sabato 19 maggio 2012

Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Silenzio e parola, un potente richiamo. Il pensiero positivo di Benedetto XVI sulle nuove tecnologie

di mons. Paul Tighe
Segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali

Ogni anno il Papa, nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, propone una riflessione su qualche aspetto della comunicazione al fine di promuovere un dibattito pubblico e fornire alcune linee guida per l’impegno proprio della Chiesa in questa dimensione costitutiva della sua missione. Negli ultimi anni Benedetto XVI si è concentrato sui cambiamenti operati nella cultura delle comunicazioni dalle nuove tecnologie digitali e dai social network. Nel Messaggio di quest’anno, il Papa rivolge la sua attenzione a ciò che potrebbe essere visto come un elemento più “classico” della comunicazione: il silenzio o, più precisamente, il rapporto tra silenzio e parola. Alcuni commentatori hanno interpretato la scelta di questo tema come un allontanamento dalla sua valutazione positiva delle nuove tecnologie e dei media, invece andrebbe inteso come un potente richiamo al fatto che la comunicazione è essenzialmente un’attività umana più che un traguardo tecnologico. Il Papa non propone il silenzio come alternativa all’impegno nella comunicazione, né chiede di spegnere i nuovi media: piuttosto, insiste sul fatto che il silenzio è un elemento integrante della comunicazione umana. Il nostro apprezzamento dell’importanza del silenzio deve essere recuperato, e la sua pratica deve essere favorita, se vogliamo salvaguardare la significatività della comunicazione che è facilitata dalle nuove tecnologie. Il suo messaggio è, in un certo senso, contro-culturale. Benedetto XVI, infatti, mette in luce l’importanza antropologica del silenzio. Non ci può essere alcuna comunicazione significativa senza il silenzio. Il silenzio parla: a volte può essere l’espressione più eloquente della nostra vicinanza, della nostra solidarietà, della nostra attenzione verso un’altra persona. Il nostro silenzio può esprimere rispetto e amore per un’altra persona: in silenzio, la ascoltiamo e diamo priorità alla sua parola. Questo risulta particolarmente vero quando i nostri interlocutori si esprimono tramite domande, come avviene sempre di più con i social network. Queste domande devono essere espresse nella loro integralità, se si vuole offrire loro una risposta significativa. Le domande vanno ascoltate, affrontate e chiarite. Chi risponde deve restare aperto a ulteriori domande. Questo processo, spesso definito interattivo, è fondamentalmente dialogico. Il dialogo richiede un ascolto sincero e autentico dell’altro: un ascolto che risulta impossibile senza il silenzio. L’impegno nel rispondere alle domande e, soprattutto, nei confronti degli interroganti, apre alla possibilità di un dialogo più profondo. Si può discernere le preoccupazioni circa le questioni ultime dell’esistenza umana: che cosa possiamo conoscere? Che cosa dovremmo fare? Che cosa possiamo sperare? Un ascolto attento, radicato nel rispetto per le domande e per chi le pone, è necessario per consentire a queste preoccupazioni più profonde di emergere. Il silenzio, piuttosto che la fretta di fornire le risposte, risulta spesso più efficace nel permettere all’interlocutore di andare più in profondità. Questa ricerca delle verità che esprime, in ultima analisi, una ricerca della verità non ancora sviluppata, richiede a sua volta il silenzio, se vuole raggiungere il suo scopo. La necessità del silenzio è da sempre valutata molto positivamente all’interno delle tradizioni religiose che, come osserva il Papa, considerano la solitudine e il silenzio come stati privilegiati che aiutano le persone a riscoprire se stesse e quella Verità che dà senso a tutte le cose. Nei paragrafi conclusivi del messaggio, Benedetto XVI si concentra sul posto del silenzio nella spiritualità cristiana. Ci esorta, tra l’altro, a fare in modo che il nostro silenzio maturi nella contemplazione. Recentemente, il Papa ha parlato della capacità trasformativa di tale contemplazione: “Il silenzio è capace di scavare uno spazio interiore nel profondo di noi stessi, per farvi abitare Dio, perché la sua Parola rimanga in noi, perché l’amore per Lui si radichi nella nostra mente e nel nostro cuore, e animi la nostra vita” (Udienza generale, 7 marzo 2012). Il Messaggio si conclude con un breve richiamo al fatto che l’evangelizzazione, la nostra comunicazione della Buona Novella, non è fatta soltanto di parole: “Educarsi alla comunicazione vuol dire imparare ad ascoltare, a contemplare, oltre che a parlare”. I nuovi media possono costituire parte di questo apprendimento. Il Papa riconosce l’esistenza di vari tipi di siti internet, applicazioni e social network che possono aiutare l’uomo di oggi a trovare il tempo per una riflessione e per porsi domande autentiche, oltre a fare spazio al silenzio e a occasioni per la preghiera, la meditazione o la condivisione della Parola di Dio. Nei nostri tempi, tuttavia, il silenzio è qualcosa che s’impara ad apprezzare con il tempo. Una dimensione essenziale dell’attività comunicativa della Chiesa deve consistere nel fornire occasioni e opportunità, sia materiali sia virtuali, per insegnare alle persone l’arte del silenzio e della contemplazione, per recuperare il gusto della solitudine e dell’interiorità. Questo rappresenterebbe indubbiamente un fecondo punto di partenza per il nostro annuncio del Vangelo, ma sarebbe particolarmente prezioso anche come servizio a una comunicazione umana significativa.

SIR

Messaggio per la XLVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2012 - Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione