mercoledì 23 maggio 2012

Il Papa: lo Spirito Santo è il dono prezioso e necessario che ci rende figli di Dio, che realizza l'adozione filiale a cui sono chiamati gli uomini

Udienza generale questa mattina in Piazza San Pietro, dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa, continuando la sua riflessione sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo, ha incentrato la sua meditazione sul tema "Lo Spirito e l’ "abbà" dei credenti (cfr Gal 4,6-7; Rm 8,14-17). La considerazione di partenza della densa riflessione del Papa sul modo di pregare Dio parte da una constatazione realistica, ovvero da quella incolmabile distanza che l’essere umano, e molto spesso anche il credente, avverte tra sé e il cielo: “Forse l’uomo d’oggi non percepisce la bellezza, la grandezza e la consolazione profonda contenute nella parola ‘padre’ con cui possiamo rivolgerci a Dio nella preghiera, perché la figura paterna spesso oggi non è sufficientemente presente, anche spesso non è sufficientemente positiva nella vita quotidiana. L'assenza del padre, il problema di un padre non presente nella vita del bambino è un grande problema del nostro tempo, perciò diventa difficile capire nella sua profondità che cosa vuol dire che Dio è Padre per noi”. Invece, ha osservato Benedetto XVI citando San Paolo, il cristiano non ha ricevuto uno spirito da schiavo. Può rivolgersi a Dio con la “fiducia” dei bambini, con quella “relazione filiale analoga a quella di Gesù”. Ma per farlo, ha sottolineato, è necessario che sia lo Spirito Santo a insegnargli come parlare, Lui che “è il grande maestro della preghiera”: “Lo Spirito Santo è il dono prezioso e necessario che ci rende figli di Dio, che realizza quella adozione filiale a cui sono chiamati tutti gli esseri umani...Il cristianesimo non è una religione della paura, ma della fiducia e dell'amore al Padre che ci ama”. Come Gesù ha aperto all’uomo le porte del cielo, lo Spirito Santo apre le porte dell’anima dell’uomo e lo aiuta a comprendere ciò che non lo sarebbe senza il suo aiuto, l’amore sconfinato che lega il Figlio al Padre e che è modello per il nostro rapporto con Dio: “Egli è l’Amore, e anche noi, nella nostra preghiera di figli, entriamo in questo circuito di amore, amore di Dio che purifica i nostri desideri, i nostri atteggiamenti segnati dalla chiusura, dall’autosufficienza, dall’egoismo tipici dell’uomo vecchio”. La “paternità di Dio”, ha proseguito Benedetto XVI, ha “due dimensioni”: quella per cui ogni uomo e ogni donna “è un miracolo” di Dio in quanto Creatore, ma anche l’altra per cui Dio ci ha creati a sua immagine e quindi la sua non è una paternità lontana, distaccata. Per Dio, ha detto il Pontefice, “non siamo esseri anonimi e impersonali, ma abbiamo un nome”:“Certo il nostro essere figli di Dio non ha la pienezza di Gesù: noi dobbiamo diventarlo sempre di più, lungo il cammino di tutta la nostra esistenza cristiana, crescendo nella sequela di Cristo, nella comunione con Lui per entrare sempre più intimamente nella relazione di amore con Dio Padre, che sostiene la nostra vita”. Infine, Benedetto XVI ha spiegato che non esiste preghiera dell’uomo a Dio se non è lo Spirito a invocare Dio per bocca dell’uomo. La ricerca dell’assoluto nell’uomo, ha osservato, esiste fin dal tempo dell’Homo sapiens. Ma è dopo la Rivelazione di Cristo al mondo e l’istituzione della Chiesa che questa ricerca è entrata in una nuova dimensione: “Quando ci rivolgiamo al Padre nella nostra stanza interiore, nel silenzio e nel raccoglimento, non siamo mai soli. Chi parla con Dio non è solo. Siamo nella grande preghiera della Chiesa, siamo parte di una grande sinfonia che la comunità cristiana sparsa in ogni parte della terra e in ogni tempo eleva a Dio...Ogni volta, allora, che gridiamo e diciamo: ‘Abbà! Padre!’ è la Chiesa, tutta la comunione degli uomini in preghiera che sostiene la nostra invocazione e la nostra invocazione è invocazione della Chiesa”. "Impariamo - la conclusione del Papa - a gustare nella nostra preghiera la bellezza di essere amici, anzi figli di Dio, di poterlo invocare con la confidenza e la fiducia che ha un bambino verso i genitori che lo amano. Apriamo la nostra preghiera all'azione dello Spirito Santo perché in noi gridi a Dio Abbà Padre e perché la nostra preghiera cambi, converta costantemente il nostro pensare, il nostro agire per renderlo sempre più conforme a quello di Gesù Cristo".

Radio Vaticana, AsiaNews

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa