lunedì 13 febbraio 2012

Anno della fede. Chi lo ha votato in conclave quasi sembra non essersi accorto di quello che avrebbe fatto il mite Joseph Ratzinger una volta Papa

Benedetto XVI viene dipinto quasi come fosse un uomo solo rinchiuso in una gabbia dorata. Mentre dalla Curia escono fuori veline, foglietti, indiscrezioni di ogni genere, il Papa non si interesserebbe nemmeno delle questioni di governo. Era l’abito cucito addosso a Benedetto XVI dall’inizio. Un Papa quasi avulso dalla Curia. La realtà dei fatti è che, da quando è diventato Papa, ha portato avanti un preciso programma di governo. Lo ha fatto con prudenza e furbizia, e con un grande spirito benedettino. Da una parte, aspettava che i membri della Curia andassero a scadenza, prima di sostituirli con persone a lui più vicine per pensiero e per modo di fare (i nuovi “curiali” voluti da Papa Ratzinger si caratterizzano quasi tutti per essere persone alla mano). Dall’altra, è andato oltre le piccole questioni. Le ha semplicemente ignorate, perché questioni di poco conto. È andato oltre, è volato alto con i concetti. A guardarlo con il senno di poi, tutto il Pontificato di Joseph Ratzinger puntava al prossimo Anno della fede. È una esigenza di purificazione profonda, che Benedetto XVI avvertiva sin da prima di diventare Pontefice. Le sue parole sulla sporcizia nella Chiesa, alle meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo del 2005, erano già un programma di governo. Ma alcuni dei cardinali che lo hanno votato in conclave quasi sembrano non essersi accorti di quello che avrebbe fatto il mite Joseph Ratzinger una volta asceso al Soglio di Pietro. Chi non parla, o non entra nei litigi, non significa non sia ben conscio della situazione. Significa che sa osservare. E, da prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger di cose ne aveva sapute osservare. E così è partito il percorso, che ha dato non pochi fastidi. I primi provvedimenti per la formazione nei seminari, che in qualche modo andavano a spezzare la cooptazione al sacerdozio di alcune non meglio precisate lobby curiali, i discorsi sempre sferzanti contro il carrierismo ecclesiastico, l’inizio di quell’operazione di pulizia che da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede gli era stata rallentata in misura enorme (quasi subito l'ex Sant'Uffizio si occupa del caso di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo). E poi, la lezione di Ratisbona, e le polemiche che ne seguono. I vecchi fautori della Ostpolitik vaticana gettano benzina sul fuoco, si leva la protesta dal mondo islamico. Ma è da lì che comincia un nuovo dialogo con il mondo islamico. Il Papa andrà poi in Turchia, si recherà alla Moschea Blu, favorirà l’incontro con delegazioni musulmane in Vaticano, andrà sempre, sin dalla GMG di Colonia nel 2005, a trovare anche gli esponenti del mondo islamico in ogni viaggio internazionale. Nel frattempo, cominciano a cambiare i tasselli della Curia. Il Segretario di Stato ereditato, Angelo Sodano, resta per circa un anno. Ma fa così tante pressioni che alla fine Benedetto XVI è costretto ad annunciare a giugno 2006 chi sarà il suo successore a settembre. Il prescelto è Tarcisio Bertone, da sempre vicino al Pontefice. Ma è in quel breve interregno che Sodano può muovere dei pezzi: ha dalla sua una diplomazia vaticana quasi completamente di sua nomina, reinserisce allo Ior la figura del prelato, il fedelissimo Piero Pioppo, istruisce mons. Paolo Romeo, allora nunzio in Italia, per cercare di fare le scarpe al card. Camillo Ruini, presidente della CEI prossimo al compimento dei 75 anni. È in questi tempi che si comincia a creare quel clima di veleni incrociati. Granelli di sabbia negli ingranaggi di una Curia che arranca, e fa fatica anche a seguire Benedetto XVI nell’insegnamento. Il Papa prosegue la sua opera di rinnovamento. Vengono due Encicliche, la "Deus Caritas est" e la "Spe Salvi" (cui seguirà una terza Enciclica “sociale”, la "Caritas in Veritate"), due Sinodi generali dei vescovi (sull’Eucarestia e sulla Parola di Dio) cui il Papa dà la sua impronta personale, e che segue personalmente. È la catechesi una delle preoccupazioni principali del Papa. Le Udinze del mercoledì diventano cicli di lezioni e di preparazione alla cristianità, sul modello di "Introduzione al cristianesimo", il libro più diffuso di Joseph Ratzinger. Il pensiero va oltre le difficoltà. Si arriva al 2010, l’annus horribilis. Da Irlanda, Germania, Belgio, Francia, Inghilterra giungono notizie di abusi di sacerdoti su ragazzi e adolescenti. L’obiettivo finale è Benedetto XVI, che non si tira indietro. È in quella circostanza che si vede il suo metodo, già evidente quando nel 2009 aveva dovuto maneggiare la controversa campagna di stampa (e non solo) contro la revoca della scomunica a quattro vescovi lefevbriani, uno dei quali, Williamson, aveva reso spesso dichiarazioni antisemite. Fu una lettera ai vescovi nel 2009, che stigmatizzava il “mordere e divorare” dei suoi stessi confratelli nell’episcopato. È una lettera agli irlandesi, in cui chiede scusa per le ferite alle vittime, e fa partire un processo di rinnovamento, a partire dal cammino penitenziale della Quaresima. Ed è tutta la Chiesa che viene messa in penitenza, durante il viaggio a Fatima nel 2010. Il segreto di Fatima, in fondo, non si è ancora compiuto, e Benedetto XVI affida la Chiesa a Maria e fa partire da lì l’idea del rinnovamento. Purificazione interiore, attenzione all’insegnamento della Chiesa. Ritornare alle fonti della Chiesa, al diritto canonico, al diritto come via privilegiata per il dialogo con gli altri. La Verità, l’oggettività, sono le basi solide per un dialogo a partire dalla propria coscienza. Il Papa lo dice nel Regno Unito, dove va in occasione della beatificazione di Newman, e lo ripete in ogni discorso. In Germania, nel 2011, riporta la Chiesa a Dio, le chiede di demondanizzarsi. È l’ultimo passaggio prima di proclamare l’Anno della fede, che si concluderà probabilmente con un Credo sulla falsariga di quello pronunciato da Paolo VI durante l’ultimo Anno della fede. Al di là di grandi e piccoli scoop, della “chiacchiera minuta” stigmatizzata da Bertone in un recente incontro con i capi dicastero, nonostante i suoi uomini più vicini vengano attaccati, Benedetto XVI ha bene in testa il percorso da far fare alla Chiesa. Un obiettivo della "Novo millennio ineunte" di Giovanni Paolo II: 'Duc in altum'. È l’ora per la Chiesa di prendere il largo.

Andrea Gagliarducci, Korazym.org