Durante il periodo estivo, molte volte Benedetto XVI ha invitato singoli e famiglie a non ridurre il periodo di ferie al solo svago della mente e del corpo. C’è anche l’anima da riposare e il senso cristiano del ristoro spirituale è tutt’altro che un invito a dimenticarsi del mondo e delle sue vicende a volte drammatiche, ma porta invece a importanti ricadute sociali. Il Papa lo spiegò bene in un Angelus di un anno fa, soffermandosi su un passo della liturgia che la Chiesa ripropone per la giornata di oggi. Uno dei più noti paradossi apparenti del Vangelo è contenuto al capitolo 11 di Matteo, quando Gesù invita chi è stanco e oppresso ad alleviare le proprie pene caricandosi sulle spalle il suo giogo “leggero”. L’abitudine all’ascolto di questa celebre frase potrebbe generare un rischio nei cristiani: ritenere quella di Gesù una frase “figurata”, bella per il gaudio dello spirito, ma distante dai propri problemi personali, dai drammi reali della gente. Un rischio ovviamente noto al Papa, che qualche anno fa obiettò: "A volte vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente leggero. È anzi tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando poi a Lui che ha portato tutto – che su di sé ha provato l’obbedienza, la debolezza, il dolore, tutto il buio, allora questi nostri lamenti si spengono. Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo Lui, e con Lui diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo apparentemente pesante" (5 aprile 2007, Santa Messa del Crisma).
Perché in questo consiste il “giogo” di Cristo: l’amore verso gli altri. Che è un alfabeto universale di fraternità, per primo conosciuto dalla gente di Galilea o di Giudea, alle quali Cristo annunciava il Regno di Dio e subito glielo rendeva tangibile con un gesto d’amore, un pezzo di pane per un povero, un malato guarito, una morte che non lo era più. Dunque, il “ristoro” promesso a chi ha il coraggio di caricarsi quel giogo non era e non è il porto di una vaga pace cui far approdare il proprio spirito, ma un oceano di bene che può lambire le rive di tutto il pianeta, meglio e oltre la più intelligente strategia socio-umanitaria, partorita però senza questo tipo di gratuità: “Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo (Angelus, 3 luglio 2011).
Radio Vaticana