L’appuntamento è fissato a Rio de Janeiro (foto), per il luglio del 2013. Se Dio vuole, sarà lì che giovani provenienti da tutto il Brasile, da tutta l’America Latina e da tutto il mondo potranno accogliere l’86enne Benedetto XVI, ascoltare le sue parole e pregare insieme a lui, in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù. La candidatura extraeuropea della megalopoli brasiliana ha prevalso su quella della capitale sudcoreana Seul. Così, prima dei Mondiali di calcio 2014 e delle Olimpiadi 2016, sarà il mega-raduno giovanile cattolico ad amplificare la rilevanza assunta dal colosso brasiliano come nuovo attore geopolitico globale. Proprio l’affollamento di grandi eventi programmati in Brasile negli prossimi anni ha comportato un cambio di passo nel ritmo triennale che le edizioni internazionali della GMG avevano assunto in epoca ratzingeriana. Dopo Colonia 2005, Sidney 2008 e Madrid 2011 (il raduno nella capitale spagnola è in programma dal 16 al 21 agosto) si torna alla cadenza biennale per evitare ingorghi logistico-organizzativi con la kermesse del calcio mondiale che fra tre anni sarà ospitata dal gigante del Cono Sur. Benedetto XVI era già stato in Brasile nel maggio 2007, nel suo finora unico viaggio da Papa in America Latina. Allora, il vescovo di Roma era andato a inaugurare la V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, riunita presso il santuario di Aparecida. Sempre sul fronte dei viaggi papali, occorre anche registrare che non sono stati ancora declinati gli inviti rivolti al Papa dai governi e dale Chiese di Messico e Cuba. Una eventuale visita apostolica in uno di quei Paesi, o magari in tutti e due, potrebbe essere inserita nell’agenda dei viaggi papali per il 2012. La prospettiva di nuovi viaggi papali in Paesi latinoamericani e del Caribe incrocia questioni geopolitiche e soprattutto ecclesiali di non poco conto. Quell’area, in cui vivono il 43% dei cattolici di tutto il mondo, tra i soggetti emergenti negli scenari economico-politici globali è l’unica ad essere contraddistinta da un legame viscerale con il cattolicesimo e la Chiesa di Roma. Comprende popoli e nazioni alle prese con processi politici e economici che innescano mutazioni sociologiche e culturali profonde. Uno scenario in movimento che interpella inevitabilmente le Chiese locali e anche il loro rapporto con la Santa Sede. Che fare? Gli stati generali del cattolicesimo latinoamericano se lo sono chiesti già quattro anni fa, nella loro assemblea di Aparecida. Lì hanno riproposto un’immagine di Chiesa “in uscita” da se stessa, non autoreferenziale, che si proponga non come “regolatrice” ma come strumento di facilitazione della fede. Una "Chiesa della prossimità" che senza trionfalismi e con realismo torni a proporre un volto materno e accogliente, valorizzando le risorse della devozione popolare con cui ancora si esprime il legame affettivo che unisce gran parte dei latinoamericani a Gesù Cristo e a sua madre, la Viergen. Tale prospettiva appare lontana da quella, pur sponsorizzata da singoli ecclesiastici e in alcuni settori influenti della compagine ecclesiale, che immagina la Chiesa come forza belligerante “antagonista”, tutta assorbita in estenuanti battaglie politiche e culturali con i governi populisti e di sinistra o con i processi di secolarizzazione della società civile.
Gianni Valente, Vatican Insider