mercoledì 27 luglio 2011

Joseph Ratzinger e il fantasma del 'fondamentalismo cristiano': la religione deve lasciarsi purificare e regolamentare dalla luce divina della ragione

Il Papa ha detto poco, domenica, dei due attentati norvegesi ma credo che abbia molto pensato e temuto: e non tanto per la surreale critica che gli è rivolta nel manifesto dell’attentatore, ma per il fantasma del "fondamentalismo cristiano" che con quegli attentati per la prima volta prende forma sulla scena mondiale. Più volte, da teologo e da Papa, egli ha parlato del “fanatismo religioso” che può produrre “intolleranza e terrorismo”, un fanatismo che la fede non può “sanare” senza l’aiuto della ragione. I morti di venerdì devono essere stati per lui come una drammatica riprova della giustezza di quella teoria. Da cardinale aveva esposto quell’idea in dialogo con Juergen Habermas (foto), in un incontro del gennaio del 2004 a Monaco di Baviera (i testi sono pubblicati in italiano da Marsilio con il titolo "Ragione e fede in dialogo"). I due discutono delle legittimazioni morali e religiose del fanatismo e del terrorismo e segnalano il fatto che i terroristi presentano a volte la loro azione come, dice il card. Ratzinger, "difesa di una tradizione religiosa contro l’empietà della società occidentale". Il cardinale conclude segnalando l’esigenza che ragione e fede si "riconoscano reciprocamente" e stabiliscano tra loro una "correlazione polifonica" per aiutarsi a guarire dalle rispettive “patologie”. Queste le sue parole più impegnative: "Ci sono patologie della religione che sono assai pericolose e che rendono necessario considerare la luce divina della ragione come un organo di controllo, dal quale la religione deve costantemente lasciarsi purificare e regolamentare". In altra occasione, in dialogo con Ernesto Galli Della Loggia, nell’ottobre dello stesso anno, il card. Ratzinger aveva posto in relazione positiva cristianesimo e illuminismo, sempre al fine di una reciproca “purificazione”: "L’Europa deve difendere la razionalità e su questo punto anche noi credenti dobbiamo essere grati al contributo dei laici, dell’illuminismo, che deve rimanere una spina nella nostra carne. Ma anche i laici devono accettare la spina nella loro carne, cioè la forza fondante della religione cristiana per l’Europa". Sentendo che l’attentatore di Oslo e di Utoya, Anders Behring Breivik, veniva qualificato come un “fondamentalista cristiano” Joseph Ratzinger non può non aver ricordato quel monito che aveva formulato poco prima dell’elezione al Pontificato e che da Papa aveva più volte riproposto, in particolare con la lectio di Regensburg con primario riferimento all’islam. Ma ora la matrice era cristiana e invocata da un fanatico che si qualificava come cristiano “al cento per cento cristiano”: così è scritto nel suo manifesto. Le prudentissime parole pronunciate domenica dal Papa nel saluto di mezzogiorno vanno lette sullo sfondo di quei convincimenti ratzingeriani: di “fondamentalismo cristiano” non si parla volentieri negli ambienti cristiani internazionali, dove questa mina crescente è tenuta d’occhio con preoccupazione. Ricordo un solo testo vaticano che lo menziona in tempi recenti: l’Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi del Medio Oriente, cioè il documento preparatorio che fu “consegnato” ai destinatari dal Papa durante il viaggio a Cipro, il 6 giugno 2010: esso richiama, riprovandola, l’ideologia di "alcuni gruppi fondamentalisti cristiani" che "giustificano, basandosi sulle Sacre Scritture, l’ingiustizia politica imposta ai palestinesi". In più di un’occasione Papa Ratzinger ha accennato al pericolo, storico e attuale, cristiano e planetario, che l’impegno per la verità possa condurre all’intolleranza e alla violenza. Parlando al corpo diplomatico nel gennaio del 2006 si è chiesto, per esempio, se "le convinzioni diverse sulla verità" non siano destinate a "dare luogo a tensioni, ad incomprensioni, a dispute, tanto più forti quanto più profonde sono le convinzioni stesse", fino a produrre “guerre di religione”. Ammise che ciò si era verificato anche nella Chiesa Cattolica e precisò che si era trattato di “gravi errori”per i quali essa "non ha esitato a chiedere perdono". Con maggiore efficace ha poi svolto la stessa considerazione durante il viaggio in Austria nel settembre del 2007, evocando, al Santuario di Mariazell, il fatto che noi cristiani "abbiamo paura, a motivo della nostra storia, che la fede nella verità comporti intolleranza". Riflettendo sulla preghiera del Papa per le vittime di quell’assurdo cristiano che è Anders Behring Breivik, conviene dire, a correzione delle semplificazioni proposte dai titoli dei media, che egli non propriamente “minaccia” il Papa, ma lo critica e auspica l’avvento di un futuro Pontefice capace di "promuovere una nuova crociata contro l’islam". Egli fonda questa critica sulla constatazione che Papa Benedetto "ha abbandonato la difesa dei cristiani europei e dev’essere considerato codardo, incompetente, corrotto e illegittimo, alla stregua dei più recenti predecessori, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II". Si direbbe che il folle Breivik abbia compreso il Papa teologo come questi aveva da tempo intuito la pericolosità di ogni fondamentalismo, compreso quello cristiano.

Luigi Accattoli, Liberal