Nell'omelia, il Pontefice ha commentato le parole del Vangelo secondo cui Cristo è venuto per servire, ''e dare la propria vita in riscatto per molti''. ''Per i discepoli - ha spiegato Papa Ratzinger - che vogliono seguire e imitare Cristo, servire il fratello non è più una mera opzione, ma parte essenziale del proprio essere. Un servizio che non si misura in base ai criteri mondani dell'immediato, del materiale e dell'apparente, ma perchè rende presente l'amore di Dio per tutti gli uomini e in tutte le loro dimensioni, e dà testimonianza di Lui, anche con i gesti più semplici''. ''Nel proporre questo nuovo modo di relazionarsi nella comunità, basato sulla logica dell'amore e del servizio - ha quindi aggiunto il Pontefice -, Gesù si rivolge anche ai 'capi dei popoli', perchè dove non vi è impegno per gli altri sorgono forme di prepotenza e sfruttamento che non lasciano spazio a un'autentica promozione umana integrale''. ''Vorrei - ha concluso - che questo messaggio giungesse soprattutto ai giovani: proprio a voi, questo contenuto essenziale del Vangelo indica la via perchè, rinunciando a un modo di pensare egoistico, di breve portata, come tante volte vi si propone, e assumendo quello di Gesù, possiate realizzarvi pienamente ed essere seme di speranza''.
“Questo è ciò che ci ricorda anche la celebrazione di questo Anno Santo Compostelano. E questo è quello che nel segreto del cuore, sapendolo esplicitamente o sentendolo senza saperlo esprimere a parole, vivono tanti pellegrini che camminano fino a Santiago di Compostela per abbracciare l’Apostolo”. “La stanchezza dell’andare, la varietà dei paesaggi, - ha continuato il Papa - l’incontro con persone di altra nazionalità, li aprono a ciò che di più profondo e comune ci unisce agli uomini: esseri in ricerca, esseri che hanno bisogno di verità e di bellezza, di un’esperienza di grazia, di carità e di pace, di perdono e di redenzione...Chi compie il pellegrinaggio a Santiago, in fondo, lo fa per incontrarsi soprattutto con Dio, che, riflesso nella maestà di Cristo, lo accoglie e benedice nell’arrivare al Portico della Gloria”. Il Papa ha voluto ricordare che Dio non è il nemico dell'uomo. “È una tragedia che in Europa, soprattutto nel XIX secolo, si affermasse e diffondesse la convinzione che Dio è l’antagonista dell’uomo e il nemico della sua libertà”. “Dio è l’origine del nostro essere e il fondamento e culmine della nostra libertà, non il suo oppositore”, ha sottolineato il Papa. “Come è possibile che si sia fatto pubblico silenzio sulla realtà prima ed essenziale della vita umana?”. “Noi uomini non possiamo vivere nelle tenebre, senza vedere la luce del sole. E, allora, com’è possibile che si neghi a Dio, sole delle intelligenze, forza delle volontà e calamita dei nostri cuori, il diritto di proporre questa luce che dissipa ogni tenebra?”, si è chiesto il Papa. Di fronte a un paganesimo che propugna una visione di un Signore invidioso e contrario all'uomo, ha dichiarato, “è necessario che Dio torni a risuonare gioiosamente sotto i cieli dell’Europa”. Allo stesso modo, è necessario che il nome di Dio, “questa parola santa”, “non si pronunci mai invano; che non venga stravolta facendola servire a fini che non le sono propri”. “Occorre che venga proferita santamente. È necessario che la percepiamo così nella vita di ogni giorno, nel silenzio del lavoro, nell’amore fraterno e nelle difficoltà che gli anni portano con sé”. Per questo motivo, il Papa ha sottolineato che “il contributo specifico e fondamentale della Chiesa a questa Europa, che ha percorso nell’ultimo mezzo secolo un cammino verso nuove configurazioni e progetti”, è “che Dio esiste e che è Lui che ci ha dato la vita”. “Solo Lui è assoluto, amore fedele e immutabile, meta infinita che traspare dietro tutti i beni, verità e bellezze meravigliose di questo mondo; meravigliose ma insufficienti per il cuore dell’uomo”. L'Europa, ha aggiunto il Papa, “deve aprirsi a Dio, uscire all’incontro con Lui senza paura, lavorare con la sua grazia per quella dignità dell’uomo che avevano scoperto le migliori tradizioni: oltre a quella biblica, fondamentale a tale riguardo, quelle dell’epoca classica, medievale e moderna, dalle quali nacquero le grandi creazioni filosofiche e letterarie, culturali e sociali dell’Europa”. La croce dei cammini che conducono a Santiago, “segno supremo dell’amore portato fino all’estremo, e perciò dono e perdono allo stesso tempo, dev’essere la nostra stella polare nella notte del tempo”. “Non smettete di imparare le lezioni di questo Cristo dei crocicchi dei cammini e della vita, in lui ci viene incontro Dio come amico, padre e guida. O Croce benedetta, brilla sempre nelle terre dell’Europa!”, ha esclamato Benedetto XVI. Il Pontefice ha poi voluto avvertire l'Europa del pericolo di vivere dando le spalle a Dio. “Lasciate che proclami da qui la gloria dell’uomo, che avverta delle minacce alla sua dignità per la privazione dei suoi valori e ricchezze originari, l’emarginazione o la morte inflitte ai più deboli e poveri”, ha affermato. “Non si può dar culto a Dio senza proteggere l’uomo suo figlio e non si serve l’uomo senza chiedersi chi è suo Padre e rispondere alla domanda su di lui”. “L’Europa della scienza e delle tecnologie, l’Europa della civilizzazione e della cultura, deve essere allo stesso tempo l’Europa aperta alla trascendenza e alla fraternità con altri continenti, al Dio vivo e vero a partire dall’uomo vivo e vero”. “Questo è ciò che la Chiesa desidera apportare all’Europa: avere cura di Dio e avere cura dell’uomo, a partire dalla comprensione che di entrambi ci viene offerta in Gesù Cristo”, ha rimarcato. Per questo, ha invitato i cristiani a “seguire l’esempio degli apostoli, conoscendo il Signore ogni giorno di più e dando una testimonianza chiara e valida del suo Vangelo”. “Non vi è maggior tesoro che possiamo offrire ai nostri contemporanei”, ha sottolineato.
Zenit, Asca
VIAGGIO APOSTOLICO A SANTIAGO DE COMPOSTELA E BARCELONA (6 - 7 NOVEMBRE 2010) (IV) - il testo integrale dell'omelia del Papa