martedì 26 maggio 2009

Il Papa: dal Concilio un rinnovamento nella continuità. I laici corresponsabili dell’agire della Chiesa. Il futuro dipende dalla nostra testimonianza

"Il futuro del cristianesimo e della Chiesa a Roma dipende anche dall'impegno e della testimonianza di ciascuno di noi". E' quanto ha detto il Papa che questa sera ha aperto il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Benedetto XVI ha ribadito l'importanza del ruolo dei laici nell'operato delle parrocchie, ma anche dei movimenti e delle nuove comunità sorte dopo il Concilio Vaticano II, che - ha detto - "ha portato buoni frutti", anche se c'è stata una "corrente interpretativa che appellandosi a un presunto spirito del Concilio ha inteso stabilire una discontinuità con la Tradizione della Chiesa". "Il Concilio - ha aggiunto il Papa - non è stata una rottura che ha dato vita a un'altra Chiesa ma un vero e profondo rinnovamento e crescita di un unico soggetto che si sviluppa" rimanendo però sempre fedele al “popolo di Dio in pellegrinaggio”. “La Chiesa non è una realtà soltanto spirituale, ma vive nella storia”. La Chiesa, ha aggiunto il Papa citando il Concilio Vaticano II, è “comunione di persone che per l’azione dello Spirito Santo formano il Popolo di Dio, che al tempo stesso è il Corpo di Cristo”. Due concetti che mostrano, rispettivamente, la “continuità” e l’“universalità” dell’esperienza ecclesiale, così come ribadito anche dal Vaticano II. Il Santo Padre ha precisato come la “recezione” e l’“assimilazione” della dottrina conciliare non siano avvenute “sempre e ovunque senza difficoltà e con una corretta interpretazione” ed ha riconosciuto che “a un periodo di fervore” ne ha fatto seguito uno “di affievolimento dell’impegno, stanchezza e stallo”. "Ci deve essere una rinnovata presa di coscienza del nostro essere chiesa e della nostra responsabilità pastorale a cui tutti siamo chiamati", ha proseguito il Pontefice, soffermandosi sul rapporto tra "la Chiesa come comunione di persone che formano il popolo di Dio e al tempo stesso il corpo di Cristo". Benedetto XVI ha invocato l'"universalità" ovvero la capacità di "arrivare a tutti" perchè "tutti sono una cosa sola e non c'è più distinzione, Cristo è in tutti". "E la nostra diocesi a che punto sta? In che misura viene riconosciuta e favorita la corresponsabilità di tutti e dei laici?". "Il mandato di evangelizzare - ha risposto Papa Ratzinger - spetta a tutti, anche se molta strada resta da percorrere perchè troppi battezzati non si sentono parte della comunità ecclesiale e vivono ai margini di essa. Pochi sono ancora i laici in proporzione al numero degli abitanti di ciascuna parrocchia". Per questo, "occorre rinnovare lo sforzo per una formazione più attenta e puntuale" dei laici. "Tocca a voi parroci - ha esortato Benedetto XVI - promuovere la crescita spirituale apostolica di quanti sono già attivi in parrocchia". "Siate buoni samaritani - ha concluso il Papa - pronti a curare le ferite dei vostri fratelli". Passare “da collaboratori del clero a corresponsabili dell’agire della Chiesa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo e impegnato”. È il “cambiamento di mentalità” che Benedetto XVI ha chiesto ai laici. Una “corresponsabilità”, ha precisato, che chiede di “migliorare l’impostazione pastorale”, “nel rispetto delle vocazioni e dei ruoli dei consacrati e dei laici”. Il Santo Padre ha ricordato la “generosa testimonianza di tanti battezzati” che nei secoli passati “hanno speso la vita per educare alla fede le giovani generazioni, curare i malati e soccorrere i poveri”, come pure, in epoca più recente, il Sinodo diocesano, che ha impegnato la Chiesa ad essere sempre più “viva e operosa” all’interno della città. Ancora, la missione cittadina in preparazione al Giubileo del 2000, che ha portato “la comunità ecclesiale a prendere coscienza che il mandato di evangelizzare non spetta solo ad alcuni, ma a tutti i battezzati”. Eppure “molta strada resta ancora da percorrere: troppi battezzati non si sentono parte della comunità ecclesiale e vivono ai margini di essa”, come pure vi sono uomini e donne che “non conoscono la bellezza della nostra fede”. Per questo “non possiamo rassegnarci alla conservazione dell’esistente”, ha concluso il Papa, esortando a “riprendere con rinnovata lena il cammino”. A proposito di annuncio del Vangelo, in una città dove - ha affermato il Santo Padre - "non pochi battezzati hanno smarrito la via della Chiesa e quelli che non sono cristiani non conoscono la bellezza della nostra fede", è urgente una "convinta azione missionaria". L’indicazione precisa è di ridar vita, in ogni parrocchia, ai centri d’ascolto lanciati al tempo della Missione cittadina, "luoghi dove sia possibile sperimentare la fede, esercitare la carità, organizzare la speranza". Affiancando l’impegno delle parrocchie, inteso con un "respiro missionario più largo", ad una "pastorale d’ambiente ben pensata". Nel promuovere la crescita spirituale e apostolica delle comunità, il Papa indica la necessità che "siano educate all’ascolto orante della Parola di Dio, attraverso la pratica della 'lectio divina'". Un’opportunità anche per far "sperimentare la bellezza e la gioia di essere e di sentirsi Chiesa" anche ai giovani, "maggiormente esposti al crescente individualismo della cultura contemporanea". Ancora, è essenziale che "l’adorazione e la celebrazione dell’Eucaristia siano molto curate". Uno spazio importante ha la testimonianza della carità, che a Roma ha esempi di alto valore. "Continui ad estendersi sempre di più - ha esortato Benedetto XVI - perché chi vive nella sofferenza senta vicina la Chiesa e sperimenti l’amore del Padre, ricco di misericordia". Nel vivere tutti questi impegni il Papa raccomanda il valore della comunione. "La comunione e l’unità della Chiesa, che nascono dall’Eucaristia, sono una realtà di cui dobbiamo avere sempre maggiore consapevolezza" e che "dobbiamo sempre nuovamente imparare a custodire e difendere da rivalità, da contese e da gelosie che possono nascere nelle e tra le comunità ecclesiali". In questo senso, ai movimenti e alle comunità sorti dopo il Concilio Vaticano II, "dono prezioso" anche per Roma, ha chiestp di "curare sempre che i loro itinerari formativi conducano i membri a maturare un vero senso di appartenenza alla comunità parrocchiale".

Apcom, SIR, RomaSette.it