in conclusione ha esortato le Chiese a riscoprire la propria “dimensione missionaria”. “Una Chiesa che non ha spirito missionario, è destinata a vivere una vita che non è la vita ‘in abbondanza’ voluta dal Signore. E’ importante formare i cristiani nelle nostre chiese a uno spirito veramente cattolico e universale, in grado di spezzare le catene del provincialismo, anche religioso, del nazionalismo e del razzismo latente”. I fedeli della tormentata regione del Medio Oriente hanno il diritto di sperare e si aspettano molto da questo Sinodo: lo hanno a gran voce i vescovi, ribadendo che la regione mediorientale alterna pagine cupe a momenti di luce. Se in Libano, infatti, la Chiesa ha un ruolo primordiale e in certi Paesi del Golfo si contano nuove chiese o che Arabia Saudita si incoraggiano gli incontri interreligiosi, è anche vero che dove l’Islam è religione di Stato, la libertà religiosa manca, le leggi sull’immigrazione sono restrittive, i sacerdoti scarseggiano. Come conciliare tutto questo, chiede il Sinodo, con la tolleranza di cui parla il Corano, se manca la libertà di coscienza e i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge? In questo contesto è quindi importante rilanciare anche i sistemi di comunicazione che favoriscono la conoscenza reciproca, dettando l’agenda del pensiero delle persone. Spazio allora alla formazione mass mediatica non solo per i laici, ma anche per i seminaristi, in particolare alla cultura digitale, presente ormai anche nelle diverse nazioni del Medio Oriente. Altro tema forte trattato in Aula: l’evangelizzazione della famiglia, spesso attaccata dalla cultura occidentale che parla di divorzio o di contraccettivi. Il nucleo familiare va quindi recuperato come Chiesa domestica, fulcro della trasmissione della fede. I vescovi, poi, fanno autocritica: i cristiani non conoscono bene il Vangelo e le nostre divisioni causano dubbi e sofferenze. Come possono i fedeli guardare ad una Chiesa che non è in comunione? È giunto il momento, allora, di camminare insieme per il bene del popolo di Dio, perché la questione ecumenica in Medio Oriente è una delle principali sfide per la Chiesa di oggi. Per questo, il Sinodo suggerisce di creare le “Giornate Ecumeniche Mediorientali”, sul modello delle GMG. E ancora: l’Aula affronta la questione delle migrazioni, perché gli immigrati sono spesso “crocifissi” tra i Paesi di origine e quelli di accoglienza. Bisogna quindi incoraggiare i cristiani di Oriente a restare nei loro Paesi perché la loro presenza non è un caso, ma la volontà di Dio. Dall’altro lato, però, l’immigrazione giustificata è un diritto inalienabile, in linea con il rispetto della libertà e della dignità umana. Su tutto emerge, comunque, un messaggio fondamentale: bisogna passare dal concetto dell’aiuto dei cristiani d’Oriente a quello dello sviluppo, per radicarli nelle loro terre. Infine, ai Padri Sinodali è giunto il saluto del card. Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha auspicato al Sinodo di guardare anche all’Estremo Oriente, per far sì che la Parola di Dio venga conosciuta anche in quelle regioni.

SIR, Radio Vaticana