martedì 26 maggio 2009

Il Papa in Terra Santa. Il card. Kasper: nel discorso a Yad Vashem ha mostrato una nuova dimensione della riflessione sulla Shoah

Nel suo discorso allo Yad Vashem a Gerusalemme, Papa Benedetto XVI non ha usato ''parole che potrebbero apparire provocatorie'', nè si è preoccupato di ''rendere giustizia al politicamente corretto'', perchè ''doveva trasmettere un messaggio molto più importante, che nessun altro rappresentante così eminente aveva saputo dare prima''. Lo scrive il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, in un articolo su L'Osservatore Romano. Kasper sottolinea come il Pontefice abbia visitato il memoriale dell'Olocausto ''non come Papa tedesco, con il ben noto peso della storia tedesca'', bensì, ''cosa che dal punto di vista meramente politico è molto più importante, come capo della Chiesa Cattolica universale per esprimere nuovamente al popolo ebraico il suo affetto personale, come quello della Chiesa Cattolica''. Quanto all'assenza, in quel discorso, di una condanna del nazismo, Kasper ricorda come Joseph Ratzinger l'avesse già espressa in più di un'occasione. Per il cardinale, il Papa, nel suo discorso a Yad Vashem , ''ha preso spunto dal nome del memoriale di Yad Vashem, ossia un memoriale, un nome. Seguendo il senso e le orme della cultura della memoria biblica ed ebraica, egli ha spiegato che corrisponde alla dignità dell'uomo possedere un nome e che questo nome è scritto in modo indelebile dalla mano di Dio. Quindi, - spiega il porporato ripercorrendo le parole del Pontefice - anche se i carnefici nazisti hanno privato le vittime del loro nome riducendole a meri numeri, pensando in tal modo di poterne cancellare per sempre il ricordo, secondo la fede sia ebraica sia cristiana la loro memoria si conserva in eterno e anche noi dobbiamo serbarne il ricordo. Che cosa si potrebbe dire di più profondo sulla dignità indistruttibile delle vittime e gli abissi del crimine della Shoah?''. Quello di Papa Ratzinger, conclude Kasper, è stato quindi un ''grande discorso'', perchè aveva da ''dire qualcosa di nuovo, di fondamentale e di profondo'' e ''il Pontefice ha così dato un nuovo spunto e ha mostrato una nuova dimensione della riflessione sulla Shoah''.

Asca