venerdì 22 aprile 2011

'Domande su Gesù' (2). Il Papa: la Redenzione vale anche per il passato. Pure la materia è destinata all'eternità. In Maria a tutti è data una madre

La quinta domanda. La "discesa dell'anima di Gesù non si deve immaginare come un viaggio geografico, locale, da un continente all'altro. E' un viaggio dell’anima”, infatti la sua anima “è sempre in contatto con il Padre, ma nello stesso tempo quest’anima umana si estende fino agli ultimi confini dell’essere umano. In questo senso va in profondità, va ai perduti, va a tutti quanti non sono arrivati alla meta della loro vita, e trascende così i continenti del passato”. Il Papa lo ha detto rispondendo alla domanda se come Gesù, dopo la morte, anche a noi discenderemo agli Inferi, prima di salire al Cielo. Questa parola della discesa del Signore agli Inferi “vuol soprattutto dire che anche il passato è raggiunto da Gesù, che l’efficacia della Redenzione non comincia nell’anno zero o trenta, ma va anche al passato, abbraccia il passato, tutti gli uomini di tutti i tempi. I Padri dicono, con un’immagine molto bella, che Gesù prende per mano Adamo ed Eva, cioè l’umanità, e la guida avanti, la guida in alto”, e "crea così l’accesso a Dio, perché l’uomo, di per sé, non può arrivare fino all’altezza di Dio". La “discesa agli Inferi, cioè nelle profondità dell’essere umano, nelle profondità del passato dell’umanità, è una parte essenziale della missione di Gesù, della sua missione di Redentore e non si applica a noi. La nostra vita è diversa, noi siamo già redenti dal Signore e noi arriviamo davanti al volto del Giudice, dopo la nostra morte, sotto lo sguardo di Gesù, e questo sguardo da una parte sarà purificante: penso che tutti noi, in maggiore o minore misura, avremo bisogno di purificazione”. "Lo sguardo di Gesù - ha concluso - ci purifica e poi ci rende capaci di vivere con Dio, di vivere con i Santi, di vivere soprattutto in comunione con i nostri cari che ci hanno preceduto".
La sesta domanda. “Non possiamo definire il corpo glorioso perché sta oltre le nostre esperienze”, ma Gesù ci ha dato dei segni per capire “in quale direzione dobbiamo cercare questa realtà”. Benedetto XVI lo ha detto rispondendo ad una domanda su cosa significa che dopo la Risurrezione il corpo di Cristo è glorioso. Il primo segno è che “la tomba è vuota. Cioè, Gesù non ha lasciato il suo corpo alla corruzione, ci ha mostrato che anche la materia è destinata all’eternità, che realmente è risorto, che non rimane una cosa perduta”. Il secondo punto è che “Gesù non muore più, cioè sta sopra le leggi della biologia, della fisica”. Quindi “c’è una condizione nuova, diversa, che noi non conosciamo, ma che si mostra” in Gesù ed “è la grande promessa per noi tutti che c’è un mondo nuovo, una vita nuova, verso la quale noi siamo in cammino”. "Essendo in queste condizioni, Gesù ha la possibilità di farsi palpare, di dare la mano ai suoi, di mangiare con i suoi, ma tuttavia sta sopra le condizioni della vita biologica, come noi la viviamo". Gesù “è un vero uomo, non un fantasma, che vive una vera vita, ma una vita nuova che non è più sottomessa alla morte e che è la nostra grande promessa”. “Nell’Eucaristia – ha aggiunto -, il Signore ci dona il suo corpo glorioso, non ci dona carne da mangiare nel senso della biologia, ci dà se stesso, questa novità che Lui è, entra nel nostro essere uomini, nel nostro, nel mio essere persona, come persona, e ci tocca interiormente con il suo essere, così che possiamo lasciarci penetrare dalla sua presenza, trasformare nella sua presenza. È un punto importante, perché così siamo già in contatto” con “questo nuovo tipo di vita, essendo Lui entrato in me, e io sono uscito da me e mi estendo verso una nuova dimensione di vita. Io penso che questo aspetto della promessa, della realtà che Lui si dà a me e mi tira fuori da me, in alto, è il punto più importante: non si tratta di registrare cose che non possiamo capire, ma di essere in cammino verso la novità che comincia, sempre, di nuovo, nell’Eucaristia".
La settima domanda. L’ultima risposta del Papa nella trasmissione “A Sua immagine” è stata su Maria, sotto la croce, affidata da Gesù a Giovanni. “Queste parole di Gesù – ha affermato Benedetto XVI - sono soprattutto un atto molto umano” di “amore per la madre” che affida “al giovane Giovanni perché sia sicura. Una donna sola, in Oriente, in quel tempo, era in una situazione impossibile”. In Giovanni, comunque, “Gesù affida tutti noi, tutta la Chiesa, tutti i discepoli futuri, alla madre e la madre a noi. E questo si è realizzato nel corso della storia: sempre più l’umanità e i cristiani hanno capito che la madre di Gesù è la loro madre. E sempre più si sono affidati alla Madre: pensiamo ai grandi santuari, pensiamo a questa devozione per Maria dove sempre più la gente sente 'Questa è la Madre'". "Alcuni che quasi hanno difficoltà di accesso a Gesù nella sua grandezza di Figlio di Dio, si affidano senza difficoltà alla Madre". “A noi tutti è data una madre – ha aggiunto -. E possiamo con grande fiducia andare da questa Madre, che anche per ognuno dei cristiani è sua Madre”. E d’altra parte vale anche che “la Madre esprime pure la Chiesa. Non possiamo essere cristiani da soli, con un cristianesimo costruito secondo la mia idea. La Madre è immagine della Chiesa, della Madre Chiesa, e affidandoci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere la Chiesa con Maria”. Al Pontefice è stato chiesto anche se ha intenzione di rinnovare una consacrazione alla Vergine all’inizio di questo nuovo millennio. “I Papi – sia Pio XII, sia Paolo VI, sia Giovanni Paolo II – hanno fatto un grande atto di affidamento alla Madonna e mi sembra, come gesto davanti all’umanità, davanti a Maria stessa, era un gesto molto importante – ha dichiarato Benedetto XVI -. Io penso che adesso sia importante di interiorizzare questo atto, di lasciarci penetrare, di realizzarlo in noi stessi”. In questo senso, ha confessato, “sono andato in alcuni grandi santuari mariani nel mondo: Lourdes, Fatima, Czestochowa, Altötting..., sempre con questo senso di concretizzare, di interiorizzare questo atto di affidamento, perché diventi realmente il nostro atto. Penso che l’atto grande, pubblico, sia stato fatto. Forse un giorno sarà necessario ripeterlo, ma al momento mi sembra più importante viverlo, realizzarlo, entrare in questo affidamento, perché sia realmente nostro”. “L’affidamento comune a Maria, il lasciarsi tutti penetrare da questa presenza e formare, entrare in comunione con Maria – ha spiegato il Papa -, ci rende Chiesa, ci rende, insieme con Maria, realmente questa sposa di Cristo. Quindi, al momento non avrei l’intenzione di un nuovo pubblico affidamento, ma tanto più vorrei invitare ad entrare in questo affidamento già fatto, perché sia realtà vissuta da noi ogni giorno e cresca così una Chiesa realmente mariana, che è Madre e Sposa e Figlia di Gesù”.

SIR