Prosegue il braccio di ferro tra Croazia e Vaticano, il quale vuole restituire all'Abbazia di Praglia (Padova) il monastero benedettino di Dajla (foto), in Istria, nazionalizzato durante gli anni del socialismo. Secondo quanto riferiscono fonti giudiziarie croate, infatti, all'inizio di settembre la Santa Sede ha contestato presso una corte amministrativa croata, la decisione del ministero della Giustizia di Zagabria di annullare tutte le decisioni prese tra il 1997 ed il 2002 atte a trasferire la proprietà statale del monastero di Dajla dallo stato alla Chiesa Cattolica croata. Tornando di proprietà statale, dunque, il complesso viene sottratto alla giurisdizione vaticana che aveva deciso, invece, per la sua restituzione ai monaci italiani. Il convento istriano del XVIII secolo, con 400 ettari di terreni circostanti, dal valore stimato complessivamente in circa 30 milioni di euro, è rimasto italiano fino alla fine delle seconda guerra mondiale, quando è stato espropriato all'abbazia di Praglia dal regime socialista jugoslavo guidato dal maresciallo Tito. Caduta la Jugoslavia, le autorità della nuova Croazia indipendente ne hanno trasferito la proprietà al vescovo di Parenzo e Pola, carica attualmente ricoperta dal prelato, Ivan Milovan. Questi rifiuta di firmare il nulla osta per la restituzione dei beni ai monaci padovani, così come decretato lo scorso dicembre da una Commissione cardinalizia istituita da Papa Benedetto XVI nel 2008. La vicenda rischia inoltre di assumere i contorni di una crisi diplomatica tra Croazia e Italia, poiché, secondo le autorità croate, il contenzioso presenta gli estremi di una violazione del Trattato di Osimo siglato nel 1975 tra Italia e l'allora Jugoslavia.
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