Al Mistero della morte di Gesù, Papa Benedetto XVI ha dedicato un intenso capitolo della seconda parte del libro su Gesù di Nazaret, pubblicato il 10 marzo scorso. “La prima parola di Gesù sulla croce”, scrive Benedetto XVI, “è la richiesta del perdono” per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. “Ciò che il Signore ha predicato nel discorso della montagna – sottolinea il Papa – lo compie qui personalmente. Egli non conosce alcun odio. Non grida vendetta. Implora il perdono per quanti lo mettono in croce”. Joseph Ratzinger si sofferma sul motivo di questa richiesta al Padre: “Non sanno quello che fanno”. Dunque, “l’ignoranza riduce la colpa – lascia aperta la via verso la conversione”. “Ma – avverte il Papa – non è semplicemente una scusante, perché rivela al tempo stesso un’ottusità del cuore, un’ottusità che resiste all’appello della verità”.
“A maggior ragione rimane una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini il fatto che il Signore, a riguardo sia di coloro che veramente non sapevano – i carnefici – sia di coloro che sapevano e lo avevano condannato, pone l’ignoranza quale motivo della richiesta di perdono – la vede come porta che può aprirci alla conversione”.
Benedetto XVI si sofferma dunque sul grido di abbandono di Gesù sulla Croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Secondo gli evangelisti, si legge nel libro, le persone circostanti “non hanno compreso l’esclamazione di Gesù, ma l’hanno interpretata come un grido verso Elia”. “Solo la comunità credente – spiega il Papa – ha compreso l’esclamazione di Gesù, non capita e fraintesa dai circostanti, come l’inizio del Salmo 22 e, in base a ciò, ha potuto intenderlo come grido veramente messianico”.
“Non è un qualsiasi grido di abbandono. Gesù recita il grande Salmo dell’Israele sofferente e assume così in sé tutto il tormento non solo di Israele, ma di tutti gli uomini che soffrono in questo mondo per il nascondimento di Dio. Egli porta davanti al cuore di Dio stesso il grido d’angoscia del mondo tormentato dall’assenza di Dio. Si identifica con l’Israele sofferente, con l’umanità che soffre a causa del ‘buio di Dio’, assume in sé il suo grido, il suo tormento, tutto il suo bisogno di aiuto e con ciò, al contempo, li trasforma”.
Ecco dunque la trasformazione che porta la morte di Gesù: “Riconciliazione, espiazione e salvezza”. “La Chiesa nascente, sotto la guida dello Spirito Santo”, afferma il Papa, è “lentamente penetrata nella verità più profonda della croce, mossa dal desiderio di capire almeno da lontano il motivo e lo scopo di essa”. I primi cristiani, soggiunge, comprendono che “con la croce di Cristo, gli antichi sacrifici del tempio erano definitivamente superati. Era accaduto qualcosa di nuovo”.
“Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro, con l’anima di Gesù Cristo e così con lo stesso Figlio di Dio. Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario: dove il mondo, con tutta la sua ingiustizia e con le sue crudeltà che lo inquinano viene a contatto con l’immensamente Puro – là, Egli, il Puro, si rivela al contempo il più forte. In questo contatto, lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito”.
Radio Vaticana