lunedì 21 novembre 2011

Il Papa in Benin. Mons. Becciu: gli africani vedono in lui l'uomo di Dio che si fa portavoce delle loro sofferenze e necessità, lo sentono un amico

"Gli africani vedono nel Pontefice l'uomo che si fa portavoce delle loro sofferenze e delle loro necessità davanti al mondo, al di là di ogni cultura o credo religioso. Lo sentono realmente come un amico". Lo afferma, in un'intervista a L'Osservatore Romano, il sostituto della Segreteria di Stato mons. Giovanni Angelo Becciu, che nel 2009, come nunzio apostolico a Luanda, aveva accolto Benedetto XVI in Angola, e che nei giorni scorsi ha accompagnato in Benin. In entrambe le occasioni, l'arcivescovo sardo ha constato di persona "quanto gli africani amino il Papa". "In lui - spiega Becciu - vedono realmente un uomo di Dio: l'uomo di Dio che viene a trovarli, a benedirli, a incoraggiarli. Lo vedono soprattutto come un amico". "Mi sono chiesto - confida al giornale della Santa Sede - come mai tanti africani scendono per le strade quando c'è il Papa tra di loro. Chi non conosce l'anima africana potrebbe credere che è loro costume acclamare un ospite, chiunque egli sia. Lo posso escludere per esperienza diretta. Ho visto arrivare capi di Stato e personaggi importanti, ma non ho mai visto un'accoglienza simile. E' la naturale religiosità degli africani che li porta a vedere nel Pontefice l'uomo di Dio". Mons. Becciu riferisce nell'intervista quanto gli ha detto un ambasciatore musulmano in Nigeria: "Si ricordi che il Papa non viene solo per voi cattolici. Viene per noi tutti, per tutti gli africani che lo considerano come un padre: il padre di tutta l'umanità". "Anche in questi giorni - rileva - tanti fedeli di altre chiese e confessioni religiose hanno attivamente partecipato alla festa. Ed anche dai musulmani ha ricevuto tante manifestazioni di adesione". Proprio a Cotonou, ricorda nell'intervista, il gran cancelliere del Benin, la signora Koubourath Osseni, che è musulmana, lo ha salutato come "un amico vero dell'Africa e degli africani". "Non è possibile - conclude - non riconoscerlo come tale dopo aver ascoltato le sue parole. Come già fece in Angola, anche in questi giorni il Papa ha pronunciato discorsi coraggiosi. E ha invitato gli africani a essere, a loro volta, coraggiosi nel difendere la speranza, esortando al tempo stesso governanti e uomini politici a non deludere questa speranza. Ha ricordato che di promesse ne sono state fatte tante, ma ora e' giunto il momento di dare loro un seguito". Con il suo viaggio in Benin, "il Papa ha chiesto agli africani di non temere la modernità, ma piuttosto di avvicinarsi a essa restando saldamente ancorati alla ricchezza del loro passato". "Per far comprendere il significato profondo di questo invito del Papa - sottolinea il presule - andrei con il pensiero ad alcuni anni fa, quando in Europa si cominciava a proporre con insistenza, almeno da parte di alcune correnti di pensiero, certi modelli culturali difformi dai valori evangelici". "Di fronte a queste proposte, gli africani - ricorda Becciu - restavano allibiti". "Dico questo - precisa - per far capire come nell'anima degli africani vi siano valori forti ai quali non possono rinunciare. E se gli offriamo certi modelli, stentano a seguirci". Nell'intervista, mons. Becciu non si nasconde che il cammino per purificare le tradizioni africane da elementi negativi è comunque ancora lungo: "Il contesto generale della cultura africana - ad esempio - è piuttosto incline alla poligamia. Questa è una delle prime sfide che affronta il cristianesimo. In Africa la monogamia è nata con la prima evangelizzazione. Dove il cristianesimo è riuscito a penetrare, ha difeso il valore della famiglia e ancora oggi lo difende con efficacia". Tuttavia, oggi, i timori del Pontefice per la tenuta dell'istituzione familiare in Africa, rileva il presule, sono piuttosto legati "allo stato di crisi in cui vivono gli africani". E "la mancanza di valide opportunità per garantire stabilità economica ha le sue ricadute più pesanti sui nuclei familiari". "L'uomo - descrive mons. Becciu - ne approfitta e costringe la donna a lavorare, a volte anche al proprio posto. Ciò porta le donne fuori casa per la maggior parte della giornata: e così i figli restano soli e senza orientamenti. Per non parlare delle ragazze madri, abbandonate a se stesse, con i figli da crescere e accudire. Spesso questa situazione le porta a rivolgersi ad altri uomini, che le offrono, se non altro, la possibilità di sopravvivere". Un altro pericolo è rappresentato dalle sette. "Sono numerose e - sottolinea monsignor Becciu - si diffondono a macchia d'olio. Propongono modelli molto più semplici da seguire, basati sul formalismo, sull'esteriorità. Fanno adepti anche perchè gli africani amano partecipare alle liturgie con le loro espressioni tipiche, i loro canti, le loro danze: è un modo per dare libero sfogo allo spirito gioioso che li fa sentire parte integrante della stessa liturgia".

Agi

Uomo di Dio, amico dell’Africa. Il viaggio di Benedetto XVI in Benin raccontato dal sostituto della Segreteria di Stato