martedì 15 maggio 2012

Anno della fede. Mons. Fisichella: uscire dal deserto di chi non ha nulla da dire per restituire la gioia della fede e comunicarla in modo rinnovato

“Non far cadere nell’oblio il fatto che caratterizza la nostra vita: credere. Uscire dal deserto che porta con sé il mutismo di chi non ha nulla da dire, per restituire la gioia della fede e comunicarla in modo rinnovato”. Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, spiega così, su L’Osservatore Romano di oggi, “l’intenzione principale” che ha spinto il Papa a indire un Anno della fede. “È un anno per tutti noi, perché nel perenne cammino di fede sentiamo la necessità di rinvigorire il passo, divenuto a volte lento e stanco, e rendere la testimonianza più incisiva”, commenta mons. Fisichella, ma “non possono sentirsi esclusi quanti hanno consapevolezza della propria debolezza, che spesso prende le forme dell’indifferenza e dell’agnosticismo, per ritrovare il senso perduto e per comprendere il valore di appartenere a una comunità, vero antidoto alla sterilità dell’individualismo dei nostri giorni”. Nessuno, cioè, “può sentirsi escluso dall’essere positivamente provocato sul senso della vita e sulle grandi questioni”, in presenza di “una crisi complessa che aumenta gli interrogativi ed eclissa la speranza”. “Porsi la domanda sulla fede - concluse mons. Fisichella - non equivale a estraniarsi dal mondo, piuttosto fa prendere coscienza della responsabilità che si ha nei confronti dell’umanità in questo frangente storico”.

SIR

Perché un Anno della fede: il diritto di Dio