Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, Papa Benedetto XVI ha ricevuto in udienza, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali, gli ambasciatori di Moldova, Guinea Equatoriale, Belize, Siria, Ghana, Nuova Zelanda.
“Il primo semestre di quest'anno è stato segnato da innumerevoli tragedie che hanno colpito la natura, la tecnologia e le persone”. Ma ciò che più importa fra loro “è l’uomo”, non la tecnica, né gli interessi di parte. Inizia così, in modo molto netto, il discorso di Benedetto XVI. Il Pontefice non cita espressamente le catastrofi cui fa riferimento, peraltro impossibili da equivocare, ma afferma che “l’entità di tali disastri ci interroga”. “L'uomo, al quale Dio ha affidato la gestione della natura, non può essere dominato dalla tecnologia e diventare suo oggetto. Questa consapevolezza deve indurre gli Stati a riflettere insieme sul futuro a breve termine del pianeta, sulle loro responsabilità per quanto riguarda la nostra vita e la tecnologia. L'ecologia umana è un imperativo. Adottare uno stile di vita che rispetti l'ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie pulite, rispettose del patrimonio della creazione e innocue per gli esseri umani, devono essere priorità politiche ed economiche”. È necessario “rivedere completamente il nostro approccio alla natura”, che “non è solo un divertimento o uno spazio utilizzabile”, ha insistito Benedetto XVI. Anche perché, ha asserito, in assenza di uno “stile di vita complessivo, che rispetti l'alleanza tra uomo e natura”, la famiglia umana “potrebbe scomparire”. “Tutti i governi devono impegnarsi a proteggere la natura e aiutarla a svolgere il suo ruolo essenziale nella sopravvivenza dell'umanità. Le Nazioni Unite sembrano essere la sede naturale per una simile riflessione, che non deve essere oscurata da interessi politici ed economici ciecamente partigiani, allo scopo di privilegiare la solidarietà al di là dell’interesse personale”. Soffermandosi sul ruolo della tecnologia, Benedetto XVI ha notato che lo sfruttamento delle sue capacità “va di pari passo con i disastri ecologici e sociali”. Troppo spesso si dimentica che il progresso deve andare a vantaggio del lavoro dell’uomo e non della tecnologia, che dell’uomo è una “creazione”. “Puntare tutto su di essa, o credere che essa sia la causa esclusiva del progresso, o della felicità, porta – ha detto il Papa – a una mercificazione dell'uomo”, che si ritorce contro di lui quando si accorge che le aspettative sono state mal risposte: “Basta vedere i ‘danni’ del progresso e i pericoli che fa correre all’umanità una tecnica onnipotente e in ultima analisi, non controllata. La tecnica che domina l'uomo, lo priva della sua umanità. L'orgoglio che essa genera ha portato la nostra società a un economicismo intransigente e a un certo edonismo che determina soggettivamente e egoisticamente i comportamenti”. Si dimostra dunque “urgente”, ha proseguito il Papa, che il ricercatore e lo scienziato sappiano “coniugare la tecnologia con una forte dimensione etica”, aiutando quindi la natura “a svilupparsi nella linea voluta dal Creatore”. Mentre, da parte loro, “i governi dovrebbero promuovere un umanesimo che rispetti la dimensione spirituale e religiosa dell’uomo”: “Rispettare le sue aspirazioni di giustizia e di pace permette la costruzione di una società che si promuove da se stessa, quando sostiene la famiglia o rifiuta, per esempio, il primato esclusivo della finanza. Un Paese vive della pienezza di vita dei cittadini che la compongono, ciascuno consapevole delle responsabilità proprie e della possibilità di far valere le proprie convinzioni. Inoltre, la naturale tensione verso la verità e il bene è fonte di un dinamismo che crea il desiderio di lavorare insieme per realizzare il bene comune”.
Radio Vaticana
Agli ambasciatori in occasione della presentazione collettiva delle Lettere Credenziali (9 giugno 2011) - il testo integrale del discorso del Paa