Udienza Generale questa mattina in Piazza San Pietro dove Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Il Papa, che ha iniziato la settimana scorsa un nuovo ciclo di catechesi sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sul senso religioso dell’uomo.
Il Papa ha riconosciuto che “viviamo in un’epoca in sui sono evidenti i segni del secolarismo”. E tuttavia, se Dio “sembra sparito dall’orizzonte di varie persone”, allo stesso tempo “molti segni” ci indicano un risveglio del senso religioso, una riscoperta dell’importanza di Dio per la vita dell’uomo”. “Guardando alla storia recente, è fallita la previsione di chi, dall’epoca dell’Illuminismo, preannunciava la scomparsa delle religioni ed esaltava una ragione assoluta, staccata dalla fede, una ragione che avrebbe scacciato le tenebre dei dogmatismi religiosi e avrebbe dissolto il ‘mondo del sacro’, restituendo all’uomo la sua libertà, la sua dignità e la sua autonomia da Dio”. “L’esperienza del secolo scorso, con le due tragiche Guerre mondiali - ha detto ancora il Papa - ha messo in crisi quel progresso che la ragione autonoma, l’uomo senza Dio sembrava poter garantire”. “L’uomo è per sua natura religioso, è homo religiosus come è homo sapiens e homo faber”, l’affermazione centrale della catechesi odierna, in cui il Santo Padre, citando il Catechismo della Chiesa Cattolica, ha ribadito che “il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio”. Ciò significa che “l’immagine del Creatore è impressa nel suo essere ed egli sente il bisogno di trovare una luce per dare risposta alle domande che riguardano il senso profondo della realtà; risposta che egli non può trovare in se stesso, nel progresso, nella scienza empirica”. “L’uomo ‘digitale’ come quello delle caverne, cerca nell’esperienza religiosa le vie per superare la sua finitezza e per assicurare la sua precaria avventura terrena”. “La vita – ha spiegato Benedetto XVI - senza un orizzonte trascendente non avrebbe un senso compiuto e la felicità, alla quale tutti tendiamo, è proiettata spontaneamente verso il futuro, in un domani ancora da compiersi”. L’uomo, ha soggiunto, “sa che non può rispondere da solo al proprio bisogno fondamentale di capire”. E ha avvertito: “Per quanto si sia illuso e si illuda tuttora di essere autosufficiente”, l’uomo “fa esperienza di non bastare a se stesso”, “ha bisogno di aprirsi ad altro”, a “qualcuno che possa donargli ciò che gli manca”. “L’uomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto; l’uomo porta in sé il desiderio di Dio. E l’uomo sa, in qualche modo, di potersi rivolgere a Dio, sa di poterlo pregare”. Ha così riecheggiato quanto diceva San Tommaso d’Aquino che definisce la preghiera “espressione del desiderio che l’uomo ha di Dio”. Proprio questa “attrazione verso Dio, che Dio stesso ha posto nell’uomo – ha detto – è l’anima della preghiera, che si riveste poi di tante forme e modalità secondo la storia, il tempo, il momento, la grazia e persino il peccato di ciascun orante”. La storia dell’uomo ha conosciuto, infatti, “svariate forme di preghiera, diverse modalità d’apertura verso l’Altro e verso l’Oltre, tanto che possiamo riconoscere la preghiera come un’esperienza presente in ogni religione e cultura”. arlare di “homo orans”, ha spiegato il Pontefice, significa “tenere presente” che la preghiera “è un atteggiamento interiore, prima che una serie di pratiche e formule, un modo di essere di fronte a Dio prima che il compiere atti di culto o il pronunciare parole”. Del resto, ha constatato, “pregare è difficile”, perché la preghiera ha il suo centro nel più profondo della persona, “non è facilmente decifrabile” e dunque “può essere soggetta a fraintendimenti e mistificazioni”. Per questo, ha avvertito, l’esperienza della preghiera è per tutti “una sfida, una grazia da invocare, un dono di Colui al quale ci rivolgiamo”. Si è poi soffermato sul gesto di mettersi in ginocchio, tipico delle espressioni di preghiera: “E’ un gesto che porta in sé una radicale ambivalenza: infatti, posso essere costretto a mettermi in ginocchio – condizione di indigenza e di schiavitù -, ma posso anche inginocchiarmi spontaneamente, dichiarando il mio limite e, dunque, il mio avere bisogno di un Altro”. Dunque, ha affermato, la preghiera “che è apertura ed elevazione del cuore a Dio, diviene così rapporto personale con Lui”. Ed ha concluso la catechesi invitando i fedeli a sostare maggiormente davanti a Dio che si è rivelato in Gesù Cristo: “Impariamo a riconoscere nel silenzio, nell’intimo di noi stessi, la sua voce che ci chiama e ci riconduce alla profondità della nostra esistenza, alla fonte della vita, alla sorgente della salvezza, per farci andare oltre il limite della nostra vita e aprirci alla misura di Dio, al rapporto con Lui, che è Infinito Amore”.
Radio Vaticana, SIR
L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa