domenica 18 dicembre 2011

Il Papa: gli uomini non sono in grado di applicare la giustizia divina ma devono almeno guardare ad essa perché illumini anche la giustizia umana

“Grande gioia e commozione”: sono questi i sentimenti espressi da Benedetto XVI nel discorso durante la sua visita pastorale alla Casa Circondariale Nuovo complesso di Rebibbia. "Dovunque c'é un affamato, uno straniero, un ammalato, un carcerato, lì c'é Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro aiuto. È questa la ragione principale che mi rende felice di essere qui, per pregare, dialogare ed ascoltare. La Chiesa ha sempre annoverato, tra le opere di misericordia corporale, la visita ai carcerati. E questa, per essere completa, richiede una piena capacità di accoglienza del detenuto”, ha affermato il Pontefice. "Vorrei potermi mettere in ascolto della vicenda personale di ciascuno - ha detto Papa Ratzinger - ma non mi è possibile; sono venuto però a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito, e siete sempre figli di Dio". "Lo stesso Figlio di Dio, il Signore Gesù, ha fatto l'esperienza del carcere, è stato sottoposto a un giudizio davanti a un tribunale e ha subito la più feroce condanna alla pena capitale". Benedetto XVI ha quindi ricordato la "attenzione della Chiesa per la giustizia degli Stati", citando parte dell'Esortazione Apostolica "Africae munus" da lui consegnata in Benin lo scorso 19 novembre. "E' pertanto urgente - ha detto il Papa - che siano adottati sistemi giudiziari e carcerari indipendenti, per ristabilire la giustizia e rieducare i colpevoli. Occorre inoltre bandire i casi di errori della giustizia e i trattamenti cattivi dei prigionieri, le numerose occasioni di non applicazione della legge che corrispondono ad una violazione dei diritti umani e le incarcerazioni che non sfociano se non tardivamente o mai in un processo. La Chiesa riconosce la propria missione profetica di fronte a coloro che sono colpiti dalla criminalità e il loro bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace. I carcerati sono persone umane che meritano, nonostante il loro crimine, di essere trattati con rispetto e dignità. Hanno bisogno della nostra sollecitudine". “La giustizia umana e quella divina – ha osservato il Santo Padre - sono molto diverse. Certo, gli uomini non sono in grado di applicare la giustizia divina, ma devono almeno guardare ad essa, cercare di cogliere lo spirito profondo che la anima, perché illumini anche la giustizia umana, per evitare – come purtroppo non di rado accade – che il detenuto divenga un escluso. Dio, infatti, è colui che proclama la giustizia con forza, ma che, al tempo stesso, cura le ferite con il balsamo della misericordia”. “Giustizia e misericordia, giustizia e carità, cardini della dottrina sociale della Chiesa, sono due realtà differenti soltanto per noi uomini, che distinguiamo attentamente un atto giusto da un atto d’amore – ha evidenziato Benedetto XVI -. Giusto per noi è ‘ciò che è all’altro dovuto’, mentre misericordioso è ciò che è donato per bontà. E una cosa sembra escludere l’altra”. Ma “per Dio non è così: in Lui giustizia e carità coincidono; non c’è un’azione giusta che non sia anche atto di misericordia e di perdono e, nello stesso tempo, non c’è un’azione misericordiosa che non sia perfettamente giusta”. Perciò, il Papa ha esclamato: “Come è lontana la logica di Dio dalla nostra! E come è diverso dal nostro il suo modo di agire! Il Signore ci invita a cogliere e osservare il vero spirito della legge, per darle pieno compimento nell’amore verso chi è nel bisogno. ‘Pieno compimento della legge è l’amore’, scrive San Paolo: la nostra giustizia sarà tanto più perfetta quanto più sarà animata dall’amore per Dio e per i fratelli”. “Il sistema di detenzione – ha ricordato il Pontefice - ruota intorno a due capisaldi, entrambi importanti: da un lato tutelare la società da eventuali minacce, dall’altro reintegrare chi ha sbagliato senza calpestarne la dignità ed escluderlo dalla vita sociale. Entrambi questi aspetti hanno la loro rilevanza e sono protesi a non creare quell’‘abisso’ tra la realtà carceraria reale e quella pensata dalla legge, che prevede come elemento fondamentale la funzione rieducatrice della pena e il rispetto dei diritti e della dignità delle persone”. "So che il sovraffollamento e il degrado delle carceri - ha detto il Papa - possono rendere ancora più amara la detenzione: mi sono giunte varie lettere di detenuti che lo sottolineano. E' importante che le istituzioni promuovano un'attenta analisi della situazione carceraria oggi, verifichino le strutture, i mezzi, il personale, in modo che i detenuti non scontino mai una 'doppia pena'; ed è importante promuovere uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione". “La nascita del Signore Gesù, di cui faremo memoria tra pochi giorni – ha aggiunto Benedetto XVI -, ci ricorda la sua missione di portare la salvezza a tutti gli uomini, nessuno escluso. La sua salvezza non si impone, ma ci raggiunge attraverso gli atti d’amore, di misericordia e di perdono che noi stessi sappiamo realizzare. Il Bambino di Betlemme sarà felice quando tutti gli uomini torneranno a Dio con cuore rinnovato. Chiediamogli nel silenzio e nella preghiera di essere tutti liberati dalla prigionia del peccato, della superbia e dell’orgoglio: ciascuno infatti ha bisogno di uscire da questo carcere interiore per essere veramente libero dal male, dalle angosce e dalla morte”. Il Papa ha poi sottolineato che “la Chiesa sostiene e incoraggia ogni sforzo diretto a garantire a tutti una vita dignitosa”.

SIR, Corriere della Sera.it, TMNews


VISITA PASTORALE ALLA CASA CIRCONDARIALE NUOVO COMPLESSO DI REBIBBIA (ROMA) - il testo integrale del discorso e delle risposte del Papa