venerdì 22 aprile 2011

Celebrazione della Passione del Signore. Il Papa in adorazione della Croce. Cantalamessa: se non si riconosce che è Dio il dolore umano senza risposta

Questo pomeriggio, Venerdì Santo, Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la Celebrazione della Passione del Signore. All’inizio del rito il Santo Padre si è inginocchiato alcuni minuti davanti all'atare della Confessione. Durante la Liturgia della Parola, è stato riascoltato il racconto della Passione secondo Giovanni; quindi il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ha tenuto l’omelia. Dopo la Preghiera universale il Papa in ginocchio, in silenzio, ai piedi della Croce; poi senza scarpe, in segno di penitenza, ha baciato il crocifisso offrendolo alla contemplazione dei fedeli. La Liturgia della Passione si è conclusa con la Santa Comunione.
“Qui, inchiodato al legno c’è Dio in persona”, senza questa verità di fede da proclamare forte il Venerdì Santo, ha detto nell'omelia padre Cantalamessa, "il dolore umano resta senza risposta”. Dio invece scegliendo di bere dal calice amaro del dolore ha dimostrato che in fondo a questo calice ci deve essere una perla: la risurrezione. La meditazione del predicatore della Casa Pontificia si è mossa da una serie di interrogativi suscitati dai terribili fatti dell’attualità. “Come avere il coraggio di parlare dell’amore di Dio – ha detto Cantalamessa -, mentre abbiamo davanti agli occhi tante sventure umane, come la catastrofe abbattutasi sul Giappone, o le tragedie consumatesi in mare nelle ultime settimane. Non parlarne affatto? Ma rimanere del tutto in silenzio sarebbe tradire la fede e ignorare il senso del mistero che stiamo celebrando”.
“Se la corsa per la vita finisse quaggiù, ci sarebbe davvero da disperarsi”. Il pensiero di padre Cantalemssa si è rivolto anche ai “milioni e forse miliardi di esseri umani che partono svantaggiati, inchiodati dalla povertà e dal sottosviluppo al punto di partenza, e questo mentre alcuni pochi si concedono ogni lusso e non sanno come spendere le somme spropositate che guadagnano”. Di fronte a questa umanità sofferente, la risposta della Croce non può essere “solo per noi cristiani” ma “per tutti”. "Lo Spirito Santo offre a ogni uomo la possibilità di essere associato al mistero pasquale” proprio attraverso la sofferenza. Oggi, ha riscontrato, “il mondo cristiano è tornato ad essere visitato dalla prova del martirio che si credeva finita con la caduta dei regimi totalitari”: “Proprio oggi, Venerdì Santo del 2011, in un grande paese dell’Asia, i cristiani hanno pregato e marciato in silenzio per le vie di alcune città per scongiurare la minaccia che incombe su di loro...E come non rimanere ammirati dalle parole scritte nel suo testamento dall’uomo politico cattolico, Shahbaz Bhatti, ucciso per la sua fede, il mese scorso? Il suo testamento è lasciato anche a noi, suoi fratelli di fede, e sarebbe ingratitudine lasciarlo cadere presto nell’oblio”. “Anche il mondo – ha aggiunto padre Cantalamessa – si inchina davanti ai testimoni moderni della fede”. Si spiega così l’inatteso successo in Francia del film “Uomini di Dio” sull’uccisione dei sette monaci cistercensi a Tibhirine nel Marzo 1996. “Ma i martiri cristiani non sono i soli a soffrire e a morire intorno a noi”, ha constatato il padre francescano ricordando e tragedie consumatesi in mare nelle ultime settimane e la catastrofe abbattutasi sul Giappone. “Cosa possiamo offrire a chi non crede, oltre la nostra certezza di fede che c’è un riscatto per il dolore?”, si è chiesto il predicatore.
“Possiamo soffrire con chi soffre, piangere con chi piange. Prima di annunciare la risurrezione e la vita, davanti al lutto delle sorelle di Lazzaro, Gesù ‘scoppio in pianto’. In questo momento, soffrire e piangere, in particolare, con il popolo giapponese, reduce da una delle più immani catastrofi naturali della storia. Possiamo anche dire a questi fratelli in umanità che siamo ammirati della loro dignità e dell’esempio di compostezza e mutuo soccorso che hanno dato al mondo”. “La globalizzazione ha almeno questo effetto positivo: il dolore di un popolo diventa il dolore di tutti, suscita la solidarietà di tutti. Ci dà occasione di scoprire che siamo una sola famiglia umana, legata nel bene e nel male. Ci aiuta a superare le barriere di razza, colore e religione”. "Terremoti, uragani e altre sciagure che colpiscono insieme colpevoli e innocenti non sono mai un castigo di Dio. Dire il contrario, significa offendere Dio e gli uomini". Le sciagure naturali, chiarisce inoltre padre Cantalamessa, "sono però un ammonimento: in questo caso, l'ammonimento a non illuderci che basteranno la scienza e la tecnica a salvarci. Se non sapremo imporci dei limiti, possono diventare proprio esse, lo stiamo vedendo, la minaccia più grave di tutte". “Ci fu un terremoto anche al momento della morte di Cristo – ha ricordato il sacerdote cappuccino – ma ce ne fu un altro ancora più grande al momento della sua risurrezione. Così sarà sempre. A ogni terremoto di morte succederà un terremoto di risurrezione e di vita”.

SIR, Corriere della Sera.it, Radio Vaticana

Omelia di padre Raniero Cantalamessa