lunedì 3 gennaio 2011

Gli esponenti di tutte le religioni ad Assisi per pregare per la pace. La visione del Papa dell'incontro e il dialogo interreligioso nel Pontificato

La convocazione da parte di Benedetto XVI di esponenti di tutte le religioni ad Assisi, per pregare per la pace, 25 anni dopo il primo storico incontro di questo genere voluto da Papa Wojtyla, "impegna la Chiesa Cattolica al dialogo tra tutti i credenti come una delle chiavi per aiutare il mondo ad avere una anima non violenta", commenta il portavoce della Comunità di Sant'Egidio Mario Marazziti, il giorno di Capodanno in Piazza San Pietro con i circa 12.000 esponenti della Comunità che hanno partecipato alla iniziativa "Pace in tutte le terre", issando gli striscioni con i nomi di tutti i Paesi del mondo in guerra. Dunque, Joseph Ratzinger come Karol Wojtyla. Venticinque anni dopo, Benedetto XVI ripercorrerà le orme del suo predecessore quando, nell'ottobre prossimo, si recherà ad Assisi per un incontro dedicato alla pace con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane e delle altre religioni. Ad annunciarlo è stato il Papa in persona in occasione dell'Angelus della Giornata Mondiale della Pace che la Chiesa Cattolica celebra il primo dell'anno. La svolta è epocale. Il dialogo con le altre religioni, nel corso del Pontificato di Papa Ratzinger, ha avuto alti e bassi. All'epoca in cui Giovanni Paolo II convocò l'incontro del 1986, si disse che l'allora card. Ratzinger era perplesso per il rischio di sincretismo insito in una simile manifestazione. Indiscrezione mai confermata ufficialmente, che sembrarono trovare conferma però nel 2006, quando ricorse il ventesimo anniversario dell'evento. Joseph Ratzinger, eletto nel frattempo al soglio pontificio, inviò a mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, una lettera ricca di precisazioni e puntualizzazioni. Pur riconoscendo che l'incontro del 1986 era stato una "puntuale profezia" di Giovanni Paolo II, il nuovo Papa spiegava: "Per non equivocare sul senso di quanto, nel 1986, Giovanni Paolo II volle realizzare, e che, con una sua stessa espressione, si suole qualificare come 'spirito di Assisi', è importante non dimenticare l'attenzione che allora fu posta perché l'incontro interreligioso di preghiera non si prestasse ad interpretazioni sincretistiche, fondate su una concezione relativistica". In riferimento ai rappresentanti delle altre fedi, nella lettera datata 2 settembre 2006 Benedetto XVI aggiungeva: "Come noi cristiani, anch'essi sanno che nella preghiera è possibile fare una speciale esperienza di Dio e trarne efficaci stimoli nella dedizione alla causa della pace. E' doveroso tuttavia, anche in questo, evitare inopportune confusioni. Perciò, anche quando ci si ritrova insieme a pregare per la pace, occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni". Ancora: "La convergenza dei diversi non deve dare l'impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla". Di lì a poco, il 12 settembre, il Papa pronunciò, nella cittadina bavarese di Ratisbona, un celebre discorso che, per alcuni riferimenti alla dottrina dell'islam, fece infuriare molti esponenti musulmani in giro per il mondo. Il nuovo Segretario di Stato Tarcisio Bertone gettò acqua sul fuoco, lo stesso Benedetto XVI precisò che non era sua intenzione offendere la religione del profeta Maometto. Seguì un incontro a Castel Gandolfo con un gruppo di rappresentanti musulmani. A fine novembre, infine, Benedetto XVI compì un viaggio programmato da molto tempo che assunse, però, il valore di una rappacificazione con l'islam: si recò in Turchia e, nella moschea blu di Istanbul, sostò un paio di minuti in un atteggiamento di meditazione che a diversi osservatori sembrò una vera e propria preghiera in un luogo di culto musulmano. Qualche mese dopo, poi, il Papa tornò su una decisione presa in precedenza. Nei mesi precedenti aveva accorpato il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso al Pontificio consiglio della Cultura, ma a giungo del 2007 tornò a dare autonomia al dicastero vaticano responsabile dei rapporti con l'islam e le altre religioni e nominò alla sua guida il cardinale francese Jean-Louis Tauran, ministro degli Esteri della Santa Sede all'epoca di Wojtyla. Se era inizialmente sembrato in secondo piano nelle preoccupazioni del Papa, il dialogo interreligioso acquistò sempre più importanza. Ad immortalare l'attenzione di Benedetto per i rappresentanti delle altre fedi, una momento che lo ritrae a Nazareth, nel maggio 2009, mano nella mano con un rabbino israeliano e un leader druso, intonare un comune canto per la pace (foto).

Giacomo Galeazzi, La Stampa