sabato 14 marzo 2009
Mons. Fisichella: prima di pensare alla scomunica era necessario salvaguardare la vita innocente della bambina di Resife
''Non c'era bisogno di tanta urgenza e pubblicità: in un articolo pubblicato oggi in prima pagina da L'Osservatore Romano, il presidente della Pontificia Accademia per la vita, Mons. Rino Fisichella fa autocritica sul comportamento della Chiesa di fronte al caso della bambina brasiliana di nove anni stuprata e messa incinta dal patrigno, e successivamente fatta abortire dalla madre. In quell'occasione l'arcivescovo di Resife aveva annunciato pubblicamente la scomunica per i medici e per la madre della bambina stessa, suscitando numerose critiche in Brasile e all'estero. ''Prima di pensare alla scomunica - scrive mons. Fisichella - era necessario e urgente salvaguardare la vita innocente'' della bambina, ''e riportarla a un livello di umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri''. Eppure, commenta l'arcivescovo, così non è stato e, purtroppo, ne risente la credibilità del nostro insegnamento che appare agli occhi di tanti come insensibile, incomprensibile e privo di misericordia''. La condanna scagliata dall'arcivescovo di Resife è, secondo mons. Fisichella, ''un giudizio che pesa come una mannaia. Il presidente della Pontificia accademia per la vita ammette che nel caso di Resife ''si sono scontrate la vita e la morte'' e che ''a causa della giovanissima età e delle condizioni di salute precarie la sua vita era in serio pericolo per la gravidanza in atto''. In un caso come questo la decisione è ''ardua per il medico e per la stessa legge morale''. ''Il rispetto dovuto alla professionalità del medico - argomenta Fisichella - è una regola che deve coinvolgere tutti e non può consentire di giungere a un giudizio negativo senza prima aver considerato il conflitto che si è creato nel suo intimo. Il medico porta con sè la sua storia e la sua esperienza; una scelta come quella di dover salvare una vita sapendo che ne mette a serio rischio una seconda, non viene mai vissuta con facilita'''. Mons. Fisichella chiede quindi trattare ''sbrigativamente'' un caso come quello della bambina di Resife non rende ''giustizia nè alla sua fragile persona nè a quanti sono coinvolti a diverso titolo nella vicenda''. In conclusione, per il presidente della Pontificia Accademia per la vita, ''non c'era bisogno di tanta urgenza e pubblicità nel dichiarare'' una scomunica latae sententiae, ovvero automatica. ''Ciò di cui si sente maggiormente il bisogno in questo momento è il segno di una testionianza di vicinanza con chi soffre, un atto di misericordia''. Carmen, conclude l'arcivecovo, stiamo dalla tua parte.