venerdì 5 novembre 2010

Il Papa: la vita consacrata non potrà mai morire né mancare nella Chiesa, è stata voluta da Gesù come parte inamovibile. Tutti promuovano le vocazioni

La vita consacrata “non potrà mai morire” nella Chiesa, perché è stato Cristo stesso a scegliere per sé questo modo di essere nel mondo: povero, casto e obbediente. Lo ha affermato Benedetto XVI nell’udienza concessa questa mattina al gruppo di presuli brasiliani della regione “Sud II”, ricevuti nella Sala del Concistoro in visita ad Limina apostolorum. “Questa casa è anche vostra: siate i benvenuti! In essa potete sperimentare l'universalità della Chiesa di Cristo che si estende fino ai confini estremi della terra”. “Ognuna delle vostre Chiese particolari, cari vescovi, è il generoso punto generoso di arrivo della missione universale”, ha aggiunto il Papa, per il quale “la giusta relazione tra 'universale’ e ‘particolare’ si verifica non quando l’universale retrocede davanti al particolare, ma quando il particolare si apre all’universale”. Nell’idea divina, “la Chiesa è una sola”. Dal Papa poi una rassicurazione che suona incontrovertibile: il calo delle vocazioni, l’invecchiamento degli Istituti non sono il segno di un declino che porterà primo o dopo all’estinzione della vita religiosa nella Chiesa. Semplicemente, essa non potrà scomparire perché “ha origine con il Signore stesso che ha scelto per sé questo modo di vivere casto, povero e obbediente". “La vita consacrata non potrà mai morire né mancare nella Chiesa: è stata voluta da Gesù stesso come parte inamovibile della sua Chiesa. Di qui l'appello a un generale impegno nella pastorale vocazionale: se la vita consacrata è un bene di tutta la Chiesa, che riguarda tutti, una pastorale volta a promuovere le vocazioni alla vita consacrata deve essere un impegno sentito da tutti i vescovi, i sacerdoti , religiosi e laici”. Se dunque non è a rischio l’esistenza degli Istituti religiosi, bisogna però riflettere su come la proposta di seguire Cristo lungo la via dei consigli evangelici debba essere curata al giorno d’oggi. Benedetto XVI si è soffermato sul “delicato rapporto” che intercorre, ha detto, “tra le necessità pastorali della Chiesa particolare e la specificità carismatica di una comunità religiosa”. E citando un passaggio di un documento specifico del 1994, intitolato “La vita fraterna in comunità”, ha ribadito: “Come la comunità religiosa non può agire indipendentemente o in alternativa o meno ancora contro le direttive e la pastorale della Chiesa particolare, così la Chiesa particolare non può disporre a suo piacimento, secondo le sue necessità, della comunità religiosa o di alcuni suoi membri”. Chiarito l’equilibrio che deve regolare il rapporto tra Chiesa locale e un Istituto religioso, e riaffermato che ogni comunità di consacrati, di antica o recente tradizione, “arricchisce la Chiesa di cui è parte viva”, il Pontefice ha preso in considerazione il nodo del rinnovamento interno che investe ogni Congregazione. Rinnovamento, ha asserito, che “dipende principalmente dalla formazione dei membri”. “La capacità formativa di un Istituto, sia nella sua fase iniziale che in quelle successive, è fondamentale per l’intero processo di rinnovamento. Se, infatti, la vita consacrata è in se stessa una progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo, sembra evidente che tale cammino non potrà che durare tutta l'esistenza, per coinvolgere tutta la persona”. La formazione rappresenta, dunque, “un modo teologico di pensare la propria vita consacrata”. Benedetto XVI ha concluso invitando i presuli brasiliani a portare alle comunità di consacrati delle loro diocesi “la profonda gratitudine del Papa, che tutte e tutti ricorda nelle sue preghiere”.