Come in Inghilterra e Scozia durante il viaggio di un anno fa. Come in Spagna poche settimane fa. Anche in Germania l’accoglienza che una parte del paese intende riservare a Benedetto XVI, dal 22 al 25 settembre prossimi, non è delle migliori. Ci sono le proteste di gruppi di associazioni organizzate, molte di queste aderenti al movimento gay tedesco, che il 22 settembre sulla Porta di Brandeburgo, quando il Pontefice pronuncerà un discorso ai parlamentari, si concretizzeranno in una sfilata guidata da una falsa Papamobile con a bordo un “antipapa”. L’accusa in fondo è quella disempre: Papa Ratzinger guida una Chiesa oscurantista e anti moderna. E poi ci sono le proteste provenienti da dentro la Chiesa Cattolica: un gruppo di cattolici tedeschi guidato dai sacerdoti Norbert Reicherts e Christoph Schmidt ha fatto proprie le richieste dei 150 preti austriaci che prima dell’estate hanno chiesto a Benedetto XVI l’abolizione del celibato sacerdotale, l’ordinazione femminile, la riammissione all’Eucaristia dei divorziati risposati e il ritorno nella Chiesa dei sacerdoti che si sono sposati e hanno avuto figli. Sandro Magister, vaticanista, parte dal dissenso interno alla Chiesa per dire che “è un fermentotipico del mondo di area tedesca, un fermento che si presenta con una sua caratteristica precisa:l’antiromanità”. Dice a Il Foglio: “In Germania sono forti le spinte protestanti che chiedono alla Chiesa Cattolica riforme e innovazioni. A queste richieste parte del mondo cattolico reagisce rilanciandole, perché le giudica necessarie per restare al passo con la modernità. E’ anche un modo con cui parte del mondo cattolico rivendica una sua autonomia da Roma, dal Papa, dal centro della cattolicità. Sono riforme il cui contenuto è noto da tempo, ma che ciclicamente ritornano. Credo che per valutarle nel modo più giusto però occorra una lettura più distanziata”. Quale? “Mi sembra evidente che coloro che chiedono innovazioni sul piano del celibato, del sacerdozio, della morale sessuale etc., altro non chiedano alla Chiesa che un segno, un miracolo, un po’ come i farisei che chiesero a Gesù un segno dal cielo per metterlo alla prova. Gesù non rispose dando loro ciò che chiedevano, ma rispose tornando all’essenziale e cioè invitando tutti a guardare a lui. Ricordando loro che era lui la risposta che cercavano. Il Papa fa lo stesso. Non reagisce a queste richieste offrendo gesti taumaturgici, che poi tali non sono, ma semplicemente invita tutti a guardare verso Dio, verso il Mistero, verso ciò che è essenziale nella vita dei credenti. Del resto è noto che la vera riforma della Chiesa per Ratzinger non parte da un cambiamento delle strutture o delle norme, quanto anzitutto da una conversione del cuore, da un invito a tutti i fedeli perché guardino verso Dio. Anche in Italia, in questi giorni, in molti alla Chiesa chiedono un segno: rinunci ai benefici dell’8 per mille. Anche questa richiesta in fondo rispecchia quella dei farisei: dacci un segno, fai un miracolo”. Un leitmotiv dei viaggi di Benedetto XVI sembra essere quello delle proteste preventive. Gruppi ostili, alimentati da una efficace campagna mediatica, promettono fuoco e fiamme non appena il Papa metta piede nel loro paese. “Già – dice Magister – ma poi queste proteste si sciolgono come neve al sole. E’ un po’ come Irene. Doveva essere un uragano ed è divenuta una semplice tempesta o quasi. Così le proteste contro il Papa. Prima che Ratzinger arrivi sono uragani. Una volta che Ratzinger atterra e inizia il suo viaggio, dopo i suoi gesti, i suoi discorsi, non c’è quasi più nulla. In Inghilterra e Scozia, anche molti politici che preventivamente avevano attaccato Benedetto XVI hanno poi dovuto dichiara repubblicamente di essersi sbagliati. Così anche in Spagna. Addirittura alcuni colleghi di Zapatero hanno accusato il premier socialista di andare a Canossa, come se il suo incontro col Papa fosse un‘cedimento papista’. In Spagna grande risalto si è dato a queste dichiarazioni e anche ai movimentidi protesta degli indignados in piazza. Ma il viaggio in sé, le migliaia di giovani presenti e le parole del Papa hanno affossato di fatto ogni polemica”.
Paolo Rodari, Il Foglio