venerdì 8 maggio 2009

I cristiani in Medio Oriente, il contributo della Chiesa alla pace, il dialogo con ebrei e musulmani: il Papa in volo verso la Giordania

La minoranza cristiana d'Iraq, dei territori palestinesi, del Libano non deve fuggire il Medio Oriente nonostante le difficoltà e le persecuzioni: è l'appello del Papa. "E' un momento difficile, ma anche un momento di speranza di un nuovo inizio, di un nuovo slancio per la pace", ha detto Benedetto XVI intervistato dai 70 giornalisti a bordo del volo che lo conduce da Roma ad Amman. "Vogliamo soprattutto incoraggiare i cristiani in Terra Santa e del Medio Oriente a rimanere e contribuire a loro modo sono i paesi delle loro origini, loro sono una componente importante della cultura e della vita di questa regione". In concreto, ha detto il Papa, la Chiesa, "oltre alle parole di incoraggiamento e alla preghiera comune", è presente in Medio Oriente con "realtà molto concrete", quali le scuole, gli ospedali e le associazioni cristiane. "Le nostre scuole - ha detto Papa Ratzinger - formano una generazione che avrà la possibilità di essere presente nella vita pubblica. Stiamo creando un'università cattolica in Giordania: una grande prospettiva per i giovani, sia arabo-musulmani che cristiani, che si incontrano e studiano insieme. Si forma così una èlite cristiana preparata a lavorare per la pace. Le nostre scuole sono molto importanti per aprire il futuro ai cristiani". "Spero - ha concluso il Papa - che realmente i cristiani possano trovare il coraggio, l'umiltà e la pazienza di stare in questi Paesi, di offrire il loro contributo per il futuro di questi Paesi".
"Cerco di contribuire alla pace, non come individuo ma in nome della Chiesa cattolica e della Santa Sede", ha affermato poi il Papa. "Noi non siamo un potere politico ma una forza spirituale. Una realtà che può contribuire ai progressi nel processo di pace". Tre i "livelli" di questo sostegno alla pace individuati da Papa Ratzinger. "Il primo è che siamo convinti che la preghiera sia una vera forza. Apre il mondo a Dio e siamo convinti che Dio ascolti e possa agire nella storia. Milioni di credenti che pregano sono realmente una forza che influisce e può contribuire alla pace. In secondo luogo - ha proseguito - noi cerchiamo di aiutare nella formazione delle coscienze. La coscienza è la capacità dell'uomo di percepire la verità, ma questa capacità è spesso ostacolata da interessi particolari. Liberare da questi interessi, aprire di più alla verità, ai veri valori è un grande impegno, un compito della Chiesa, che aiuta a liberarsi dagli interessi particolare. Terzo punto, parliamo anche alla ragione. Proprio perchè non siamo una parte politica - ha sottolineato Benedetto XVI - possiamo più facilmente vedere i veri criteri, anche alla luce della fede, e capire quanto contribuisca alla pace e appoggiare le posizioni realmente ragionevoli. È questo che vogliamo fare adesso in futuro".
Il dialogo con ebrei e musulmani deve proseguire, secondo il Papa. "L'importante - ha detto il Papa rispondendo a una domanda dei giornalisti relativa ai "malintesi" con gli ebrei - è che in realtà abbiamo al stessa radici, gli stessi libri dell'antico testamento, libri di rivelazione sia per gli ebrei che per noi. Naturalmente, dopo duemila anni di storie distinte, anzi separate, non è da meravigliarsi che ci siano malintesi". Per il Papa "dobbiamo fare di tutto per imparare l'uno il linguaggio dell'altro. Impariamo dunque dall'altro, e sono sicuro e convinto - ha detto Papa Ratzinger - che facciamo progressi e questo aiuterà anche alla pace. Anzi all'amore reciproco". Ai giornalisti che gli domandavano la possibilità di un dialogo 'triangolare' cristianio, ebrei e musulmani, il Papa ha detto: "Nonostante la diversità delle origini, abbiamo radici comuni" e quindi è "importante avere da una parte il dialogo a due con ebrei e islam e dall'altra il dialogo trilaterale".