Radio Vaticana, Zenit
sabato 18 dicembre 2010
Il Papa: attraverso le piaghe di Cristo possiamo vedere con occhi di speranza i mali che affliggono l'umanità, vinti alla radice dalla Risurrezione
Nessun malato si senta dimenticato o emarginato: è l’esortazione di Benedetto XVI nel Messaggio per la XIX Giornata Mondiale del Malato, pubblicato questa mattina dalla Sala stampa della Santa Sede, che si celebra l’11 febbraio prossimo, memoria della Beata Vergine di Lourdes, sul tema “Dalle sue piaghe siete stati guariti”. Se ogni uomo “è nostro fratello, tanto più il debole”, il malato “devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato”. Benedetto XVI ribadisce che “la misura dell’umanità” si determina innanzitutto nel rapporto con il sofferente. "Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana", afferma riprendendo l'Enciclica Spe Salvi. Di qui, l’appello alle autorità “affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi”. “Ho ancora nel cuore - prosegue il messaggio - il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati". Riconosce che la sofferenza, rimane “carica di mistero, difficile da accettare e da portare”, un “banco di prova per la fede dei discepoli e per la nostra fede”. Eppure, avverte il Papa, “è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l’umanità”. Risorgendo, scrive Benedetto XVI, “il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice”. Alla “prepotenza del Male”, rassicura il Papa, “ha opposto l’onnipotenza del suo Amore”. Riecheggiando San Bernardo, evidenzia che Dio “ha voluto soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo reale, in carne e sangue”. Condividendo la sofferenza, dunque, il Signore diffonde la sua consolazione, ci rende partecipi dell’amore di Dio. Il Papa dedica dunque un passaggio del documento alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid 2011, rivolgendo un pensiero particolare ai giovani che “vivono l’esperienza della malattia. Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il “sì” di Dio all'uomo, l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo". In questo contesto, incoraggia i giovani a imparare “a 'vedere' e a 'incontrare' Gesù nell'Eucaristia, dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino”, esortandoli a saperlo “riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà”, che hanno bisogno del loro aiuto. “A tutti voi giovani, malati e sani, ripeto l'invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo, ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli”, ribadisce.Allo stesso modo, invita le autorità “affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi”, inviando poi “un affettuoso saluto” “ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, ai seminaristi, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le piaghe di ogni fratello o sorella ammalati, negli ospedali o Case di Cura, nelle famiglie”.