martedì 10 marzo 2009
I tradizionalisti anglicani hanno ufficialmente chiesto a Papa Benedetto XVI di poter entrare in comunione con la Chiesa Cattolica
I tradizionalisti anglicani, staccatisi da Canterbury all'inizio degli anni novanta quando la Comunione Anglicana decise di procedere alle ordinazioni femminili, ha chiesto al Papa di poter rientrare in comunione con la Chiesa Cattolica, salvaguardando le tradizioni anche disciplinari anglicane, ad esempio il clero sposato, come già concesso ai pastori ex episcopaliani negli Usa. Lo ha confermato l'arcivescovo John Hepworth in un'intervista al giornale on line The Messenger. I vescovi di questa comunità hanno gia' sottoscritto una copia del catechismo della Chiesa Cattolica. "Abbiamo domandato al Pontefice" - ha spiegato il primate dei tradizionalisti anglicani - "di cercare una via comune e ecclesiale di essere cattolici anglicani in comunione con la Santa Sede, facendo tesoro allo stesso tempo della piena espressione della fede cattolica e della nostra tradizione entro la quale ci siamo fin qui evoluti". Riguardo all'ipotesi che Benedetto XVI possa istituire un vero e proprio "rito" anglicano-cattolico, che favorirebbe conversioni di massa al cattolicesimo oppure concedere una "prelatura personale", cioè una diocesi non territoriale, l'arcivescovo ha tenuto a precisare: "Non abbiamo cercato di configurare qualcosa per noi stessi. Abbiamo chiesto la guida della Santa Sede, data la realtà della nostra posizione e l'intenzione del nostro episcopato". "Restiamo - ha assicurato l'arcivescovo australiano - nella preghiera silenziosa, mentre facciamo crescere la nostra Comunione in parti chiave del mondo. Abbiamo deciso, giustamente, di concedere alla Santa Sede l'opportunita' di rispondere ai difficili problemi che la nostra lettera ha senza dubbio causato". Secondo gli osservatori, la soluzione che il Papa individuerà per i tradizionalisti anglicani potrebbe poi essere estesa ai lefebvriani. Di fatto oggi sono nella piena comunuione con la Chiesa Cattolica circa 28 chiese "sui iuris" che scelgono i loro vescovi con procedure sinodali, chiedendo poi conferma dell'elezione dal Vescovo di Roma. Mentre le prelature personali e le amministrazioni apostoliche sono essenzialmente strumenti per gruppi specifici per amalgamarsi intorno al loro proprio episcopato per particolari ragioni pastorali.